Pensierini da Napoli
di Daniela Di Santo

Rubrica settimanale - Ogni giovedì una nuova puntata    n.2


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Non è facile far conoscere Napoli a chi napoletano non è. All'interno della stessa città esistono modi diversi di vivere e di affrontare la vita, mentre sono poche le cose comuni a tutti i napoletani. Ad esempio il tono della voce, è alto, in qualunque luogo e per qualsiasi ragione. Parla a voce alta l'avvocato, il macellaio, il professionista e il pescatore. Ciò determina una situazione alquanto singolare: possiamo venire a conoscenza di fatti altrui nolenti o volenti. Ed è così che si realizza il fenomeno dei "si dice". Ogni fatto viene diffuso per caso e per il medesimo mezzo di comunicazione raggiunge i luoghi più remoti della città. Napoli, allora, si sveste del ruolo di metropoli, polo regionale, e diventa un solo, grande, esteso quartiere, dove la gente si mescola, le urla si confondono, le notizie si diffondono, caratteristica che ritroviamo in molti altri aspetti. Ma andiamo per gradi.

IL LAVORO - Spiegare cosa pensano i napoletani del lavoro è arduo. Se pensiamo alla locale terminologia, "o' posto" e "a' fatica" , forse si può già cominciare ad avere un quadro più chiaro. "o' posto" individua qualcosa di stabile, immutabile negli anni, certamente dovuto quando manca; nella maggior parte dei casi, statale. La perdita del posto di lavoro è qualcosa di inconcepibile. Per queste ragioni Napoli ha capito molto in ritardo che la crisi dell'occupazione, anche all'interno delle strutture pubbliche, era cominciata.
Con "a' fatica" si individuano, prevalentemente, lavori manuali, a volte precari, spesso non legalizzati. Comune alla maggior parte delle famiglie napoletane è la convinzione che la laurea è l'unica cosa che possa assicurare un lavoro stabile, non importa quando e come la si raggiunga. Tale convinzione ha origini umanamente comprensibili. Spesso sono genitori senza titolo di studio a desiderarla per i propri figli, a volte è per continuare una tradizione di famiglia che, per ragioni che vedremo poi, deve continuare. Conseguenza di ciò sono i famosi "inscritti storici" : giovani quarantenni che, a volte lavoratori con famiglia a carico a volte a carico dei genitori, nell'immutabile speranza di realizzare il sogno paterno, continuano a frequentare l'università. Capire per tempo che non è la laurea il sogno della propria vita diventa origine di tragedia e dolore. Per contro, invece, in alcuni ambienti, studiare diventa di ostacolo all'economia di famiglia. Ecco che ad appena dieci, dodici anni giovani lavoratori vengono "usati" per qualunque mansione: ragazzo del bar, aiuto barbiere, etc. sono i lavori più decenti, altrimenti diventano contrabbandieri (non imputabili, in quanto minorenni) e piccoli scippatori.
Bisogna dire che, per quella contraddizione vivente che è Napoli, nel momento in cui "o' posto" viene a mancare, superato il momento di sconforto che può durare anche anni, il napoletano non si perde d'animo. Se non emigra al Nord, "s'arrangia". A Napoli troviamo, ad esempio, i primi ed unici posteggiatori abusivi legalizzati. Li si trova dovunque, specialmente in prossimità di uffici e locali pubblici, a qualunque ora, spesso con il tacito consenso dei vigili urbani. Non affidarsi alle loro mani, non pagare il prezzo richiesto, comporta il rischio di trovare o le ruote bucate o una multa con rimozione. Di recente il fenomeno si è notevolmente ridimensionato, diventando solo notturno, grazie alla gestione dei parcheggi pubblici dell'ACI, che ha requisito ogni lembo di strada, senza dare possibilità di alternativa. Ma ci sono voluti mesi, prima di adattarsi a questo nuovo regime (2.000 / 3.000 lire all'ora) e molto è stato il malcontento in favore dei posteggiatori abusivi. Napoli è anche questo: se la legalità disturba l'interesse della comunità, non si esita a contestarla.
Avevo anch'io, il mio posteggiatore di fiducia: un giovanotto sui trenta anni, timido e riservato. Il suo territorio era limitato ad un solo incrocio, suo di diritto perché era del padre defunto. Aveva buoni rapporti con i "colleghi", con i quali scambiava le auto, quando non avevano posti disponibili nei loro incroci. Così come riusciva a fermare un vigile il tempo necessario per citofonare ai suoi "clienti" per far spostare le macchine. Quei pochi posteggiatori comunali esistenti, lo aiutavano quando doveva allontanarsi. Quando cominciò a circolare la voce che l'ACI avrebbe preso la gestione dei parcheggi, Tonino, decise di guardarsi intorno alla ricerca di un nuovo lavoro, comprendendo che per lui non ci sarebbe stata più la possibilità di continuare. Un giorno ne parlammo e lui mi espresse i suoi dubbi:
"Signorì, pecchè avesse cagnà fatica?! Mo' riesco a fa' quasi tre milioni al mese, a' nato posto nun me ranno chiù e' nu milione e miezo! I' aggià campà a mammà e a sorema!" (Traduco per chi è nato in Val d'Aosta: perché cambiare lavoro dal momento che ora guadagno tre milioni al mese, mentre, se trovo un altro posto non mi danno più di un milione e cinquecentomila! Io devo provvedere anche a mia madre e a mia sorella!).
Occorre dire che il ragazzo era dotato di una logica ineccepibile, considerando che i suoi tre milioni erano anche esentasse. Non l'ho più visto, come era prevedibile. » opinione comune a Napoli che, molto spesso, la legalità tolga lavoro, invece di crearne, così come è accaduto ai tanti posteggiatori comunali che non sono entrati nelle cooperative legate all'ACI, per il controllo dei parcheggi, perché avevano bisogno di meno personale.

(2.Continua)

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