L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

           di Luca Dresda


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IN THE MOOD FOR LOVE
di Kar-Wai Kong
Con: Tony Leung Chiu Wai e Maggie Cheung.
Genere: Sentimentale
Sceneggiatura: Kar-Wai Kong
Durata: 98 minuti.

Film di Hong Kong, premiato al Festival di Cannes 2000 per il miglior attore protagonista. E davvero questa è la cosa più incredibile. Non che Tony Leung Sia un cattivo attore, ma non è qui la qualità del film, la sua non è un'interpretazione da strapparsi i capelli. E il ruolo stesso non ha fluttuazioni e colorazioni tali da giustificare una tale attenzione.
Al contrario, la regia e la fotografia sono davvero stupefacenti. In effetti, il regista mostra un aspetto intimo, interiore, sensuale del paese nel1962 a cavallo della crisi orientale che porta molti cittadini dell'isola a fuggire negli Stati uniti e in Giappone. E lo fa con un uso retroflesso della MdP. Inquadrature dalle spalle, molti svelamenti di nascosto, riprese trasversali, oblique, quasi a rompere i canoni subconsci che ci sono stati creati da anni di visione cinematografica. Questo approccio ai personaggi, li rende più intriganti, più sensuali, più compressi e misteriosi. E questa sensazione è aiutata da una fotografia di altissimo livello. Non dirompente, non sbandierata, ma sinuosa, ammaliante. Colori tenui e forti allo stesso tempo. Macchie nitide che sfumano in chiaroscuro.
Personalmente avrei premiato la fotografia piuttosto che il miglior attore. Ma, come sappiamo tutti, a volte il gioco delle distribuzioni dei premi porta a dare comunque un premio ad un film apprezzato, pur di darglielo.
Il film - Due giovani coppie sposate traslocano in due appartamenti contigui. In realtà si sistemano ognuna in una stanza all'interno di due appartamenti sullo stesso pianerottolo. Sono due matrimoni analoghi. Segnati da un lavoro che separa la coppia. Dall'impossibilità di vivere insieme e pienamente. Di più, progressivamente il marito di Lei e la moglie di Lui si assentano troppo spesso per non far nascere un sospetto. I due se lo confesseranno a cena, in un tenue imbarazzo e una discreta solidarietà che segneranno il loro rapporto. I due, accomunati dallo stesso dolore, lo condivideranno quasi silenziosamente. Essi nascondono una sofferenza inesplicabile, drammatica.
La drammatizzazione assume una forza dirompente. I due, traditi, abbandonati, soli, alle prese con lavori anonimi in altrettante aziende anonime, instaurano un rapporto che ha più della ricerca della catarsi teatrale che della relazione affettiva. Quasi un training nel tentativo di lenire il dolore. Ognuno dei due gioca a fare il rispettivo coniuge dell'altro, donandogli al tempo stesso libertà e sofferenza.
Il gioco di ruolo continua fino a che lui non si accorge che si è innamorato di lei. E questa rottura di una regola implicita li spinge a separarsi. Questo sarebbe il momento di riprendersi la vita in mano, di andare al di là del vuoto, del lutto della separazione, e cercare un senso nuovo. Ma i due ancora non sono pronti, o semplicemente non sono in grado di afferrare il proprio destino. Fatto è che la loro separazione è un altro lutto, questa volta autoprocurato e quindi apparentemente lieve.
Passa il tempo, e tutto scorre. Nulla cambia, e il pensiero di quello che è stato e di quello che avrebbe potuto essere sfuma in un passato che si può vedere ma non toccare.
Certamente un film difficile. Lento, a tratti intellettualistico ed eccessivamente simbolico come è nella tradizione asiatica. Di certo, i massimi pregi sono la Regia e la Fotografia.
Dubito fortemente che queste due da sole riescano a tenere assieme l'interesse del pubblico. In fondo, si tratta di una non-storia. Un non-plot come uno scorrere incessante del tempo nella visione di una tragedia cui non si riesce a reagire se non nell'attesa. Un film ambientato negli anni '60 e lì ben inserito anche da un punto di vista di grammatica cinematografica. Capisco l'apprezzamento francese.
Questo film è un prodotto potenziale della Nouvelle Vague o di un amore sconsiderato per Antonioni. Oppure è semplicemente il modo di raccontare degli orientali. Lento, silenzioso. Troppo silenzioso. Troppo lento.
È un film da vedere, comunque. Sicuramente chi ama il cinema anche da un punto di vista tecnico, lo apprezzerà e rimarrà colpito. La storia la consiglierei ai romantici incalliti, a quelli che si trovano ancora oggi ad aspettare quello/a giusta, a quelli che non si rassegnano all'abbandono del proprio partner e che credono che prima o poi tornerà.
Giudizio critico: sospeso.
Una lode particolare alla fotografia e all'uso della MdP.

Luca Dresda

 


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