Pensierini da Napoli
di Daniela Di Santo

Rubrica settimanale - Ogni giovedì una nuova puntata    n.7


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AMARE NAPOLI - Questa città è bella ed affascinante. Come poter dire il contrario? Ma gran parte del suo fascino lo si deve proprio al continuo altalenarsi di filosofie di vita e di comportamenti diametralmente opposti fra loro.
Non è una città da mezze misure.
Il "signore", quello vero, quello che è sempre più raro incontrare e che lo si riconosce dal panciotto, la pochette di seta nel taschino della giacca che richiama la cravatta e l'orologio con la catenina d'oro, è l'esempio eccellente di rettitudine e di buone maniere. È colui che, pur vantando una secolare nobiltà, non se ne fa vanto (diffidate da chi ve la sbandiera sotto gli occhi: non è un nobile!); è un uomo che se non amasse visceralmente la propria città, scapperebbe via indignato. Egli conosce ogni dettaglio storico, ogni buon libro, ogni espressione dialettale ed odia profondamente alzare la voce! A pochi isolati dalla sua casa di almeno dieci stanze, in pieno centro storico, dalle pareti alte quattro metri e il soffitto abbellito da affreschi, i vicoli straripanti di famiglie costrette a vivere in venti metri quadrati, dove un terrazzino rappresenta il mezzo di comunicazione con il vicino e tutto è in comunione con tutti, dove sono nate le canzoni popolari e i più famosi boss della camorra e la precarietà è sorella "carnale" della malavita.
Ma la contraddizione si manifesta in altro ancora.
L'amore, la passione, per Napoli diventa malattia per ogni napoletano che se ne allontana, a volte, costringendolo a rimanere, piuttosto che cercare altrove una vita migliore; il medesimo amore che sembra non esistere nei momenti in cui se ne fa scempio, quando la si lascia languire tra i rifiuti, quando si imbrattano i suoi monumenti più splendidi, quando la si dovrebbe difendere da chiunque pensi di sfruttarla.
E torna la contraddizione di un popolo che è capace di ridere, quando dovrebbe piangere, e che, invece, si lascia andare in piagnucolosi monologhi quando non ha alcun motivo per lamentarsi.
Napoli èuna donna misteriosa, capace di avere mille volti e mille anime diverse. Alcuni pretendono di conoscerla, ma non sanno di lei che una piccola parte, quella che ritorna a mostrarsi tristemente o quella degli stereotipi che da sempre ne sfalsano l'immagine.
Bisogna vivere a Napoli, sentirne il sangue fluire, il cuore battere, lasciarsi andare nel suo vociare di emozioni, senza il timore di rimanerne coinvolti. Ed anche così, non la si conoscerà mai abbastanza.

TRAFFICO & C. - Passeggiando per la meravigliosa Parma, dopo il lavoro, insieme al mio compagno, fummo colpiti da un evento per noi straordinario. Erano circa le 22.00, traffico zero e pochi pedoni. Ad un certo punto, ad un incrocio semi deserto, un ragazzo su un motorino, con casco, si ferma. Noi camminavamo in senso contrario al suo, sul marciapiede, ma ci girammo incuriositi. Non c'era un pedone che intendesse attraversare, non una macchina all'orizzonte, ma lui continuava a restare fermo. Allora, colpiti da un lampo di genio, guardammo il semaforo: rosso!
Ecco cos'era!
Ebbene sì, pur conoscendo la teoria, la pratica, a Napoli è ben diversa! Anche se negli ultimi tempi Napoli sembra aver riscoperto il vero significato dei semafori, restano comunque quelli "facoltativi". Cosa sono? Ne esistono di vari tipi: il semaforo posto ad un incrocio fantasma (nel senso che non esiste) e, guarda caso, è l'unico semaforo della città che funziona perfettamente (mentre, magari, dove servirebbero, non ce ne sono). C'è poi il caso di incroci a quattro o più vie, dove il semaforo direzionale sarebbe una vera manna dal cielo, ma sembra che nessuno lo voglia capire.
L'autista napoletano è, in questo caso, un vero esperto. Rosso o verde? Non importa, passa quando può e, soprattutto, senza conseguenze.
C'è poi l'ultimo caso in cui, nonostante i semafori, è l'uso che diventa legge. In incroci canalizzati, dove si dovrebbero seguire i percorsi nati proprio per evitare gli ingorghi, i vigili urbani hanno finito per consentire, invece, i percorsi "più rapidi" così come i napoletani hanno continuato a "suggerire" nonostante multe e moniti. Chi la dura, la vince!
Non parliamo poi di cinture di sicurezza (installate sulle automobili per puro senso estetico), fari spenti o che, invece, creano cecità permanente, assicurazioni fantasma, bolli contraffatti e ruote giunte al culmine della loro carriera. Niente di tutto questo esiste senza ottimi motivi, ed è questo il bello. Si va dal fastidio delle cinture alla ferma convinzione che su una macchina oramai in via di demolizione, non vale la pena fare alcuna spesa, inclusa assicurazione e bollo. E se fai un incidente e la controparte ha un'assicurazione falsa? È un rischio che va calcolato (sarà forse per questo che i tamponamenti a Napoli sono statisticamente di numero inferiore a quelli che vi sono in tutte le altre città d'Italia?!) . Chi guida a Napoli, segue, inconsciamente, delle regole che vengono apprese solo con l'esperienza, volenti o nolenti, in cui tutto è il contrario di tutto. Cercherò di riassumerle: mai farsi ingannare dai semafori; mai illudersi che le corsie di sinistra servano per sorpassare, mentre quelle di destra per i veicoli lenti, quindi percorrerle tutte, se non vuoi passare la tua vita aspettando che qualcuno si decida a scegliere la corsia più adatta alla propria velocità; mai considerare le strisce pedonali come unico mezzo di attraversamento pedonale; mai fidarsi della macchina che ci precede, ma mantenere una visione a 360 gradi; mai chiedersi perché esistano i vigili urbani?! (ops).
Via Caracciolo, che è la strada che costeggia il mare ed è anche l'unica che consente di attraversare, in modo lineare, la città da Nord a Sud, è costellata di semafori, più o meno, ogni chilometro, essendo una strada in cui si potrebbero raggiungere altissime velocità. Ebbene, signori, credete che fermarsi ad un semaforo rosso, sia sufficiente? No. Dopo aver atteso che l'unica persona abbia attraversato, neanche il tempo di ingranare la seconda, eccone un'altra, lontano dalle strisce, che sfidando la propria incolumità, attraversa la strada nella beata convinzione di non fare niente di male! Se poi, malauguratamente, un autista esasperato provasse a far notare che i colori, per i quali non è richiesto titolo di studio (e che solo i daltonici, comprensibilmente, non riconoscono!), valgono anche per i pedoni, otterrebbe l'unico risultato di tirarsi dietro il fior fiore del turpiloquio partenopeo, che non è il caso di ripetere. E via così, per l'intera città, fino a quando giungi a destinazione e ringrazi il cielo per non aver ucciso nessuno. Fino a quando qualcuno non si farà male, sul serio...

(7.Continua)

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