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n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - Pescara, 1 Ottobre 2016

"LA" DOMANDA È
"PERCHÉ"

    Il 10 Ottobre dell'881 i Saraceni, che già scorribandavano per l'Italia centro-meridionale da circa un secolo, assaltarono il Monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno (oggi importante sito archeologico del Molise), lo depredarono, uccisero quasi tutti i Monaci e gli operai laici che vi lavoravano, lo incendiarono ed in definitiva lo rasero al suolo.
    Il fatto fu talmente grave ed efferato, che divenne il simbolo della guerra santa islamica contro il Cristianesimo e fu come tale strumentalizzato nei secoli successivi dai Papi promotori delle Crociate per giustificarle.
    Questo è il dato storico nudo e crudo, così come è stato riportato dalle Cronache contemporanee e dai documenti storici successivi, comprovati in tempi recenti dalle indagini archeologiche: l'evento è effettivamente occorso in quella data, con quelle modalità, in quel luogo e con quei protagonisti; qualche dubbio è stato avanzato sul numero degli Uomini di Dio trucidati, che risulta essere un po' troppo esagerato, ma in linea di massima si tratta di un aspetto più che comprensibile se si considera l'enorme eco che il fatto ebbe presso i contemporanei ed i posteri, tanto da sopravvivere fino ad oggi.
    Vengono così ad essere soddisfatte quattro delle cinque domande che ogni storico si pone all'inizio di ogni indagine sul passato:
    Quando?
    Il 10 Ottobre dell'881, stessa data in tutti i documenti contemporanei all'evento.
    Dove?
    Nel Monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno, stesso luogo in tutti i documenti contemporanei all'evento.
    Cosa?
    La distruzione totale, descritta in modo più o meno simile in tutti i documenti contemporanei all'evento, iperbolizzata nel numero dei morti nei documenti successivi.
    Chi?
    I Saraceni, unici protagonisti della strage in tutti i documenti contemporanei all'evento.
    Però manca una risposta esaustiva alla più importante delle domande: perché?
    Un perché "modale", potremmo definirlo, cioè il motivo sotteso all'azione, che spieghi anche "come" ciò sia potuto succedere.
    Nei documenti coevi all'evento la risposta a questo "perché" effettivamente manca; questa assenza di una spiegazione, però, è connaturata alle fonti che la riportano, poiché si tratta di Cronache, che per loro stessa natura sono scarne registrazioni di fatti, annotati in ordine cronologico senza la minima intenzione interpretativa; ed è il genere di fonti migliore per la conoscenza del passato, sicuramente la forma che io stessa prediligo poiché è del tutto scevra di personalismi da parte dell'autore, che non è uno storico come lo si intende oggi, ma un semplice compilatore, una sorta di "ragioniere della storia".
    Dunque il motivo dell'assalto del Monastero da parte dei Saraceni non è registrato in nessun documento storico contemporaneo all'evento stesso; come si fa, allora, a darsi una spiegazione obiettiva? Con la ricerca, che solleva altre domande imprescindibili: Cosa ci facevano i Saraceni nell'Italia centrale nel IX secolo? Come ci erano arrivati? E (di nuovo) perché?
    Erano arrivati in Italia nell'VIII secolo come mercenari al soldo dei duchi longobardi, che erano sprovvisti di un esercito regolare, ma in continua guerra tra di loro per il possesso dei territori.
    Come lo sappiamo? Grazie ad altri documenti storici, di varia natura e provenienza, attraverso i quali, raccogliendo informazioni qua e là, siamo riusciti ad avere un quadro più o meno chiaro della situazione politica italiana nell'alto medioevo.
    E PERCHÉ hanno attaccato e distrutto proprio quel Monastero?
    Questa è la domanda cruciale, l'unica vera domanda interessante. Incredibile a dirsi, ancora oggi la critica non ha raggiunto una risposta definitiva, benché sia lampante se inquadrata nel contesto storico dell'epoca. San Vincenzo al Volturno era uno dei grandi monasteri benedettini che gestivano l'immenso patrimonio fondiario dell'Italia centro-meridionale, delle vere e proprie potenze economiche del tutto autonome dalla Roma pontificia e capaci di influenzare le dinamiche politiche dell'epoca; nella fattispecie l'area di pertinenza territoriale di San Vincenzo abbracciava tutto l'odierno Molise, l'Abruzzo meridionale, la Ciociaria ed arrivava fino ai confini settentrionali del Ducato di Benevento; era abitato ed amministrato da Monaci, semplicissimi frati sprovvisti di un esercito permanente, che prosperavano tanto da potersi permettere i migliori architetti e scultori del tempo per abbellire il loro Monastero, ma senza la benché minima protezione militare; o meglio, ce l'avevano nella misura in cui l'Abate di turno riusciva a stringere alleanze con questo o quel duca longobardo, ma cosa sarebbe successo se tutti i duchi ed i loro conti e marchesi si fossero accordati tra loro per prendersi le sue ricchezze mobili ed immobili?
    Sarebbero arrivati i Saracenti, da loro assoldati, per distruggerlo e rapinarlo, e per consegnare nelle loro mani un nuovo territorio già organizzato con impianti agricoli ed artigianali avviati, accontentandosi come paga del ricco bottino trafugato durante l'efferato saccheggio.
    Questa la tesi a mio parere più vicina alla realtà, quella che si inquadra perfettamente all'interno del panorama storico coevo, quella che spiega senza pregiudizi il naturale corso degli eventi, tenendo conto anche di quanto accaduto prima.
    Alcuni storici, però, propendono per una spiegazione religiosa, riproponendo di fatto e a torto, secondo me, la giustificazione confessionale adottata dai Papi del nuovo millennio per muovere guerra agli infedeli in Terra Santa; e sbagliano, lo dico apertamente, perché caricano di una motivazione religiosa del tutto ingiustificata un atto di violenza singolo, che non è stato ripetuto verso altri Monasteri ugualmente importanti, come Farfa, San Clemente o Montecassino, che, se fosse giusta la loro interpretazione, avrebbero subito dopo o subito prima Avrebbero dovuto subire la stessa sorte di San Vincenzo.
    Concludo questa lunga, anzi lunghissima riflessione che è partita da un esempio di cattiva indagine storica noto agli specialisti ma che risulterà del tutto nuovo ad un pubblico meno esperto, con l'affermare che una buona indagine storica non può prescindere mai dal chiedersi il perché di ogni evento, mantenendo però sempre sospeso il giudizio personale; lo storico non può e non deve avere opinioni né prima né durante lo svolgimento della sua ricerca, altrimenti rischia di inficiare la sua indagine; liberissimo, poi, di averne una al termine, ma quella non è più Storia, sarà libero pensiero personale da condividere con gli amici davanti ad una birra.

    Chiara Zuccarini






















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