L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

           di Luca Dresda


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HOLY SMOKE
di Jane Campion (Nuova Zelanda)
con: Harvey Keitel e Kate Winslet .
sceneggiatura: Jane Campion & Anna Campion.
Genere: Sentimentale/Filosofico/a tratti Grottesco.
Durata: 114 minuti.
nazione: USA.

Per chi conosce questa regista, che definirei una quasi-femminista, il film arriva in qualche modo come un lampo a ciel sereno. Diverso, assolutamente slegato dalla storia soprattutto recente della Campion spesso interessata ad una ricostruzione di ambienti e personaggi antichi, selvaggi e minacciosi («Lezioni di piano»), oppure rinchiusi in una morale perbenista («Ritratto di Signora»). Per chi non ha visto i primi due film («Sweety» e «Un Angelo alla mia tavola») aggiungo soltanto che si tratta anche lì del ritratto di donne, sole, incomprese, recluse, diverse, frustrate.
Jane Campion è una donna alla ricerca di una dimensione che sfugge al controllo, quella di un'anima ribelle ma ligia alle regole, puritana ma curiosa e mai rassegnata. Quella di un amore che, più che incontrare l'altra parte del cielo, si insinua nella ricerca di se stessi, attraverso la sperimentazione, il viaggio, il sesso vissuto come sorta di rito, di passaggio, la necessità di urlare la propria presenza sulla terra.
Chiaramente, parlo della donna/artista, dell'immagine che proietta sulle sue opere sempre delicate e comunque mai superficiali. Mi ricordo soprattutto la tenerezza che emanava la rossissima protagonista di «Un angelo alla mia tavola», scrittrice che per nove anni è stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico con la diagnosi di schizofrenia e scampata alla lobotomia per il suo "vizietto": scrivere! In questo caso devo purtroppo sospendere il giudizio, non avendo ben capito dove volesse arrivare, e il perché di scelte al limite del grottesco che ne sminuiscono la possibile poesia.
Una famiglia australiana vuole recuperare la figlia ormai completamente inserita in una setta Indiana, una di quelle che andavano molto negli anni '70, con un Baba di turno ad aprire verità intangibili per i non illuminati. Insomma, un plagio. Ma sarà poi così? Esisterà realmente una verità razionale che può sconfiggere ogni forma di verità non rivelata, ma alla portata di ogni individuo che vuole sperimentare forme di conoscenza alternative?
Viene assoldato un esperto di "decondizionamento", uno che non fallisce mai. Un Harvey Keitel molto simile al suo personaggio in «Pulp Fiction». Tre giorni. Questo il programma di sicuro successo (pare) . Tre giorni in isolamento. Lui e la "cliente".
E qui arriva il grande MA, e con quello mi scappa anche un Mah!
I due si conosceranno, e come vedremo una volta di più, nulla in una relazione è scontato, nulla è assolutamente prevedibile, anche se poi spesso l'inizio e la fine e certi sviluppi si assomigliano. Quello che nascerà in lei e che esploderà in lui è molto di più di un amore o di una passione, è la rivelazione, quella che spesso si cerca fuggendo in lidi lontani.
Ora, forse, dovrei spiegare il mio Mah!
Lo stile è quello che mi ha confuso. Girato con molta semplicità, senza strafare, con una recitazione al limite dell'esageratamente "understated", quasi impercettibile, però contiene una serie interminabile di gag clownesche e surreali alla Kusturica che, secondo me, rompono il ritmo narrativo. Certo, la coppia Keytel-Winslet fa aprire il cielo. E chi se la aspettava, dopo «Titanic», che sapesse anche recitare!? È qui che questi americani ci sorprendono, sempre e invariabilmente. La coppia è alla fine così credibile che non ci stupiamo quando lui, impazzito d'amore, la rincorre vestito in un abito da donna ridottissimo urlandole di sposarlo. Ma è una trovata e poco più forse.
La critica in Europa ha stroncato questo strano prodotto. In Italia, non ha un grande successo. Eppure si tratta di una delle registe più importanti, forse al tempo di «Lezioni di Piano» era LA regista numero uno. IO mi limito a consigliarlo a chi ama le storie originali, strane a tratti, visionarie, agli adepti di qualche setta messianica, ai cultori dello Yoga di Sahib Baba (e scusate la dizione errata), ma anche agli sperimentatori e agli amanti di Jane Campion. Ma il mio voto non supera un 6+. E mi piacerebbe sapere da voi cosa ne pensate.
Continuate a seguirmi, ma soprattutto andate al Cinema!

Luca Dresda

 


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