L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

           di Luca Dresda


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Summer of Sam
di Spike Lee
Con: Mira Sorvino e John Leguizamo
Genere: Drammatico (e oltre)
Durata: circa 142 minuti.
Ormai lo sappiamo, Spike Lee è specializzato nel dipingere con un certo iperrealismo le microcomunità che compongono la città di New York e i suoi quartieri solo apparentemente multirazziali. A partire da Do the right thing, fino a Jungle fever (senza contare poi Malcom X), ogni gruppo etnico ha sempre mostrato nei suoi lavori caratteri molto vividi, quasi tagliati con l'accetta, al limite della caricatura. E' proprio questo tratteggio netto e sarcasticamente stereotipato che ne ha fatto un cineasta cosiddetto "underground", di protesta, senza però mai scadere nel nichilismo o nel pessimismo più oscuro. In S.O.S. ci troviamo all'interno della Comunità Italiana alla fine degli anni '70. Grandi collane e anelli d'oro, sfoggia di epe a stento trattenute da canottiere monocolori o da camice improbabili sbottonate fino allo sterno a mostrare ciuffi di villo da macho ante litteram, week end in discoteca abbigliati alla stregua di La febbre del Sabato sera , con camice "ipercafone" dai colletti simil orecchie di Dumbo. Un serial killer imperversa nelle notti del quartiere creando una psicosi generale. E come sempre accade, la polizia "brancola nel buio" e inevitabilmente si rivolge tramite un vecchio "picciotto" ormai onesto al Don Luigi di turno (un Ben Gazzarra divertentissimo. A proposito, avete fatto caso quanto i Boss mafiosi italo-americani non facciano più paura al cinema? Chi non ha riso con Terapia e pallottolle me lo faccia sapere !?)
Come sempre, inizia la caccia all'uomo e come sempre gli individui più sospetti sono quelli "diversi", anomali, i non integrati. Il punk che parla alla stregua degli artisti di Manhattan o il tassista reduce dal Vietnam, l'omosessuale barzelletta della zona o il prete. Questa è una innovazione di Spike Lee: gli italoamericani che sospettano di un prete !? (bellissima la scena in cui lo affrontano per perquisirlo e verificare che non sia lui l'assassino). Ma forse non sono stato attento ed il prete era un anglofono, e non un italiano. Potere delle appartenenze!
Le vittime del killer sono ragazze dai capelli bruni e lunghi e coppiette appartatesi in macchina in cerca di intimità. Una storia vera raccontata in modo originale, anche se spesso un po' alla rinfusa. Questo film viene spesso classificato thriller, ma non ha nulla di questo genere, né nelle atmosfere né tanto meno nelle scene più violente. Certo, gli omicidi non sono divertenti, ma dopo Pulp fiction, Fight Club e compagnia bella, questi restano delle cartoline scolorite. Spike Lee vuol far vedere come in momento di crisi, escano fuori tutte le magagne di un contesto sociale che si regge su fondamenta di sabbia. Preso in trappola dalla sue ipocrisie, dall'incapacità di vivere profondamente la propria vita e da un ambiente estremamente condizionante e ostile verso le scelte fuori dall'ordinario. Per questo Vinnie, non riesce a vivere un soddisfacente rapporto coniugale: le cose, certe cose... quelle che desidera così tanto e che può fare con le sue amanti, non può chiederle a sua moglie. No, la moglie non può, non è una prostituta, con lei bisogna fare l'amore e non "scopare". Il che per questa mentalità, significa farlo normale, regolare, senza vezzi e fantasie sporche e riprovevoli. Tutto questo non può non lasciare il segno anche nella moglie, pure lei insoddisfatta, incapace di comprendere che cosa le impedisca di soddisfare appieno il marito (un senso di colpa la lega a questa condizione infelice). E non crediate che si tratti di una mentalità antica e ormai scomparsa, no purtroppo. Certo, questo film non restituisce un'immagine molto esaltante degli Italiani d'America, ma non credo che si discosti molto dalla realtà, pur tenendo presente che si tratta di una realtà tipica della fine degli anni '70, in un contesto che ha sempre convissuto in modo ambivalente tra il puritanesimo vittoriano, la libertà di costumi protestante, e i rigidi precetti di un cattolicesimo che richiamava alla terra d'origine.
Ho l'impressione tuttavia che Spike Lee abbia perso quella carica dirompente dei suoi primi film, che stia lentamente salendo su un pulpito per pontificare sulla sua personale visione del mondo. Rimane comunque un regista curioso e interessante e che, personalmente, seguo con interesse. Spero che si migliori nel prossimo film. In ogni caso, vi invito a vedere Summer of Sam. Di sicuro uno dei prodotti migliori in circolazione al momento. Voto (non fateci caso) 6+

Luca Dresda

 


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