L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

           di Luca Dresda


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PANE E TULIPANI
di Silvio Soldini
Con: Licia Maglietta, Bruno Ganz, Antonio Catania, Felice Andreasi, Marina Massironi e Don Backy
Genere: Commedia-Poetica.
Durata: 105 minuti circa

Pensavo che non sarebbe più tornato un momento di questo tipo, in cui posso recensire un film italiano bello. Sarò ormai prevenuto, chissà, e in ogni caso questa volta mi sono lasciato convincere dalle voci unanimi di amici e affini e sono contento e felice di averlo fatto. Finalmente una storia interessante, bella, ad ampio respiro, raccontata con grande intelligenza e delicatezza quasi inglese, senza inutili caricature o gag in stile Commedia del'Arte, con un cast azzeccato e di ottimo livello.
La storia è semplice, anche se piena di implicazioni psicologiche al suo interno. Un gruppo di Abruzzesi in gita turistica organizzata verso siti archeologici. Sosta in Autogrill. Rosalba, la protagonista, si dilunga in bagno per un motivo futile (le è caduta la fede nella tazza). E il pullman che riparte senza di lei. Telefonate, raccomandazioni... ma in lei scatta la bomba anarcoide. La casalinga decide di fare l'autostop e di tornarsene a casa a Pescara per conto suo. Voglia di stare sola? Semplice rancore per essere stata abbandonata? Un germe di ribellione? Il caso comunque verrà incontro a questo momento di "sbandamento": deciderà di arrivare fino a Venezia dove non è mai stata, sfruttando uno dei passaggi in automobile. Ironia della sorte, la sua vita subisce uno scossone e rinasce rinnovata proprio in una città che purtroppo subisce una lenta ma inesorabile (speriamo di no) discesa agli inferi.
Comunque, questa prima volta sarà soltanto il primjo anello di una lunga catena. Si sa, è nella natura umana che ogni scoperta porti con sé il desiderio di rinnovare il piacere e la sensazione di onnipotenza e di immortalità provati con il superamento di un ostacolo che si sentiva insormontabile, sia esso materiale che psicologico. E così, Rosalba scopre di avere delle qualità nascoste, prova delle sensazioni impreviste. In modo assolutamente casuale, la sua presenza è di vitale importanza per Fernando (Bruno Ganz), un ristoratore Islandese che parla in un italiano ottocentesco molto divertente per il nostro lessico ridotto, e conosce a memoria l'Orlando Innamorato. Si, perché nella sua camera da letto è pronto da tempo un cappio con cui "farla finita". Ma non accadrà.
Mi piace accostare questo film a «Cold Comfort Farm», di John Schlesinger (regista de «Il Maratoneta» per esempio). So, che l'hanno visto in pochi, e per questo lo consiglio vivamente. Affittatelo e passate una serata diversa dal solito. Il paragone è una nota di merito assoluta, soprattutto per la forza simbolica, per la mancanza quasi assoluta di provincialismi o di ammiccamenti. certo tutti i personaggi sono caratteri e recitano con forti caratterizzazioni dialettali, ma in questo caso possiamo passarci sopra. Passo dopo passo, ci libereremo anche della schiavitù del carattere, del personaggio-maschera teatrale per riuscire a dire qualcosa. Si vede che i registi italiani sono spaventati dai volti regolari, dai belli. Un Tom Hanks qui se ne starebbe a casa davanti al caminetto assieme a Tom Cruise, Robert Dawney Junior e il povero Michael J. Fox (auguri Michael !!). Fine della breve polemica.
Licia Maglietta, rende un personaggio pieno di sfaccettature, con un undertatement anglosassone eccellente. E' un'attrice da esportare. Se il film verrà visto all'estero, avrà un grande futuro internazionale (Sì, purtroppo le grandi industrie del cinema non ci seguono molto).
Correte a vederlo !!
Voto 8 1/2



