di Mariantonietta Sorrentino Rizzo n. 1 2 3 4 5 6 7 8 
L' interesse per la memoria è un atto di giustizia e di amore.
Memoria in quanto riscoperta e valorizzazione delle matrici della nostra cultura mediterranea, matrici multietniche.
Memoria per progettare il futuro, per comprendere il presente.
Un viaggio negli itinerari della memoria alla scoperta di una realtà tanto poliedrica quanto seducente.

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Il massiccio degli Alburni, nella sua struttura calcareo-dolomitica, si impone allo sguardo per quella forma di parallelepipedo allungato, a nord- ovest verso la valle del Sele, ed a sud- est verso il Vallo di Diano. Nato quando i poderosi e continui movimenti crostali dettero origine all'Appenino Meridionale, esso deve il nome al bianco delle sue cime. La sua bellezza è veicolata dal ridondante dispiegamento di pianori, grotte, boschi, sorgenti chiacchierine e valli, profonde quanto gole.
Muti testimoni delle piene dei fiumi, le crive e gli inghiottitoi, regalano emozioni a piene mani: le stesse delle sculture d'autore. L 'azione dell'acqua si manifesta in forme sia sulla superficie della roccia, o "epigee", sia nel sottosuolo, dove prendono il nome di "ipogee".
Un mondo incantevole e irreale nasce grazie al più semplice degli elementi naturali.
Tra le numerose cavità presenti sul territorio alburnino, tra tutte spicca, per la sua valenza storica, la grotta dell'Angelo in Sant'Angelo a Fasanella (Sa). Sulle origini del suo insediamento religioso, e del conseguente culto, popolare, si sono intessute leggende. Una tra le più accreditate fa risalire la scoperta, di questa vasta caverna naturale, al principe Manfredi. Feudatario del paese , come tutti i nobili del suo rango, si dilettava nella caccia al falcone . In una sortita l'animale scompare all'interno della roccia.
La ricerca del rapace conduce i cacciatori alla grotta, e là si trovarono di fronte una statua dell'Arcangelo Michele. Ma a diffondere il culto micaelico dall'Oriente in Occidente contribuì la grotta sul Gargano, dedicata al condottiero delle milizie celesti.
La leggenda che lega la venerazione di S. Michele al santuario pugliese racconta che un nobile sipontino, nel 490 a.C., si fosse recato sulla montagna per recuperare un toro fuggito dalle sue proprietà. Una tempesta prende ad infuriare e l'animale viene trovato, in quel frangente, inginocchiato dinnanzi ad una grotta dedicata al dio Mitra. Più del seguito della leggenda, che racconterò nella prossima rubrica, vale la pena sottolineare che il culto di questa divinità ci rimanda all'India e alla domanda: quale strada lo ha condotto sul Gargano in Puglia?

Mariantonietta Sorrentino Rizzo

 


 
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