Pensierini da Napoli
di Daniela Di Santo

Rubrica settimanale - Ogni giovedì una nuova puntata    n.10


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IL TURISTA GIAPPONESE - È su tutti i quotidiani di questi giorni l'episodio accaduto a Napoli, in cui è stato picchiato ed ucciso un anziano turista giapponese. Per chi non è di Napoli, l'accaduto può apparire sconvolgente, può indurre a pensare che Napoli sia una giungla senza leggi ed umanità. Potrei controbattere, sostenendo che tutte le grandi città - Roma, Milano - hanno comunque aspetti disumani che le rendono, ad occhi estranei, invivibili. Vorrei raccontare alcuni episodi, come esempio, per poter cominciare a capire di più.
La mia prima volta a Milano, fui invitata da alcuni amici in un locale in piazza del Duomo. Io soggiornavo in un albergo situato nella periferia Sud. Avrei dovuto prendere due tram e cambiare due linee della metropolitana per arrivare al Duomo. Sulle prime rinunciai, spaventata all'idea di girare di notte (ero abituata così) utilizzando mezzi pubblici. Poi mi feci coraggio e subito mi tranquillizzai, non appena notai una certa affluenza. «Bene, se le persone del luogo si comportano così, allora non c'è nulla da temere». Roma è diversa. Anche lì, come a Napoli, di notte nessuno penserebbe di frequentare metropolitane e mezzi pubblici. È importante notare il comportamento di coloro che abitano una città, per imparare a muoversi, non conoscendo del luogo tutti gli aspetti, specie quelli meno gradevoli.
Altro esempio. Per motivi di lavoro conobbi tempo fa un uomo dall'aspetto tutt'altro che signorile. Avete presente il tipo con camicia aperta fino all'ombelico, tre giri di collane pendenti, barba eternamente in disordine, dai modi alquanto irritanti? Ebbene, quest'uomo aveva al suo fianco - che mostrava come una bambola barbie - una donna meravigliosa: alta, bionda, sexy, intelligente, simpatica e decisamente di classe. Mi chiesi più volte come fosse stata possibile una simile alchimia tra due persone tanto diverse. La risposta era nella nazionalità della donna: svedese. Fu un suo amico a spiegarmi il miracolo: «Lei non lo vede come lo vedrebbe un'italiana. Noi siamo in grado di riconoscere e definire i messaggi che ognuno di noi invia nel modo di porsi o di abbigliarsi, semplicemente perché facciamo riferimento alla medesima cultura, quindi ai medesimi usi e atteggiamenti, alle medesime considerazioni del prossimo. Lei, invece, non è in grado di fare una tale analisi perché non possiede i medesimi parametri di riferimento. Così non è in grado di discernere dall'aspetto, perché non associa, ad esempio, la sua camicia aperta al fatto che si tratti di una persona che ha poco rispetto per il prossimo!».
Questi due esempi sono necessari per capire, innanzitutto, il punto di vista del turista, poi per capire che, laddove il modo di vivere una città non è orientato alla civile coesistenza (più è numerosa la popolazione, maggiori sono gli attriti e le forme di devianza), devono intervenire le istituzioni.
Via Gianturco, dove è stato assassinato il turista, è una fermata della metropolitana che segue immediatamente quella della stazione Centrale, sulla linea che procede verso la periferia ed i Comuni limitrofi, con altri treni. Per trovarsi lì, o aveva sbagliato strada o vi era stato condotto, dal momento che il treno dal quale era sceso, sostava alla stazione Centrale e non ferma assolutamente a via Gianturco, trattandosi di treno a lunga percorrenza. Nessun napoletano di buon senso scenderebbe a quella fermata da solo e in orari poco frequentati. Noi lo sappiamo, ma chi non è di Napoli come fa a saperlo? Sicuramente il pover uomo non è stato in grado di capire che quei giovani che lo hanno ingannato erano persone poco per bene. Non poteva interpretare i messaggi inviati dal loro comportamento. Probabilmente in Giappone, dove il rispetto per l'anziano è sacro, non ci si sognerebbe neanche di voler condurre in una trappola un uomo per derubarlo ed ucciderlo. Ma come fare perché una persona non del luogo, non sia costretta a fermare un passante, che potrebbe rivelarsi il suo potenziale omicida?
