L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

di Luca Dresda

 

 


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BLOODY SUNDAY

di Paul Greengrass

Con: James Nesbitt, Nicholas Farrell, Allan Gildea, Tim Pigot-Smith.

Sceneggiatura: Paul Greengrass.

Genere: Dramma/Film di Denuncia.

Nazione: Irlanda/Inghilterra.

Durata: 107 minuti, circa.

10 Maggio 2002

Del contenuto sappiamo un po' tutti. Nel 1972 a Londonderry, in Irlanda del Nord, il Movimento per i Diritti Civili sfida la proibizione Governativa a manifestare e raduna in piazza migliaia di persone. La dimostrazione ha intenti pacifici e vuole dimostrare che esiste la possibilità di superare la logica del conflitto permanente. L'esercito Inglese in tenuta d'assalto aveva dal canto suo preparato un'operazione di rastrellamento contando sulla presenza di 'teppisti'. Soprattutto i parà, animati dallo zelo militarista, nonostante l'obiettiva assenza di minacce e scartando gli ordini di mantenere la posizione, attaccano i manifestanti e causano una strage: 13 morti e 14 feriti.
Il leader del movimento pacifista, il protestante Cooper, in confernza stampa, dichiara la disfatta del suo sforzo non-violento e la probabile vittoria della politica dell'IRA, per reazione contro quella ingiustizia ad oggi mai punita dalla Legge. Della serie un esercito occupante ha bisogno di terroristi davanti a sé per giustificare le 'carognate' che fa giorno dopo giorno.... Eviterò di tuffarmi nella questione Medio-Orientale, ma il parallelismo è d'obbligo. Come d'obbligo è il parallelismo con i fatti che oggi ci ritornano agli occhi per le cronache giudiziarie: Napoli e Genova.
Torniamo al cinema. Il film è girato con una tecnica documentaristica che ricorda molto Clockers di Spike Lee, camera a spalla, zoom e panoramiche sporchi, e soprattutto un'alterazione del colore che mima quelli che dovevano essere i toni un po' smorti degli anni settanta. L'effetto è la dinamicità, una sensazione di centrifuga, un forte senso di smarrimento. Si ha la percezione del disastro imminente che nessuno vuole o può fermare.
Questa inarrestabile discesa agli inferi. E' anche e soprattutto perché tutti noi conosciamo l'esito della giornata che la costruzione così incalzante non ci lascia respiro, non ci dà tregua, fissando una scansione temporale per altro piuttosto sintetizzata che crea uno strano senso di accelerazione. Bloody Sunday è anche un esempio di come si possa fare cinema d'accusa senza per forza evitare gli artifici tecnici del cinema con la C maiuscola, come credono i nostri cineasti. Documentare la realtà non significa evadere dal campo dello spettacolo, si può anche usare la tecnica in funzione del discorso che si sta portando avanti. Come per altro abbiamo visto nell'eccellente esempio de I Cento Passi di Giordana.
Gli attori sono inevitabilmente bravissimi, con la partecipazione dei cittadini di Derry, che nel caso hanno fatto un'azione di catarsi di una tragedia mai risolta. Ma il film ha un significato che va al di là delle interpretazioni singole. Ultimamente abbiamo visto Hijos secondo film dell'italo-argentino Marco Bechis (autore anche di quel piccolo capolavoro che è Garage Olimpo). Anche in quel film abbiamo notato una tendenza troppo realista dei film di contestazione che spesso allontana il pubblico non interessato al tema. E questo è un limite non un pregio. Il cinema può parlare di qualsiasi tema, può sentirsi libero di qualsiasi volo, purché non tradisca il suo intento che è quello di coinvolgere e comunicare emozioni e sensazioni.

Il film è a basso budget, le ricostruzioni come molti dicono non sono esaurienti, ma c'è da immaginare che non sia facile a tutt'oggi, a 30 anni di distanza da quei fatti, ottenere fondi per investigare su una delle pagine più vergognose della storia dell'esercito di Sua Maestà, che decorò qualche anno dopo gli ufficiali che fecero parte della spedizione punitiva (probabilmente non furono decorati per quell'occasione ma per meriti conseguiti durante tutta la loro carriera, ma anche se fosse è comunque un segnale tipico: se mi accusano gli ufficiali o i poliziotti che faccio io per sedare ogni dubbio e affossare le inchieste? Li decoro).
E' comunque un prodotto onesto, rigoroso, che non vuole riaccendere un vulcano mai del tutto sopito, ma semplicemente dare voce al desiderio di giustizia dei parenti delle vittime rimaste sul campo.
Voto 8++
Da vedere assolutamente, al di là delle opinioni in merito.

Luca Dresda

 


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