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Pescara, 1 Aprile 2017

OVIDIO: IL POETA AMATO DALLE DONNE
(Parte 1)

    Publio Ovidio Nasone (43 a.C. - 17 d.C.), di cui quest'anno ricorre il bimillenario della morte, è stato uno degli esponenti più importanti della poesia elegiaca latina, genere letterario che ebbe nel suo tempo, definito oggi convenzionalmente "età augustea" (dall'imperatore Augusto allora regnante in Roma), la sua massima fioritura. Si tratta in sostanza di una poesia colta, di contenuto leggero anche se spesso autobiografico, che si ispira nei temi alla mitologia greca ed ha come soggetto fondamentale l'amore, declinato in ogni sua forma; ricca di citazioni letterarie e di rimandi mitologici, si rivolgeva ad un pubblico di cultura medio-alta e quindi evidentemente al ceto aristocratico dell'antica Roma.
    La produzione elegiaca di Ovidio, nello specifico, è stata ben caratterizzata fin dall'inizio, tanto che ne derivò uno stile incisivo e molto personale; l'uso della mitologia minore, con il ricorso a miti secondari, meno famosi e quindi più ricercati, fu piegato al bisogno di raccontare al lettore le proprie vicende personali sempre sotto una luce vagamente triste, tormentata, a tratti drammatica, ma mai compassionevole o moralista, mai con l'intento didascalico tanto caro alla maggior parte degli scrittori latini; al contrario, Ovidio ha rotto gli schemi della tradizione, secondo cui alla fine di ogni opera, sia essa in prosa o in versi, il lettore "doveva" trarre un insegnamento morale positivo o negativo, e ha svelato se stesso, i suoi sentimenti, i suoi patimenti amorosi con un realismo spinto, coraggioso per i suoi tempi, innovativo e molto vicino alla sensibilità moderna.
    Ciò lo rese famoso immediatamente, mentre era ancora in vita, e divenne un poeta alla moda, frequentatore di banchetti ed eventi mondani, amico dei potenti, particolarmente ammirato e seguito dalle matrone e dalle fanciulle romane, che si sentivano comprese da uno spirito affine, nonostante fosse un uomo, e si immedesimavano nelle eroine mitologiche da lui cantate.
    Il poeta dell'animo femminile: questo egli fu soprattutto, e questo, probabilmente, accompagnato ad un'indole modaiola, sagace e libertina, contribuì a renderlo un conquistatore, un donnaiolo.
    Mi ricordo che durante gli anni universitari, in cui come è comprensibile i vari docenti ci fecero studiare più approfonditamente autori ed eventi locali, pensai per un brevissimo momento e prima di virare i miei interessi verso la ricerca storica, ad uno studio letterario comparativo tra Ovidio e Gabriele D'Annunzio, due personaggi a mio parere molto simili tra loro per estrazione sociale, scelte di vita e stile poetico, benché enormemente distanti dal punto di vista cronologico. Entrambi abruzzesi, entrambi "emigrati" in giovane età a Roma, entrambi "piacioni" (passatemi il termine colloquiale) con le donne, entrambi indipendenti assertori della propria individualità al di sopra della morale comune.
    E la vena inquisitoria che ha sempre caratterizzato la mia curiosità mi ha lasciata in un dubbio che non ho poi mai più provato a sciogliere: è un mero caso che Ovidio e D'Annunzio, entrambi figli del mio selvaggio Abruzzo, siano stati così simili? Oppure D'Annunzio si è in qualche modo fatto influenzare anche nel suo stile di vita da un Ovidio letto in tenera età? O è stata la Roma aristocratica frequentata da entrambi fin dall'adolescenza a plasmarli in modo simile? E se è così, significa forse che anche a distanza di tanti secoli Roma produce alla fine sempre gli stessi intellettuali?
    La discussione è aperta.
    Nel frattempo vi rimando tutti al prossimo mese, quando avremo modo di riflettere insieme e di sviscerare i possibili motivi che portarono Ovidio a morire lontano da Roma, dall'Abruzzo, dall'Italia: un piccolo mistero letterario (e storico) ancora insoluto.
    (1.Continua)

    Chiara Zuccarini






















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