È qui che devono intervenire le istituzioni. È da un po' che Napoli tenta di aprirsi al turismo. Ma lo fa puntando esclusivamente sulle organizzazioni turistiche che si appoggiano ai soliti alberghi lungo via Caracciolo e via Partenope, con vista sul mare e sul Maschio Angioino. Il turista che giunge alla stazione Centrale, deve necessariamente affidarsi a qualcuno di buon cuore ed essere abbastanza fortunato che conosca l'inglese. Le indicazioni sulle direzioni da intraprendere sono rare e quelle poche non sono neanche tradotte in inglese. A volte persino noi napoletani, per poter prendere un mezzo pubblico a lunga percorrenza, che stazionano nelle immediate vicinanze della stazione Centrale, siamo costretti a chiedere qua e là perché non c'è segnaletica e non c'è un addetto alle informazioni. Le stazioni di qualunque grande città sono da sempre luoghi poco raccomandabili, ma a Napoli la stazione è in un totale abbandono, specie di notte. Lo dimostra il fatto che le stazioni della metropolitana chiudono alle 22 e che sulla Circumvesuviana (la linea che conduce in penisola sorrentina e nei paese vesuviani) da circa un anno girino in borghese agenti di Polizia per la salvaguardia dei viaggiatori. Più fortunati sono coloro che giungono in aereo, ma una volta in città si resta comunque in gabbia: o ci si rivolge ai taxisti (Non tutti onesti. È sufficiente che ti vedano con le valigie in mano per sparare tariffe fuori da ogni comprensibile realtà. Ma se sei italiano, hai una possibilità in più, ma se vieni dall'estero, come fai, considerando anche le difficoltà della lingua?) o si rischia di girare in tondo sui mezzi pubblici. Non parliamo poi delle targhe che dovrebbero recare il nome della strada che si sta percorrendo. Se non c'è un'insegna a coprirla, è quasi del tutto sbiadita, o inesistente o, ancora, distrutta.
Ho già detto che non sono nata e cresciuta a Napoli. Grazie all'inesistenza di indicazioni chiare, la sottoscritta ha percorso per anni strade di cui ignorava totalmente il nome, scoprendo solo dopo molto tempo di conoscerle benissimo. I vigili urbani sono totalmente ignoranti della lingua inglese (sembra che di recente il comune abbia destinato non si sa quanti miliardi - ? - per la loro istruzione) ed il popolo napoletano non è abituato allo straniero che osserva come una mosca bianca. Il turista può cominciare a respirare solo in quelle zone notoriamente organizzate per lui: Sorrento, Capri, Ischia, etc. Ma tutto intorno è il deserto. Napoli è caratterizzata dal suo centro storico, un suggestivo ed intricato alveare di vicoli e vicoletti, in semi oscurità, ma estremamente pericolosi per colui che decide di visitarlo senza sapere bene dove andare o senza una guida adeguata. E poi c'è la periferia, di cui via Gianturco rappresenta una parte. Non ho mai visto il Bronx, ma qui, quando alludiamo a quelle zone, usiamo definirle "il Bronx".
Bene, mentre il nostro amato Sindaco si prodiga in parole di speranza perché questa Napoli torni ad essere un polo turistico, si dimenticano le più elementari regole di ospitalità, quelle che dovrebbero rendere la vita del turista meno difficile. E non basta ricostruire la storica Villa Comunale alle condizioni originarie per incentivare il turismo o pubblicizzare ai quattro venti il cambiamento di una città che ancora deve imparare a liberarsi dei suoi aspetti più negativi. Occorre prendere coscienza dei fatti e fare qualcosa di sensato e concreto per consentire al turista che, oltre a bearsi di Palazzo Reale, possa tornare sano e salvo nel proprio Paese.

(10.Continua)

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