"Un amore" di Dino Buzzati
Fin dalla sua pubblicazione nel 1963 Un amore è
stato un libro sottovalutato e anche bistrattato. Prima di tutto dalla
critica ufficiale, sempre schizzinosa verso Buzzati colpevole di non essere
uno scrittore "puro", ma contaminato dal giornalismo, che all'uscita del
romanzo ha perfino accusato l'autore di avere cercato il successo facile
facendo ricorso a un tema pruriginoso. Roba da matti!
Gli stessi amici di Buzzati hanno picchiato duro su <em>
Un amore</em>, e secondo me non a caso. Sapevano che era in gran parte
autobiografico e non sopportavano l'idea che il protagonista, un
intellettuale di successo, facesse la figura del fesso. E qui arriviamo al
nocciolo del problema. Questo è un libro scomodo per tutti. Per noi uomini
che non accettiamo la possibilità di essere presi in giro da una donna; noi
siamo i conquistatori, quelli che conducono sempre il gioco anche in amore.
E poi innamorarsi di una prostituta è considerato il massimo della
coglioneria per un uomo, oltre che non "politically correct" come si dice
oggi. In italia su questi temi una certa sinistra e i cattolici vanno a
braccetto da sempre e per il povero Buzzati, cane sciolto e indipendente sul
serio, sono stati dolori.
Anche le donne non ne escono bene; la vicenda narrata nel
romanzo dimostra bene che la superficialità nei rapporti sentimentali non è una prerogativa maschile, alla faccia del femminismo manicheo e anche un po'
bacchettone. Nell'ultimo capitolo del romanzo il protagonista fa una serie
di riflessioni sui rapporti uomo-donna e non salva nessuno.
In realtà, con <em>Un amore</em> Buzzati ha dimostrato di avere coraggio da vendere, altro che "cretinetti", come lo chiamava qualcuno!
Come pochi altri si è presentato disarmato davanti al desiderio e al sentimento e, proprio per questo, è stato capace di arrivare alle radici
della passione autentica. Senza nessuna ipocrisia ha scavato come una
trivella nelle pieghe più nascoste, e dunque più vere, dell'animo umano. Il tutto senza mai scadere nel banale o nella volgarità; d'altra parte Buzzati
non avrebbe potuto essere volgare neanche se avesse voluto.
Scrittore di razza e autentico signore il grande Dino. Me lo vedo, sempre in giacca e cravatta nera, che si fa prendere in giro da una
ragazza "disinvolta" sapendo benissimo di essere preso in giro e che si
crogiola nella sua voluta ingenuità, senza paura di ritrarsi fragile e
ridicolo, un piccolo uomo in balia della vita, ma che prima di allontanarsi
si volge per un attimo e ci strizza l'occhio.
Silvano Calzini
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