L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

di Luca Dresda

 

 


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15 MINUTI (FOLLIA OMICIDA A NEW YORK)
di John Erzfeld
Con: Robert De Niro, Edward Burns, Oleg Taktarov, Karel Roden, Kelsey Grammer.
Genere: Thriller.
Sceneggiatura: John Herzfeld.
Nazione: USA (filmato in Inglese, Ceco, Russo e Greco nella versione originale). Durata: 120 minuti circa.

30 Marzo 2001

Robert De Niro non smetterà mai di incollarci alle poltrone dei cinema, è un attore con una capacità di stupire e di emozionare senza fine. E' vero che in qualche modo gli vengono offerti ruoli che sono delle varianti in tutte le salse dei suoi capolavori assoluti come "Taxi Driver" o "Toro Scatenato" o "Re per una Notte" ecc. (notate come il regista sia sempre e comunque Martin Scorsese, quello davanti al quale Benigni si è messo in ginocchio nella sua notte degli Oscar), ma la sua forza espressiva, la brillantezza, la genuinità e la veridicità dei suoi personaggi, sono qualità di cui un buon regista con in mano una sceneggiatura che funziona può avvalersi per trarne dei risultati nuovi, di una freschezza quasi imprevedibile.
Finito l'apologetico di "Bob", parliamo di questo film. A prima vista è un altro poliziesco, uno dei tanti in cui la sfida tra il tutore della legge e il malvivente assumono un valore assoluto, quasi mitico. Ma gli elementi di questa storia sono molto più complessi e intersecati. Da una parte, la storia di Eddie Fleming, un poliziotto-star-televisiva che fa di questa sua fama l'elemento di forza attraverso il quale facilitare il suo compito di poliziotto. Dall'altra, degli omicidi apparentemente senza legame commessi con una furia inusitata, da bestie in fuga, da un paio di slavi con qualche rotella fuori uso. In mezzo, la televisione, il medium-verità, il tramite cui dare senso alla vita. Questo aspetto trapela in modo sottile tra le pieghe della storia, ma è inquietante come la televisione stia assumendo sempre di più il valore di verità assoluta sempre e comunque. Basta apparire, e quello che si mostra è già di per se stesso vero. L'opinione pubblica è trattata come una massa di meri registratori privi di senso critico. I giornalisti sparano le loro ipotesi ardite, condendole di elementi truci, feroci e per la legge secondo cui la memoria si dissipa nello spazio di qualche ora, ogni svarione può essere ribaltato con tranquillità e faccia tosta il giorno dopo o la settimana dopo senza tema di smentite.
Due cittadini dell'est europeo (un Cecoslovacco e un Russo) entrano negli USA per cercare un ex-socio in una rapina che è fuggito con il malloppo. Il Ceco ha una passione per il cinema. Alla domanda del poliziotto dell'immigrazione sul perché della "visita" risponde: «Il cinema...ho sempre amato "La vita è meravigliosa" di Frank Capra e mi sono ripromesso di vedere quell'America...»
C'è di fondo una grande ironia in questo personaggio che come primo gesto ruba una videocamera digitale e comincia il suo film amatoriale documentando le gesta sue e del "socio". Questa mania, questo pallino della documentazione, quasi un film-verità in diretta che si rifà indirettamente a film come "The Truman Show" o "Ed TV" o "The Blair Witch Project", è il commento ironico e cinico di un osservatore ammirato dell'America tanto agognata. Il quadro che ne viene fuori è dei più agghiaccianti.
Mentre i due continuano nelle loro scorribande, dall'altra parte Fleming indaga affiancato da un investigatore dei Vigili del Fuoco, un giovane brillante che non ama la luce dei riflettori, ma punta diritto al fulcro delle indagini. Un puro, diremmo noi. Facile supporre chi vincerà.
Bellissimo l'intercalare di immagini in movimento con camera a spalla, e le "soggettive" del Frank Capra Cecoslovacco che registra ogni attimo dell'avventura americana. Qualcosa ci ricorda anche un film indipendente Belga che è uscito parecchi anni fa (1992): "Il cameraman e l'assassino" di Remy Belvaux e André Bronzel, in cui una troupe cinematografica segue un serial killer e ne documenta le bravate, salvo poi essere progressivamente coinvolta negli eccidi e nelle violenze a tal punto da creare un certo senso di rifiuto nel pubblico in sala. Qui s'incrociano una serie multipla di aspetti concorrenti, dal personaggio quasi mitico e solitario che non riesce a costruire una sua vita privata, al giovane investigatore che rincorre l'onestà e la trasparenza a tutti o costi, alla follia omicida lucida e calcolatrice che cerca (e a tratti riesce) di manipolare a suo favore i mass media, al segugio maniaco del cinema che rappresenta una voce fuori campo d'una ironia a volte strappa risate.
Bellissimo questo personaggio cinefilo, un'idea che regge tutto il film, fino al finale un po' da polpettone americano, pieno d'eroismi a tutti i costi e condito di una morale abbastanza "giustizialista" che ci fa esultare per i buoni ma sotto sotto insinua sempre la stessa morale presente fin dai film di John Wayne: la vita degli uomini ha senso solo se sono dalla parte dei giusti.
Da vedere e gustare.
Voto 7+

Luca Dresda

 


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