IL VECCHIO GIOVANE THEODOR FONTANE
I romanzi di Theodor Fontane (1819 - 1898)
andrebbero prima di tutto letti e poi tenuti sempre a portata di mano. Già,
perché oltre al piacere che deriva dalla lettura del più grande narratore
tedesco dell’Ottocento possono essere un conforto e una guida quando ci sentiamo
smarriti nella complessità della vita. incapaci di capire quello chi ci sta
intorno e di tenere il passo con un mondo in rapido mutamento. Fontane infatti
ha le stimmate della classicità, quella vera, quella che sa guardare con il
giusto distacco e ironia a un’epoca e ai suoi valori. Lui, figlio della vecchia
Prussia feudale, si rendeva conto che il suo mondo, quello in cui era cresciuto
e formato e a cui era affezionato, era ormai al tramonto, destinato a essere
sostituito dalla nuova Germania borghese e industrializzata, ma la sua grandezza
sta proprio nella capacità di non abbandonarsi a una nostalgia patetica per ciò che sta finendo, condannato dall’inesorabile avanzare della storia, e di
accettare la nuova società che sta nascendo come un passo in avanti a cui
sarebbe sciocco opporsi, senza tuttavia abbandonarsi a entusiasmi fuori luogo.
Si rende conto che è in atto un processo storico inevitabile e necessario, ma
resta affezionato al proprio mondo. E’ un vecchio signore che tutto vede e tutto
capisce, consapevole che anche quello che ci è più caro è giustamente destinato a finire e a essere sostituito da nuovi valori, rispettabili e al passo con i
tempi ma a noi così estranei, che arrivano con il vento in poppa e l’illusione di essere eterni ma invece già condannati a loro volta a essere spazzati via nel giro di una generazione.
Non vivere con la testa perennemente voltata all’indietro e nello stesso tempo
non cedere alla tentazione di mettersi a fare il giovane contestatore è una
lezione da tenere a mente per tutti, specialmente in un Paese come l’Italia
percorso da feroci resistenze a ogni cambiamento e da ridicoli
pseudorivoluzionari con i capelli bianchi.
Lo stesso Fontane, romanziere esordiente alla soglia dei 60 anni, è un singolare
e affascinante miscuglio di vecchio e di giovane. Per buona parte della sua vita
era stato addetto stampa del Regno di Prussia e si era limitato a scrivere
reportage di viaggi e critiche teatrali sui giornali berlinesi. Poi, dopo essere
stato nominato segretario dell’Accademia delle Arti di Berlino, un posto
prestigioso e ben retribuito, con uno scatto imprevedibile in un uomo ormai a un
passo dalla vecchiaia, si getta alle spalle convenzioni sociali e sicurezze
economiche e si lancia nella nuova avventura della scrittura. Per i vent’anni
che gli restano da vivere Fontane si dedicherà solo a quella che era sempre
stata, forse a sua stessa insaputa, la sua vera vocazione: quella dello
scrittore.
I suoi romanzi, Effi Briest e Il signore di Stechlin su tutti, sono una metafora
della vita e della storia, con quelle passioni amorose quasi sempre irregolari
perché figlie dell’adulterio o complicate dalla differenza di classe sociale.
Giocando sulle sfumature e sulle allusioni Fontane rappresenta il conflitto tra
la vita e la morale, tra le regole codificate dalla società e la forza della
passione e qui viene fuori la lezione di cui si diceva all’inizio. Nello scontro
tra le ragioni sociali e quelle private così come tra due concezioni diverse
della vita Fontane non si abbandona a un rozzo dogmatismo sposando le ragioni di
istituzioni ormai sorpassate senza per questo lasciarsi prendere da un becero
entusiasmo per la libertà dell’individuo, ma riconosce i buoni motivi che ci
sono da una parte e dall’altra e li rende da maestro nella problematica delle
storie che racconta.
Autentico virtuoso del non detto e del sottaciuto, Fontane i drammi e i
contrasti ce li fa intuire dietro una battuta o un’allusione velata mentre
magari ci racconta il gran gioco della società berlinese tra incontri, dialoghi
e cene mondane. Come tutti i veri grandi scrittori sa essere nello stesso tempo
uno straordinario pittore di ambienti e un raffinato psicologo, riuscendo a fare
emergere dalle vicende individuali dei suoi personaggi la psicologia di
un’intera società.
Silvano Calzini
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