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The HURRICANE
di Norman Jewison
Con: Denzel Washington, John Hannah, Deborah Unger, Liev Schreiber, Rod Steiger
Genere: Drammatico
Durata: 2 ore e 25 minuti circa

Ho scoperto il giorno dopo avere visto il film, che il regista è colui che ha diretto il mitico «Jesus Christ Superstar»!!! Un ex-freak DOC quindi. Io, ho sempre amato il cinema di contestazione americano, aveva una carica emotiva forte. D'accordo, spesso è stato di scarso valore cinematografico, altre volte patetico e retorico...ma che dire di «Easy Rider», «Woodstock», «Fragole e sangue», ecc.? Anche qui, siamo nel contesto di una critica sul sociale. Sia per il periodo storico cui si riferisce (almeno per l'inizio dell'evento in questione), sia per il simbolo preso in esame.
Hurricane, era un pugile nero cresciuto tra il ghetto e il riformatorio, che ha raggiunto con enorme facilità la vetta del mondo. Solo che ha alle costole questo Ispettore spietato italo americano, un certo La Moffa (un grandissimo Dan Hedaya). Rubin Carter (il vero nome di Hurricane) deve ancora scontare parte della pena per cui "risiedette" nel carcere minorile, perché evaso. Non può sfuggire. Eppure si era ripromesso di non tornare mai più lì dentro. Certi propositi possono poco contro il razzismo strisciante.
Espiata la pena, Hurricane ricomincia l'ascesa. E pare che la sua vita sia cambiata, ormai campione del Mondo, ma la longa manus di La Moffa doveva afferrarlo una terza volta. Una notte due individui non meglio identificati fanno una strage in un bar a caso. Fuggono su una macchina bianca, simile a quella di Rubin. È l'inizio della sua fine, la catastrofe. Viene riconosciuto colpevole assieme al suo amico nero con cui tornava a casa.
Un complotto? Un caprio espiatorio?
Fatto sta, che Hurricane diventa il simbolo delle contestazioni pacifiste e radicali della fine degli anni Sessanta. Conoscerete certamente la canzone «Hurricane» di Bob Dylan, no? Beh, sappiate che ho scoperto durante il film di che trattava. Non sapevo che faceva parte di una serie di iniziative umanitarie di numerose star del cinema e della musica, che poi si sono arrese al potere di una certa magistratura corrotta e reazionaria. E anche alla fine di una moda, in un certo senso (detto cinicamente).
Rubin Carter (da carrettiere, il mestiere di suo nonno) non perde il suo spirito, decide di rimanere se stesso, di non soccombere al carcere, e soprattutto di non desiderare, non provare, non patire, cioè di eliminare da sé la consapevolezza della mancanza di libertà. Scrive un libro, la sua storia. E non è inutile. Anni dopo, in una bancarella dell'usato, un giovane nero raccolto dal ghetto da tre filantropi canadesi bianchi, lo comprerà (il suo primo libro!!) e lo leggerà. E da questo incontro nascerà prima una conoscenza epistolare, poi un vero e proprio sodalizio. Fino a che i quattro non prenderanno la causa «Hurricane» come un fatto personale.
Un film straordinario, con un cast di attori eccellenti. Raramente ho provato delle emozioni così forti, un senso di commozione e di rabbia mischiati assieme. Sarà perché tra le mie prime letture c'è stato «Ragazzo Negro» di Richard Wright...?
Denzel Washington ha ormai superato quello che era stato il più grande attore nero della storia del cinema: Sidney Poitier. Anche se negli anni '50 le occasioni erano minori. Gli altri li avete visti: John Hannah in «Sliding Doors», Deborah Unger in «Crash», Rod Steiger è una leggenda ormai, e Liev Schreiber soprattutto nella trilogia (sta uscendo il terzo!!) di «Scream».
Voto: 9
Non perdetelo!

Luca Dresda

 


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