L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

di Luca Dresda

 

 


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QUILLS
di Ralph Kaufman
Con: Geoffrey Rush, Kate Wislet, Michael Caine, Joachin Phoenix.
Genere: Dramma/Gotico.
Sceneggiatura: Sceneggiatura: Doug Wright (da una sua Commedia Teatrale).
Nazione: USA. Durata: 125 minuti circa.

19 Marzo 2001

Quanto può ancora dirci la storia del Marchese de Sade? Quanto è capace oggi di stimolare le fantasie degli adolescenti, dei ribelli o anche delle persone semplici che aspirano alla libertà? Ma, soprattutto, visto il periodo storico e gli eventi di cronaca (Il massacro di Novi Ligure), quanto è attuale questa filosofia?
In questo periodo abbiamo assistito al Festival di Sanremo e uno degli ospiti è stato Eminem, colui che canta di violenze sulla propria donna: «ho la ragazza che urla nel bagagliaio, ma non l'ho uccisa, l'ho solo legata!». Di queste violenze efferate, sadiche si dirà in futuro, il nobiluomo si è reso responsabile a più riprese, con complici diversi e sempre coinvolti sia emotivamente che fisicamente. Un serial killer ante litteram?
Leggendo i suoi libri ci si trova di fronte ad un teorema della libertà, del rifiuto dei lacciuoli moralisti, che specula sulla vera essenza degli individui, su quanto siano vincolati dalle menzogne. In “La filosofia del Boudoir» la cosa difficile è distinguere la parte filosofica anticlericale e rivoluzionaria, da una pratica sessuale al limite dell'erotofilia più perversa.
De Sade è difficile da comprendere, sempre estremo, svincolato da qualsiasi punto di riferimento possiamo osservarlo. Non è un caso che abbia colpito e attratto soprattutto le fantasie e le bramosie degli adolescenti, vergini di conoscenza e di desideri.
La storia si svolge nei suoi anni di carcere, durante i quali "sublimava" i suoi desideri più estremi attraverso la scrittura. Con la complicità di una servetta a lui devota per curiosità e forse anche per desiderio di manifestare i suoi impulsi ancora acerbi, riesce a far pubblicare le sue storie, soprattutto «Jasmine», seminando lo sconcerto sia nel mondo clericale che a corte (dove un buffo Napoleone stava cercando di far dimenticare gli anni del terrore rivoluzionario). È il primo passo verso la caduta in un baratro senza fondo, lo stesso in cui gettava le coscienze e le anime dei suoi lettori indifesi. Accusato di influenzare i pazienti del manicomio in cui soggiorna (la moglie preferisce la vergogna del marito pazzo all'onta quotidiana di un consorte omicida e perverso) , risponde al giovane abate con una frase da segnarsi come aforisma geniale: «Se i vostri pazienti camminassero sulle acque del mare e affogassero, accusereste la Bibbia?».
Certo è difficile non parteggiare per il Marchese, è difficile non immedesimarsi nella sua estrema voglia di libertà, anche se può portare ad efferatezze degne di qualsiasi Pretura. Egli impersona l'istinto puro, senza freni inibitori, la spinta più asociale che spesso si identifica con la "piena" realizzazione di sé nel senso più individualista ed egocentrico. Tutto questo, bisogna ammetterlo, ha in sé un certo fascino.
La storia più o meno la conosciamo tutti, e in caso contrario la possiamo ben immaginare. Difficile che un uomo rinchiuso possa continuare a fare e dire tutto quello che vuole. Il suo destino è nelle mani dei suoi carnefici i quali anche loro sono messi di fronte alla difficoltà e ai limiti delle proprie scelte morali e di ruolo. In fondo il grande merito di un De Sade è di mettere sempre in discussione tutto a tal punto da non renderlo ovvio, banale. Oggi riempirebbe le pagine dei giornali, sarebbe archiviato nei siti specializzati in Serial Killer o simili. Però c'è da dire che le sue critiche alla 'normalità' in quanto tale, questo rifiuto dei vincoli, sta in un certo senso tornando di moda. «American Beauty» è la rappresentazione del decadimento di un mondo costruito su una bella facciata di pulizia e perbenismo, «Magnolia» va anche oltre, denunciando il marcio che cova tra le pieghe di una società ormai scollegata dagli stessi valori che propugna. Assistiamo ad un ritorno in voga di una critica ai valori, alle fonti di quei valori. Forse la Chiesa non è più l'obiettivo di questi attacchi, per lo meno nel mondo Occidentale, ma questo è soltanto il segno di quanto abbia perso potere nel quotidiano.
«QUILLS» è un film molto bello, con ricostruzioni dell'epoca accurate e mai ridondanti. Sappiamo come il '700 possa facilmente cadere nell'eccesso e nel lezioso. Qui no. Tutto è funzionale, magari al limite del grottesco, ma credo che sia un giusto complemento alla storia di cotanto individuo, lui sia talmente eccessivo da rasentare il comico. Un manicomio come ambientazione principale, unica per così dire, come la versione originale per il Teatro doveva evidentemente prevedere. Troviamo un Geoffrey Rush che, dopo la grande interpretazione di «SHINE» e dei ruoli interessanti in «Shakespeare in Love» e in «Elisabeth», torna ad essere protagonista con un'ottima scelta che sicuramente influirà sulla sua carriera futura. Kate Wislet è sempre più bella, e qui torna ad interpretare il ruolo di giovane oggetto delle attenzioni sessuali dei grandi (dopo «Holy Smoke» di Jane Campion). È sicuramente in grande crescita. Il regista è colui che ha realizzato soprattutto «L'Insostenibile Leggerezza dell'Essere», ed ha ricevuto moltissimi premi in tutto il mondo.
C'è da dire che l'uscita precedente del francese «Sade» di Benoit Jacquot (con tra gli altri Daniel Auteil) e che ha avuto scarso successo in Italia, non aiuta «Quills» nel suo cammino al box office. La confusione fra i due film può essere dietro ogni angolo. Ma tant'è. È uno di quei film che non lascia indifferenti, al contrario, vi accompagnerà nel dopo cinema con un senso di strana carica energetica. E questo è il segno della vitalità a tutt'oggi della carica rivoluzionaria di De Sade.

Luca Dresda

 


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