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n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - Pescara, 1 Settembre 2016

ANTONIO
E FARINDOLA

    Quest'estate mi sono regalata un'escursione archeologica avventurosa e divertente che mi ha riportato indietro di vent'anni, quando da giovane studiosa entusiasta mi dedicavo spesso a questo genere di esperienze un po' per gioco e un po' per amore di quel fuoco sacro della Ricerca topografica che è stato alla base della mia preparazione universitaria e per il quale non smetterò mai di essere grata alla mia Docente, che l'ha inculcato ed incoraggiato in me ed in tutti i miei compagni di allora.
    Fuoco sacro che ho avuto modo di ritrovare nel giovane e promettente archeologo in erba, Antonio Costantini, a cui voglio dedicare questo articolo, augurandogli di non perdere mai la freschezza d'ingegno con cui mi ha accompagnata in questa bellissima giornata, dedicata alla scoperta del territorio di Farindola, piccolo borgo montano della Provincia di Pescara, sua patria e nostro orgoglio regionale.
    All'interno di un chiassoso ed eterogeneo gruppo di esploratori improvvisati formato da giovani appassionati e non, camminatori esperti del luogo, volontari dell'Archeoclub di Pescara (di cui faccio pigramente parte anche io) e turisti occasionali che si sono uniti a noi attratti dall'entusiasmo della nostra Guida, Antonio ci ha condotti alla scoperta dei piccoli ed ignoti tesori del suo territorio d'origine, e ce li ha mostrati con tutto l'emozionante orgoglio tipico dei suoi ventitrè anni.
    Farindola è un luogo meraviglioso, circondato da una natura prorompente ma dolce; le sue origini, come il 99% dei borghi italiani, sono molto antiche e la sua storia millenaria le pulsa intorno come il cuore di un organismo vivente; l'atmosfera sembra sospesa e le maglie della rete della Storia sembrano qui più larghe che altrove, probabilmente grazie ad un ambiente naturale che sovrasta le attività umane e le domina.
    Ci siamo avventurati su sentieri sterrati lungo il letto del Tavo, uno dei fiumi più importanti della provincia, che qui nasce ed ha perciò carattere torrentizio, ed Antonio ci avrebbe portati fin alla sorgente, se non ci fossimo opposti data la difficoltà del sentiero, segnalato dal CAI ma decisamente improbo per gente vestita con sandali e pantaloncini corti; abbiamo scoperto l'antico acquedotto abbandonato e fatiscente del 1912, un monumento che all'estero sarebbe visitabile, inserito in un circuito turistico vero e proprio (e che invece si raggiunge su una stradaccia sconnessa e franante), e forse anche dotato di un museo che ne spiegasse la storia ed il funzionamento (ed invece chiuso da una cancellata arrugginita ed in parte obliterato dalla vegetazione).
    Abbiamo scalato il Monte Guardiola (mt. 1800 circa), seguendo un arduo sentiero del CAI attraverso una boscaglia fitta abitata da una famiglia di cinghiali che ci ha seguito per tutto il tempo, segnando il territorio con le tracce del suo passaggio; ed arrivati in cima, al culmine di una scalata che ci ha riempiti di ilarità (o forse era l'ossigeno in abbondanza a cui nessuno di noi cittadini è più abituato!), abbiamo scoperto un grandioso castellare italico in rovina, in parte franato, in parte aggredito dal fitto sottobosco, che ci ha lasciati senza fiato per la sua imponenza e per la vertiginosa altezza a cui è stato costruito, a strapiombo sulla vallata del fiume, e da cui abbiamo potuto spingere lo sguardo fino al mare Adriatico. E, come sempre accade in simili occasioni, abbattute la barriere di età e di credo politico e religioso, tutti uniti dalla condivisione di questa meravigliosa esperienza e senza nemmeno esserci resi conto di quanto in alto ci fossimo spinti, ci siamo riconciliati con l'Universo e la strabordante Bellezza della nostra Italia; e da buoni Italiani, ci siamo concessi una decina di minuti di pura Filosofia.
    La discesa è stata meno facile, poiché nel frattempo avevamo perso il sentiero e la presenza dei cinghiali, per quanto furtiva, ci ha messo addosso un lieve stato di ansia.
    Tornati a valle, ancora tutti pieni di adrenalina per l'incredibile ascesa che nessuno di noi era minimamente preparato a compiere e fieri di noi stessi per esserci riusciti senza incidenti, nonostante stesse calando la sera, abbiamo deciso di seguire ancora Antonio alla scoperta di altre bellezze nascoste.
    Siamo così giunti ad un antico mulino lungo il fiume, mirabilmente conservato grazie ai proprietari che lo hanno restaurato e che lo aprono senza esitazione alla curiosità dei turisti, e ad una chiesa, o meglio quel che ne resta, edificata lì accanto poco dopo il Mille e di cui rimane la sola piccola abside completamente ricoperta di edera e di piante selvatiche di capperi.
    Ci siamo infine dovuti arrendere alla sera, e ci siamo salutati con grande amicizia, come se ci conoscessimo da una vita, ringraziando il giovane entusiasta archeologo senza il quale non ci saremmo mai conosciuti e non avremmo mai potuto vedere luoghi tanto meravigliosi; probabilmente non ci rivedremo più, ma alla fine cosa importa? Sono sicura che nessuno di noi dimenticherà questa splendida giornata di buoni sentimenti ed amore per l'avventura, e tanto basta per ricaricarsi l'anima ed il cuore.

    Chiara Zuccarini






















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