Pensierini da Napoli
di Daniela Di Santo

Rubrica settimanale - Ogni giovedì una nuova puntata    n.6


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IL PESCATORE - Già, quello che, nella migliore delle tradizioni, canta tirando la rete, sofferente d'amore, felice del suo lavoro. Ma dov'è? Eppure per molti Napoli è uguale a pizza, mandolino, canzone e pescatore. Del soggetto in questione oramai non rimangono che poche tracce. La maggior parte del pesce che si mangia a Napoli viene dalla Puglia, Formia, Gaeta o dal famoso mercato di Pozzuoli (quello dove devi andare alle quattro del mattino se vuoi trovare qualcosa!) Solo la Domenica mattina (perché da noi il pesce non si mangia di Venerdì, ma, visti i prezzi a cui è arrivato, ha sostituito il ricco pranzo della Domenica, eliminando definitivamente il manzo dalle tavole partenopee), lungo via Caracciolo, si raccolgono pochi pescatori (abusivi, naturalmente), che offrono il poco pesce pescato di fresco ai cittadini a passeggio. La provenienza di quelle vongole, cozze, lupini e calamari è difficilmente certificabile, però sguazzano morenti nelle tinozze e questa è già una garanzia. I giovani non vogliono fare lavori pesanti. Eh sì, perché il pescatore, canta ed è innamorato, però si sveglia anche alle tre di notte per tornare solo molte ore dopo e non guadagnare niente. Il pescatore tradizionale oramai ha circa settant'anni, siede tutto il giorno sul suo caro arenile che i tempi moderni hanno trasformato in un porticciolo puzzolente e soffocato dal cemento, con una lenza artigianale (altro che canne da pesca ultramoderne, ma senza poesia!), ha la pelle bruciata dal sole, scuro come un africano, fuma come un turco ed ha nostalgia (leggete, leggete, giovani) della sua vita passata! Tutti gli altri sono riuniti in cooperative e, per campare, spesso, hanno un secondo lavoro. E poi si dice che a Napoli c'è la disoccupazione...

L'AVVOCATO - Per tradizione storica sembra che i migliori Avvocati d'Italia siano napoletani. Si tratta di personaggi interessanti che mi stimolano continuamente a riflessioni particolari. Un aspetto su cui mi sono spesso soffermata è la loro cadenza linguistica. Mi sono sempre chiesta perché, chi sceglie di fare una professione in cui l'oratoria è uno dei mezzi principali attraverso il quale viene esercitata, poi non riesca, nonostante anni ed anni di attività, ad eliminare l'inflessione e la cadenza dialettale (?) L'avvocato (napoletano, si intende), è, nella maggior parte dei casi, un uomo dalle movenze e dal linguaggio lento, pacato, a prima vista, direi quasi superficiale (sarà perché oramai in simbiosi con i tempi del Tribunale di Napoli, in cui le cause possono durare anche dieci, venti anni?!). Qualunque problema tu abbia, qualunque azione legale si intraprenda, la parola d'ordine è: "aspettiamo". La Polizia è pronta ad ammanettarti, una denuncia ti rovina la vita, un cliente non paga da due anni e sei, per questo, sull'orlo del fallimento, uno ti ha incendiato la casa e lui: "aspettiamo". La cosa sorprendente è che, con il tempo (ma tanto tempo), ha quasi sempre ragione. Ma allora chi le perde le cause? La maggior parte degli avvocati sono figli dei figli. Questa è una delle pochissime situazioni in cui un figlio, nipote e pronipote di un avvocato più o meno noto, difficilmente potrà decidere di fare scelte diverse. Equivale un po' al mantenimento della specie. Il figlio del figlio sarà un avvocato che, nel corso della sua carriera, troverà la maggior parte delle porte già aperte, con buona pace di coloro che non hanno il cognome giusto e che dovranno procedere per gomitate e calci.......però, alla fine, sai che fior di avvocati ne usciranno, ammaccati, ma in gamba, ci si può scommettere! Adesso capite perché a Napoli ci sono i migliori avvocati d'Italia?!

COSE CHE CAPITANO... - Una mattina, era un venerdì, mentre mi soffermavo a leggere i titoli dei quotidiani prima di acquistarne qualcuno, mi accorgo che un signore, dall'aspetto stanco da gran lavoratore in tuta da operaio, si ferma alle mie spalle per leggere, anch'egli, i titoli esposti. Non c'era molto di buono da leggere. Il tema centrale era la disoccupazione al Sud, in crescente aumento insieme alle misure per risolverle e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Mi giro, verso il signore, cercando uno sguardo di condivisione e preoccupazione per tale situazione, ed egli ricambia lo sguardo. Effettivamente aveva l'aria assorta, tesa e gli occhi tristi. "Già - ho pensato - come si può non esserlo. Chissà, forse, ha paura di perdere il lavoro e, a giudicare dalla fede, avrà anche una famiglia." All'improvviso, il signore si gira e mi rivolge la parola: "Eh, signurì, sperammo bbuono. Sta' vota se o' Napoli nun vince, ce putimmo scurdà a' serie A !!" (Traduzione: "Signorina, speriamo bene. Questa volta se il Napoli non vince, possiamo dimenticarci la serie A"). Già. Peccato che la "serie A" non sia l'Europa. Se continua così, certo che non ci arriveremo mai!

IL CLIENTE - Ho da darvi una brutta notizia: i napoletani non sono il popolo più spensierato e felice della terra. E lo si vede ogni volta ci si trasforma in cliente di qualcuno, che sia un incontro personale o telefonico. Se entrate in un negozio, cosa vi aspettereste da chi è dietro il bancone? Minimo un saluto. Niente. Le ho provate tutte, per avere l'attenzione, mi restano solo i segnali di fumo! Sembra quasi che io sia lì per chiedere un favore che non mi vogliono fare. E se non ci si accontenta della prima cosa che propongono? Ahia! Ti guardano in cagnesco: quanto sei incontentabile! Il contatto telefonico, poi, è una vera maratona. Cominciamo dal "pronto". Dal tono mi verrebbe quasi voglia di chiedere scusa di aver disturbato. Normalmente ci si presenta. Dall'altra parte del filo, il silenzio. Andiamo avanti. Si chiede di qualcosa o di qualcuno. A questo punto la signorina (perché è quasi sempre una signorina), si sveglia e ti chiede chi sei e cosa vuoi (ma te l'ho già detto!) sempre con il solito tono poco espansivo. Nella maggioranza dei casi la risposta è "NO" a qualunque cosa tu le abbia chiesto. Dopo una serie di domande (Quando, dove, perché, etc.), ci sono casi in cui la signorina in questione si apre ed allora ti dà qualche "dritta", oppure si chiude a riccio e ti congeda con un "mi spiace, non posso aiutarla". Alla fine della telefonata hai perso venti chili e sei felice di essere sopravvissuta! La situazione è identica sia che si contatti un'azienda privata sia un ufficio pubblico, con una sola differenza: nel 90% dei casi chi ti risponde da un ufficio pubblico ti dirà sempre: "Venga qui, di persona, perché l'addetto in questo momento non c'è". (Ma tanto non c'è anche quando ti presenti sul posto, il problema è che lo scopri solo dopo due ore di fila!!). La cortesia è un'eccezione da segnare sull'agenda. Eppure ci vuole proprio poco: un "pronto" con il sorriso!

(6.Continua)

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