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Quando leggere è un piacere
e una autentica passione
    
Milano, 15 Dicembre 2007

Milan Kundera:
la “saggezza
dell’incertezza”

  Tomas ama Tereza, Tereza ama Tomas, Franz ama Sabina, Sabina ama Franz. La storia d’amore di due coppie, così a prima vista può essere riassunto il contenuto de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, lo splendido romanzo di Milan Kundera pubblicato nel 1984 in Francia, dove lo scrittore si era stabilito da dieci anni dopo che in patria era stato licenziato e privato della cittadinanza cecoslovacca e, più in generale, per sfuggire al clima plumbeo del socialismo reale. Quando uscì fu un clamoroso successo internazionale, amplificato dalla versione cinematografica, che comunque confermò ancora una volta l’assioma grande libro/mediocre film.
  Anche se è ambientato a cavallo della “primavera di Praga” e della conseguente invasione sovietica, il contesto storico è solo un pretesto. In realtà attraverso le vicende dei quattro protagonisti Kundera si spinge a profondità straordinarie, sino a toccare gli abissi dell’infelicità che attanagliano e divorano l’animo umano. Leggerlo è come bere una medicina amara, salutare e benefica, ma sempre dura da mandare giù. D’altra parte i libri, quelli veri si intende, servono anche a questo.
  È lo stesso Kundera a mettere in chiaro le cose fin dall’inizio, quando nelle pagine di apertura del romanzo in contrapposizione al concetto dell’”eterno ritorno” di Nietzsche afferma che nella vita dell’uomo tutto accade un’unica volta e dunque noi siamo perennemente impreparati davanti agli eventi.
  “Einmal ist keinmal” ovvero “Una volta è nessuna volta”, è il proverbio tedesco che Tomas, uno dei personaggi del libro, ripete. Quello che avviene soltanto una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l’uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto.
  La conseguenza, dura e inesorabile, è che tutte le nostre decisioni e iniziative sono “leggere” e finiscono per avere ben poca importanza. È la tesi intorno alla quale ruota il libro. In questa nebbia tutto sfuma e diventa maledettamente leggero, e proprio questa “leggerezza” svuota la nostra vita di significato rendendola del tutto trascurabile. Anzi “insostenibile” come dice il titolo del libro.
  Di fronte a tutto questo l’uomo crede di trovare sollievo in qualche filosofia o fede rassicurante, finendo con l’ubriacarsi. La risposta a questa ”insostenibile leggerezza dell’essere” è lo stordimento dei sensi. La nostra via di salvezza, o meglio, di fuga è attaccarsi a qualche dogma e non abbandonarlo più. Kundera chiama tutto questo Kitsch:
  “L’origine del Kitsch è l’accordo categorico con l’essere… Le opinioni sono diverse e perciò diversi sono anche i tipi di Kitsch: cattolico, protestante, ebraico, comunista, fascista, democratico, femminista, europeo, americano, nazionale, internazionale”.
  Siamo dunque in presenza di un romanzo filosofico, nel senso di una lunga riflessione sull’uomo, sulle sue debolezze, sul suo inappagato desiderio di felicità, che coinvolge e sconvolge il lettore svelandogli i mille volti del nostro essere interiore e mettendolo davanti all’amara verità del dubbio. Non poteva che essere così, dal momento che per Kundera la letteratura, oltre a essere una forma di resistenza al rimbecillimento generale dei nostri tempi, deve essere portatrice di quella che lui definisce la “saggezza dell’incertezza”.

Silvano Calzini
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  Silvano Calzini, milanese, laureato in Scienze politiche, terminati gli studi ha iniziato a lavorare come redattore editoriale presso varie case editrici. Oggi, cinquantenne, si è lasciato alle spalle l’entusiasmo iniziale, ma non l’amore per le buone letture, Londra, certi silenzi e altro ancora.  


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