L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

di Luca Dresda

 

 


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IL DIARIO DI BRIDGET JONES

di Sharon Maguire

Con: Renée Zellweger, Colin Firth, Hugh Grant.

Genere: Commedia/Sentimentale.

Sceneggiatura: Helen Fielding (Autrice anche del romanzo da cui è tratto il film).

Nazione: GB/ Francia/ USA.

Durata: 97' circa).

9 Dicembre 2001

Bridget è una single DOC. Una di quelle donne che non riescono proprio a trovare un uomo giusto per loro per quanto sognino l'arrivo di un principe azzurro che le porti via dal tran-tran mentale che deve affrontare una donna sola. La madre ovviamente non fa che domandarsi come possa una ragazza bella come sua figlia non riuscire a trovare marito come tutte le sue amiche di una volta. E non è tutto. Perché ad un certo punto il panorama attorno a Bridget è sconsolatamente formato da coppie felicemente sposate, che parlano e si comportano da sposati e che ovviamente la invitano a cene dove lei è l'unica single e questo, oltre a metterla in uno stato di profondo imbarazzo, è comunque fonte di domande e battute continue su questa sua resistenza alla vita coniugale. Insomma, Bridget sta diventando una zitella.
Ma, si sa, l'amore è in agguato dietro l'angolo, o sta già bussando alla sua porta e anche lei, con somma pace di tutti, troverà il modo di sistemarsi e non essere la pecora nera della società, sbeffeggiata e umiliata da tutti.
Bisogna innanzi tutto dire che questo film è la brutta copia di un libro che ha sbancato in tutto il mondo e che ha già un sequel. Le esigenze del box-office hanno costretto evidentemente la Fielding a modificare la sua storia in modo più consono ad un pubblico non abituato alle riflessioni troppo profonde. Un pubblico tra cui si potrebbero celare madri di figlie single esse stesse molto preoccupate che vogliono sognare per la loro bambina una sistemazione degna e soddisfacente.
Questa Bridget Jones è una single atipica, o meglio forse è talmente rispondente alla realtà da sostituirsi ad essa, un po' come fanno le Soap Opera. Mi spiego. La condizione di single è sempre più spesso una scelta curata e coccolata come condizione assolutamente difendibile, anzi insostituibile. Sempre più individui, e sempre più donne, quindi, scelgono di vivere da soli accantonando di fatto l'idea di una famiglia e di una prole a carico. Questo non è né un bene né un male, è semplicemente il riflesso di una società in cui l'individuo, il singolo, ha sempre più spazi di realizzazione personale e può pensarsi a prescindere dalla dimensione di coppia.
Certo, tutti noi amiamo amare. Tutti noi siamo pronti a ricevere a braccia aperte la "persona giusta". Ma come si può ancora sognare la persona giusta in un mondo in cui ognuno pensa a se stesso? Nessuno nasce e cresce in funzione del fatto di essere giusto per noi. Tanto più che le pretese, le aspettative, le richieste, aumentano a dismisura fino a diventare una vera fonte di rottura. Oggi siamo più individualisti e più soli (fisicamente parlando) e allo stesso tempo chiediamo ai nostri partner di aderire immediatamente al modello che abbiamo in testa.
Tutto questo preambolo per dire che questo film, in fondo, ha poco da dire. Bridget è una single che non vuole essere single o che se difende in pubblico la sua condizione, in privato si strugge ascoltando canzoni sull'essere soli e simili, in una prostrazione assoluta e quasi insanabile.
Lei vuole un uomo. L'uomo giusto. Sembra la materializzazione di come una madre ansiosa immagina sua figlia single e non la vita di una single che ne ha provate tante, che vive anche per il lavoro e che ha capito che essere soli non è solo sinonimo di "sfiga", di emarginazione sociale o di decadimento.
Un single ha quell'orgoglio da single, quell'amore per l'avventura, quel senso di libertà che manca a chi non lo è. È anche qualcosa di positivo. È ricerca, e non solo del partner ideale, ma magari di una conferma al fatto che stare da soli è molto più liberatorio e "cool" del vivere in funzione della dimensione a due.
Certo, è solo una questione di opinioni, ma questo film pesca a mani piene nelle banalità e nelle scontetezze sui single, non riuscendo in nessun modo a fornirci spunti di riflessione o anche soltanto battute forti sulle quali ridere per qualche giorno con gli amici. Se qualcuno dice il contrario, beh vuol dire che vede pochi film comici. Questo umorismo è telefonato, vecchio e deleterio a tratti.
Non so come possa avere avuto tutto questo successo anche di critica. Accetto smentite.
Voto 4

Luca Dresda

 


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