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17/11/2006
NO, BASTA GUARDARLO E ASCOLTARLO
Lui non è affatto un suscitatore di entusiasmi, un motivatore, uno di quelli che quando li vedi e li ascolti ti fanno venire il brividone di una gran voglia di fare, creare, realizzare.





NO, BASTA GUARDARLO E ASCOLTARLO, lui non è affatto un suscitatore di entusiasmi, un motivatore, uno di quelli che quando li vedi e li ascolti ti fanno venire il brividone di una gran voglia di fare, creare, realizzare. Con quel suo modo di parlare lemme lemme, con quel suo scandire parole come se volessero dire chissacché e invece lanciano per lo più scontati e risaputi messaggi, con quella sua arroganza di dare del pazzo ad un Paese, alla gente di un Paese che in questo momento, giorno dopo giorno, vive una realtà quotidiana che presenta scenari sudamericani dove chi è ricco diventa sempre più ricco, chi è povero sempre più povero e chi stava nel mezzo, nella cosiddetta classe media, appena entra in un negozio si accorge di diventare sempre più povero, ebbene questo signore non è la cura migliore per questo Paese. Intendiamoci, neppure l'Altro che lo aveva preceduto e gli ha dovuto cedere il passo per una manciata di circa ventiquattromila voti era tutt'altro che la perfezione. Anzi! Ma nel groviglio degli interessi imprenditoriali (ripeto ancora una volta ciò che ho più volte scritto: una vera legge sul conflitto di interessi la si potrebbe fare velocemente. Ma come mai non la si fa davvero? Perché oltre ai grandi conflitti dovrebbe regolare gli infiniti medio piccoli conflitti di interesse che hanno in troppi in tutte le parti politiche...), l'altro, dicevo, un suscitatore di entusiasmi e di sogni lo è, uno stimolatore di ottimismo lo è, certamente con tanti, forse troppi altri difetti che però una classe politica più attenta, forse più politica, avrebbe potuto controllare, imbrigliare senza invece seguire la logica del "mors tua vita mea". Ho sentito i resoconti della conferenza stampa del bilancio dei primi sei mesi e ho trovato il tutto di una ritualità che mi fatto ritornare alla memoria stili di Paesi in cui il consenso lo si ha per definizione, condito con anche un po' di faccia tosta. Non mi pare che siano stati così belli e costruttivi gli ultimi sei mesi. In una realtà mondiale, parlo di Paesi di consolidata democrazia, in cui chi governa segue da anni la linea della deregulation, di coniugare semplificazione ed efficienza qui da noi - siamo sempre molto originali, si sa - ogni giorno scopri invece che devi fare un altro "adempimento". Mentre fino all'altro ieri si parlava dell'arretratezza tecnologica italiana ecco che, dall'oggi al domani, per merito del governo, l'Italia è diventata supertecnologica. E anche supersviluppata per quanto riguarda l'uso della moneta elettronica. Conti, parcelle ai professionisti? Da pagare soltanto con carte di credito e bancomat. Scusate, ma per combattere l'evasione fiscale, non sarebbe stato più semplice permettere di "scaricare" nella dichiarazione dei redditi parte delle spese sostenute giustificate da fatture? Se tu puoi "scaricare" la fattura la pretendi e allora... Devi fare delle ritenute d'acconto se sei un'azienda? Non vai più in banca ma le devi fare tu stesso online, attraverso il tuo computer collegato in Internet. Ma se non hai dimestichezza con le operazioni bancarie online? E chi ormai, oggi, non ha dimestichezza con Internet?! Sbalordiscono i funzionari. Poi, se non lo sai fare, c'è sempre il commercialista, per poche decine di euro ad operazione... La Politica Estera. Chiunque abbia un minimo di esperienza sa perfettamente che non può essere un miracoloso lavoro diplomatico di un paio di mesi quello che ha portato a scegliere l'Italia, mi pare per un biennio, a far parte dei membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Allora, mi pare che ci voglia una gran bella faccia tosta