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ARTE
- Personaggi da ricordare  
di Mario Pancera
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RENZO BUSSOTTI:
"FUOCO!"

I pittori straordinari sono pochissimi: molti sono famosi, ma non straordinari. Renzo Bussotti, 75 anni, fiorentino che vive a Padova e dipinge nello scantinato di una villa ritraendo sulle tele le migliaia difantasmi che hanno popolato la sua vita, è uno dei più straordinari esilenziosi pittori italiani. I suoi quadri sono unici, hanno vigore, sofferenza e genialità. La sua pittura ci rappresenta, non come vorremmo essere, ma come siamo e la crudezza del suo pennello non è inferiore, oggi, a quella che doveva apparire al pubblico e ai committenti l'opera di pittori del passato di rado compresi nella cerchia dei favoriti. Le opere di Bussotti mostrano l'altro volto del reale, quello che rappresenta il novanta per cento del mondo, ma che molti preferiscono lasciare nell'ombra. Il pittore ha rotto con i "quadri che piacciono". La sua vita è insieme urlo e silenzio. Non è una enfatizzazione, e mi spiego.
Nato nel 1925, è della stessa generazione dei pittori della Scuola di Londra cioè di gente nata tra la prima guerra mondiale e la seconda. Costoro hanno vissuto l'adolescenza e la giovinezza tra due guerre mondiali. Lucian Freud (del 1922) e Frank Auerbach (1931), sono stati costretti a scappare a Londra da Berlino; Leon Kossoff (1926) è figlio di esuli russi (e lui poi è "fuggito" dagli Stati Uniti per vivere in Inghilterra); e RonB. Kitaj, il più giovane, è pure di origine russa. Tutti ebrei, hanno vagato non solo alla ricerca della loro identità, ma anche di una nuova ragione di vita. Sono sfuggiti a lager e gulag. Non possiamo non tenerne conto. Non sono illustratori dell'esistente, pittori di paesaggi e di nature morte da salotto: ma rivoltano le radici e scavano nel profondo dell'essere.
«Fate una passeggiata per le strade di una città» scriveva William Burroughs, volendo confrontare l'arte dello scrivere con quella del dipingere, «e mettete giù, su una tela, quello che avete appena visto. Avete visto mezza persona tagliata in due da una macchina, pezzi e bocconi di cartelli stradali e pubblicità, riflessi da vetrine: un montaggio di frammenti».
Così, i dipinti di Kitaj e di Kossoff che ci mettono sotto gli occhi la solitudine dell'individuo tra la folla, i tremendi personaggi di Auerbach, i nudi violenti e mortuari di Freud, sono il nostro specchio.Anche Bussotti è un "esule", ha visto la guerra e la morte in faccia. Da anni vive, in silenzio, lontano dai rumori, afferma di credere nella vita, ma dipinge morti, stragi, violenze e violentati, poveri cristi finiti nella polvere del mondo, sconquassati nelle stazioni ferroviarie e nelle sotterranee, schiacciati da camion e da trattori che sembrano carri armati, inebetiti dai mass media, distrutti dalle piccole e infinite ossessioni quotidiane.
A Firenze, nel 1943, in piena guerra fratricida, Bussotti, diciottenne, fu arrestato dai fascisti della "banda Carità" e messo con altri davanti al plotone d'esecuzione. Gli accadde quello che era accaduto a Dostoevskij: prima di ordinare «Fuoco!» il capo disse ai morituri che era stato uno scherzo. Ci fu chi incanutì. Il gruppo venne portato in carcere, da dove Bussotti fuggì sotto un bombardamento e andò partigiano: «Allora erano cosenormali» dice il pittore che lavora con cura certosina. Ma sono incubi che non si dimenticano, infatti ha continuato a sognarli e a dipingere gli orrori dell'uomo tutta la vita.Sembra il racconto di un inferno o, sebbene egli sia lontano da questi assunti, una Bibbia contemporanea, con tutti i suoi mille e mille personaggi ognuno dei quali è una storia di vita e di millenni. Se la parola è immagine, come diceva Burroughs, le sue immagini sono romanzi, la versione pittorica della condizione umana di Balzac.


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