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Pescara, 24 Ottobre 2017

LA CULTURA
(È) NOIOSA?

    Una decina di giorni fa ho partecipato come ascoltatore alla presentazione del libro di un mio amico, e non solo come tributo di amicizia.
    Non ho intenzione di scrivere una recensione del suo Volume, anche perché ne ho appena iniziata la lettura, e nemmeno di farne una sorta di promozione, poiché compete al suo editore; voglio parlare, invece, dell'evento in sé, prendendolo ad esempio di come spesso, se non sempre, la liturgia della Cultura tenda a tediare la platea, e quindi a scoraggiare in partenza l'affluenza massiccia da parte di un pubblico eterogeneo e non composto esclusivamente da specialisti o appassionati dell'argomento.
    L'Autore è un professionista competente e preparato, dotato tra l'altro di un raro talento nella comunicazione, sia come scrittore che come oratore; ed infatti, ben conoscendolo, ho partecipato con interesse alla presentazione, ansiosa di sentirlo parlare di quello che sapevo essere la realizzazione di un progetto di ricerca che egli conduce da oltre un decennio. Un progetto meritorio di attenzione soprattutto per la sua assoluta novità nell'ambito degli studi storico-artistici dell'Abruzzo, affrontato nel libro con piglio critico e vivace, così come critica e vivace è l'intelligenza dell'Autore.
    Quali migliori premesse, dunque, per la perfetta riuscita di una presentazione, che non ha altro scopo se non quello di accendere la curiosità degli astanti a tal punto da indurli ad acquistare il libro e farsene poi promotori presso i propri conoscenti? A cosa servono, altrimenti, le presentazioni dei libri? Hanno, o dovrebbero avere uno scopo commerciale, e se ben condotte dovrebbero produrre un movimento di opinione intorno all'argomento.
    Invece è stata un flop, come quasi sempre accade in queste occasioni. E non per colpa dell'Autore, che anzi nelle pochissime occasioni in cui ha avuto modo di parlare ha "svegliato" la platea.
    Prova ne è il fatto che la persona che mi ha accompagnata, che non è un addetto ai lavori, ma si interessa all'Arte in genere, si è annoiata a morte ed ha condiviso con me la riflessione che l'evento sia stato mal condotto.
    Devo però precisare che la frustrazione della curiosità e dell'interesse non è dipesa tanto dai moderatori, quanto piuttosto dal cliché che essi hanno applicato pedissequamente, e che è possibile rintracciare in ogni evento di questo tipo.
    La lezione cattedratica, infarcita di citazioni colte e poco comprensibili ad un pubblico non specializzato, aggiunto al ruolo marginale in cui è stato relegato l'Autore, sebbene sia stata supportata da mezzi audiovisivi all'avanguardia, mi ha fatto pensare per tutto il tempo alla discussione di una tesi di laurea; ma non era, e non è, questo lo scopo.
    Tanto è vero che alla fine le vendite del libro non hanno raggiunto nemmeno la metà del quantitativo presente in sala.
    Un flop commerciale, ed è un vero peccato considerato lo spessore culturale del libro ed il genio dell'Autore; un'occasione mancata, e non per responsabilità contingenti, ripeto, ma perché è la liturgia in sé di questo evento, uguale a mille altri, che ne deprime in partenza il successo editoriale.
    La Cultura declinata in queste forme, infatti, annoia e contribuisce ad aumentare il divario tra il pubblico "popolare" (cioè quello che consuma un prodotto in modo massificato se ne giudica conveniente il rapporto qualità-prezzo e vede soddisfatte le proprie esigenze) e quello "colto" (che spesso partecipa agli eventi di questo tipo con lo stesso spirito che usa nell'indossare un capo firmato o un gioiello).
    Non amo l'idea di una Cultura elitaria, anzi, credo che dovere degli operatori culturali sia quello di saper modulare i propri modi di comunicazione per raggiungere tutti, ed addirittura di avvicinare anche gli individui meno propensi.
    Credo in una Cultura di respiro popolare, insomma, e mi dispiace soprattutto il vedere sprecate occasioni come queste, perché si priva il grande pubblico della conoscenza, per quanto specifica come in questo caso di un determinato argomento in un determinato periodo storico, e degli spunti che però potrebbero provenirne anche a livello turistico, per esempio, o commerciale; e perché, dall'altro lato, si priva un bravissimo studioso dotato di vero talento letterario del successo editoriale che merita.
    Invece pérdono tutti.
    La pervicacia con cui eventi del genere continuano ad essere organizzati e condotti in questo modo ha un che di autistico che non riesco a spiegarmi, se non ipotizzando una pigrizia di fondo (meglio replicare un modello obsoleto ma poco impegnativo) o una scarsa padronanza della materia (la produzione di un libro non ne implica la lettura integrale, così come la sua presentazione è spesso preparata dal moderatore solo sulla scorta di una veloce lettura dell'introduzione).
    Quindi la mia proposta è: al bando i moderatori, a meno che non siano in grado di fornire al pubblico un'interpretazione del contenuto del libro secondo il proprio punto di vista personale; sia invece l'Autore a descrivere il proprio lavoro, le ragioni sottese alla scelta dell'argomento, il ricorso ad uno stile piuttosto di un altro, gli obiettivi; perché in fin dei conti è lui che deve convincermi a comprare il suo libro, è lui che deve mettersi in gioco.
    Tutti gli altri "attori" dell'evento-presentazione sono soltanto un corollario, e tali devono restare, compreso il politico di turno che lo usa come mezzo di propaganda. E che per fortuna questa volta ci siamo risparmiati!

    Chiara Zuccarini






















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