arrogarsi il merito di qualcosa che è accaduto dopo pochi mesi dall'insediamento del governo e frutto di un'attività durata anni. Faccia tosta ci vuole anche per arrogarsi il merito dell'aumento delle entrate fiscali nei primi sei mesi del 2006 quando le elezioni si sono svolte a maggio... Ma, tornando alla politica estera, non mi convince la teoria della "equivicinanza": sa tanto di una logica del do un colpo al cerchio ed uno alla botte. E sulla missione di pace in Libano stiamo a vedere: sono però inquietanti le notizie che Hezbollah pare vantarsi di essersi riarmata di tutti i missili che desiderava. Inquietante, sconcertante e deprimente è quanto si è assistito in occasione delle celebrazioni per ricordare i soldati italiani caduti a Nassirya. Mai si era visto un Presidente della Camera così partitico e la sua dichiarazione che questi nostri caduti erano in missione di guerra per me è assolutamente incondivisibile. Se spesso si parla del Teatrino della Politica, da un paio di mesi a questa parte si sta assistendo al Cabaret della Politica intorno alla Legge Finanziaria. Oggi, con la messa in opera del voto di fiducia, questo spettacolo terminerà le sue repliche ma mai, nella mia memoria di uomo classe '42, mi era capitato di assistere a una cosa del genere. E c'è una logica che mi sembra, gratta gratta, prevalere. E' la logica che emerge dal Gattopardo, quel cambiare tutto per non cambiare niente. Sì, perché se le Ferrovie dello Stato sono in crisi, annunciano che sono sull'orlo del fallimento, ecco che la soluzione è immaginare un aumento dei prezzi dei biglietti per mantenere i soliti servizi schifosi per i pendolari (chi prende un treno tutte le mattine sa bene quanto sia vero). Forse la prima cosa che si doveva pensare per le Ferrovie dello Stato sarebbe stata innanzitutto di dimezzare tutti gli stipendi dei dirigenti prima dell'aumento delle tariffe. L'Alitalia sta per chiudere? Ecco prospettare soluzioni paragovernative. La mia personale logica, per quel che vale, è che se una azienda non è in grado di sopravvivere sul mercato, segua il destino che decreta il mercato: fallimento oppure vendita per essere ristrutturata eccetera. E la cultura? Chi legge queste mie note sa di un intervento, una Lettera Aperta al ministro Rutelli in occasione degli Stati Generali dell'Editoria: non ho ricevuto risposta né diretta né nei fatti e attendo che faccia qualcosa di davvero "culturale" nei confronti di un "interlocutore" che non ha né ha cercato di avere, parlo della media e piccola editoria (per fatturato). Mi fermo qui, avrei molto altro da aggiungere. Da autentico liberale, liberal in senso anglosassone, sono decisamente smarrito. Si dice che una persona quando smette di sognare comincia a morire, ecco non vedo sogni in questo Paese ma solo opportunismi, assoluto disprezzo della meritocrazia e un imbarbarimento ovunque. In un palazzo a poche centinaia di metri dalla sede del Corriere della Sera, a Milano, qualcuno ha scritto questa frase: "Ai ricchi si spara!". La scritta risale a molti mesi fa. In un Paese civile, questa e molte altre scritte inquietanti come questa che si leggono da molte parti, le autorità pubbliche locali avrebbero provveduto a cancellarla. Ma in Italia, no. Eppure, se vai in quel lembo estremo del Paese, quasi un'altra Italia che è il Trentino Alto Adige non vedi nessuna casa sporcata dai graffitari. E nulla del genere si vede nel centro di Parigi, Londra, Francoforte...


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«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita... Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»

Oriana Fallaci  
(da un'intervista del 1979, di Luciano Simonelli, approvata dalla scrittrice).
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Fonte: Luciano Simonelli : Clicca qui per andare al "Day by Day" precedente

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