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19/11/2006
«Sono sdegnato per l'inqualificabile offesa ai caduti di Nassirya»
La parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stigmatizzano l'indegno episodio avvenuto a Roma durante una manifestazione pacifista in cui è stata bruciata una sagoma di un militare italiano ed è stato ripetuto l'infame slogan: "10, 100, 1000 Nassirya".





«Sono sdegnato per l'inqualificabile offesa ai caduti di Nassirya» ha dichiarato, furibondo, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Mai come in questo momento ci sentiamo vicini ai familiari di tutti i militari italiani e in particolar modo a quelli dei nostri martiri caduti» ha dichiarato nel coro di esecrazioni ufficiali provenienti da ogni parte politica l'ex Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Mentre il suo successore, Fausto Bertinotti ha detto, a proposito dello slogan scandito nel corso della manifestazione "pacifista" di Roma di sabato 18 novembre - "10, 100, 1000 Nassirya" - e al contestuale gesto di bruciare una sagoma di cartone che riproduceva un militare italiano: «È una frase così orribile da essere indicibile in un luogo in cui ci si possa confrontare. È una frase incompatibile con la convivenza civile». Sacrosante parole, gentile Presidente Bertinotti, ma, mi permetta, è stato altrettanto incompatibile nei giorni scorsi la sua dichiarazione seconda la quale i nostri militari italiani, e quindi anche i caduti a Nassirya, si trovavano in Irak per una missione di guerra anziché - come è stato nella realtà - per una missione di peace-keeping sotto l'egida delle Nazioni Unite. Mi pare personalmente troppo facile sdegnarsi dimenticando poi un senso di responsabilità e quel senso della misura che dovrebbero essere al primo posto per chi ricopre cariche istituzionali e quindi rappresenta TUTTO IL POPOLO ITALIANO. Non si deve mai perdere la consapevolezza che quanto si dichiara a un giornale o durante un dibattito televisivo non finisce lì ma può diventare di fatto una ulteriore "giustificazione" per quelle menti malate che da tempo scendono in piazza scandendo quella che lei stesso definisce "una frase incompatibile con la convivenza civile". E francamente non me ne importa niente dell'imbarazzo di Oliviero Diliberto, della sua fuga dal corteo un attimo prima che avvenisse il "fattaccio", e il suo imbarazzo e il suo dare degli "imbecilli" ai colpevoli per l'ennesima volta di questo infame episodio. No, gentile professor Diliberto, forse è giunto il momento che si dia una regolata, che si morda la lingua prima di dichiarare allegramente che andrebbe al Billionaire imbottito di tritolo o che non esiterebbe a prendere il kalaschnikof (non so se si scrive così, io non mi intendo di armi), moderi i termini, mostri un maggiore senso di responsabilità, trasmetta messaggi, anche quando crede di scherzare, di autentico pacifismo, sia pienamente consapevole della responsabilità, del senso di responsabilità che dovrebbe avere chi è un uomo politico. Recuperino tutti, in politica e fuori della politica, un pizzico di saggezza popolare e la smettano, come si dice in Toscana, "di aprir bocca e darle fiato", senza riflettere, per il puro gusto di una stupida battuta.


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«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita... Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»

Oriana Fallaci
(da un'intervista del 1979, di Luciano Simonelli, approvata dalla scrittrice).
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Fonte: Luciano Simonelli : Clicca qui per andare al "Day by Day" precedente

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