L'occhio indiscreto
Poltronissima di Prima Visione

di Luca Dresda

 

 


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TRAFFIC
di Steven Soderbergh
Con: Michale Douglas, Cristine Zeta Jones, Benicio del Toro, Thomas Millian.
Genere: Poliziesco/Drammatico.
Sceneggiatura: Stephen Gaghan, Simon Moore.
Nazione: USA/Germania. Durata: 147 minuti circa.

14 Aprile 2001

Abbiamo conosciuto Soderbergh nel 1989 con quel «Sesso bugie e videotapes» che gli valse la Palma d'Oro a Cannes oltre ad una serie di premi Indipendenti e di nomination ai Golden Globes e agli Oscar che però non gli portarono granché. Quel film segnò in qualche modo un punto di passaggio, la svolta nel cinema per un certo verso. Da quel momento il video entrava di prepotenza come protagonista, come interlocutore diretto con l'animo dei personaggi, il mezzo attraverso cui rompere quella quarta parete che divide lo spettacolo dal pubblico. Il suo percorso lo ha portato attraverso film che sono andati in una direzione inattesa a quel tempo. Da Kafka con Jeremy Irons, un film debole su l'opera letteraria «Il Castello» dell'autore del titolo, ambientato ai nostri giorni, ma privo di quel mistero surreale e angosciante del libro. Lo abbiamo ritrovato con quel prodotto piuttosto commerciale che era «Out Of Sight», completamente affidato allo splendore di una star come George Clooney e dell'erotismo di Jennifer Lopez. E oggi lo rincontriamo dopo «Erin Brokovich» con Julia Roberts che grazie a questo film ha vinto sia il Golden Globe che l'Oscar come migliore attrice. Non c'è che dire un successo travolgente.
«Traffic» è sicuramente un film con un carattere forte, ben definito, cosa piuttosto rara. È girato con grande cura, puntando su effetti visivi mai fine a sé stessi, ma costruiti magistralmente per sostenere una storia complessa e molto intrigante. Forse un po' allentato in alcuni punti e pesante nella sua durata è certamente un film di grande impatto sociale e cinematografico.
La storia si aggira nei meandri del mondo della droga. Un magistrato viene incaricato di condurre la guerra contro questa piaga, una vera e propria crociata che presto troverà quasi impossibile. Ma i piani di lettura cono molti, la vita ha infinite sfaccettature e chiunque nel suo piccolo microcosmo può compiere quel passo decisivo che serve a vincere la sua battaglia. Dal poliziotto messicano che mira a convertire il male in opera di bene (un Benicio del Toro grande scoperta del momento), al poliziotto nero che prende iniziative forse un po' troppo personali e contro le "regole" ma di sicura efficacia, al magistrato che scopre che la lotta anziché all'esterno va combattuta all'interno delle famiglie, dove si annida l'incapacità di comunicare e ascoltarsi.
Vi rovinerò il finale ma la frase conclusiva di Michael Douglas al centro di recupero dei tossicodipendenti dove viene condotta sua figlia eroinomane, vale tutto il film: «mi chiamo Robert Wakefield, e sono qui per ascoltare».
Al che si tira un grande sospiro di sollievo visto che spesso i dialoghi sono un po' troppo artificiali, forse rappresentando più quello che i personaggi direbbero in quella situazione nell'idea degli autori, che le vere parole attraverso cui si esprimerebbero realmente. Difficile distinzione, ma essenziale. In effetti i dialoghi soffrono spesso di una pesantezza ideologica, che regge per l'interesse che suscita l'argomento. Un esempio, e forse uno stereotipo, è il Magistrato integerrimo che assume l'incarico di Capo della struttura antidroga, che nel privato della sua casa ha una figlia che assieme agli amici fa regolare uso di droghe, e che dalla cocaina e gli spinelli passa a fumare e poi a iniettarsi eroina arrivando a prostituirsi e a vendere i gioielli della madre per trovare i soldi necessari per le dosi. Uno stereotipo che ha una verità di fondo immutabile: laddove i genitori sono assenti e distanti, laddove manca l'ascolto, il dialogo, la comunicazione, è facile che ci sia una rotella del meccanismo familiare che impazzisca. È facile che un adolescente lasciato solo cerchi di farsi notare, chieda aiuto, o se vogliamo semplicemente si getti nelle esperienze più estreme per sentirsi esistere, magari con l'idea ingenua e semplice di divertirsi un po'.
È un argomento molto attuale. In tutto questo caos che mescola giovani delle famiglie bene e emarginati dei ghetti neri, poliziotti corrotti e famiglie potenti e insospettabili che reggono le fila del commercio internazionale di stupefacenti, poliziotti messicani poveri ma onesti e brillanti e militari sempre messicani che combattono un cartello di narcotrafficanti per sostenere l'ascesa del cartello opposto, in questo quadro quello che viene fuori è la forza del gesto semplice, individuale, la necessità del recupero del valore della sfera privata sul clamore di quella pubblica.
E' sicuramente un film interessante anche se non mi sento di dire che sia quel capolavoro che viene presentato dalla critica internazionale. Assemblato bene e con un cast eccezionale. Bella l'interpretazione di Thomas Millan ormai anziano, ma di grande classe. E poi una Zeta-Jones in versione incinta e sovrappeso che per una volta non punta sulla bellezza, ma ci offre anche un po' di sana interpretazione.
Voto 7

Luca Dresda

 


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