testataIstricecms.gif
Home | Sommario Istrice | Home Simonel.com 
 
02/12/2006
"IL RITORNO - Boìcu ed altre storie" di Romano Asuni
Indimenticabile: dalla Sardegna andata e ritorno, l'itinerario di una vita attraverso una serie di racconti che fanno romanzo. La prima prova di narrativa di un grande giornalista, Romano Asuni. In eBook ed Ex Libris.

Boìcu in dialetto vuol dire Salvatore e Boìcu era il fabbro ferraio del paese, l'unico di quel piccolo centro nel quale, però tutti coloro che possedevano un animale erano in grado di ferrarlo da soli, riducendo lo zoccolo con una sgorbia affilatissima e piantando i ferri con energiche martellate sui chiodi. Per cui, il lavoro non era molto, ma l'uomo non passava egualmente inosservato, essendo in grado di adattarsi a tutto. Alto, grosso come un macigno e appena oltre i quaranta, Boìcu, era noto nel paese e nel mandamento per la sua forza e la sua decisione. Dicevano che non mandasse a dire mai niente a nessuno, nel senso che i suoi problemi li risolveva direttamente con gli interessati, se volevano favorire. Ma non era un prepotente, anzi, mille volte aveva fatto finta di non vedere e non sentire. Tutti sapevano però che aveva costretto con la sola forza delle braccia un bue a piegarsi al giogo e, un'altra volta, aveva abbattuto un puledro recalcitrante con un pugno sull'orecchio.
Viveva in una piccola casa vicina al cimitero, nella periferia del paese che guardava verso il mare. Era vedovo e aveva una figlia, Bonaria. Gli altri due non li contava, perché erano in guerra e lui li avrebbe considerati di nuovo suoi quando li avesse visti spuntare dalla curva dietro la casa di zia Maria, senza il fucile e con tanta voglia di lavorare. Allo Stato li aveva dati in prestito, solo perché erano venuti i carabinieri a chiederglieli, una mattina, poco prima dell'alba.
Allora, il paese era formato in tutto da quattro strade irregolari che s'incrociavano, proprio una croce sbilenca. La prima veniva dal nord, dalle falde dell'acquedotto, come veniva chiamato il piccolo bacino d'acqua che doveva servire la grande sete del paese. D'estate il livello scendeva rapidamente perché l'unico ruscello che alimen­tava l'invaso si rifugiava sottoterra. Il suo cammino era però visibi­le, segnato da ciuffi di vigorosi oleandri e da cespugli di mirto, ma l'acqua non c'era più. Allora, le pecore e le capre scendevano lungo le rive ripide che un tempo erano state collina, per abbeverarsi a qualche rara pozza d'acqua che dall'alto non si vedeva. La strada incontrava le prime case a S. Isidoro di Sopra, che tutti adesso chia­mavano Corea, per la sua povertà. In quel punto era ancora bianca e i sassi aguzzi che spuntavano dal selciato durissimo e irregolare facevano male ai piedi e segnavano le gomme delle biciclette con una striscia bianca che pareva una rasoiata. S. Isidoro di Sopra ve­niva chiamato così per distinguerlo dal resto di S. Isidoro, il quar­tiere che finiva col campo sportivo, ricavato da una vecchia cava di pietra arenaria. Il campo era costeggiato da una salitina che rappre­sentava il confine delle due zone, la terra di nessuno. In cima alla salita, c'era la chiesetta in onore del santo degli agricoltori, che ve­niva aperta una volta all'anno per far uscire il simulacro su un carro a buoi tirato a nuovo. Allora tutto il paese si radunava ai piedi della salita, per iniziare la processione, ma in cima arrivavano solo i preti e le donne di azione cattolica.
Nessuno voleva avere a che fare con "quelli di Sopra", bracconieri per lo più, disoccupati e ubriaconi. Solo intorno a Natale i cacciatori di frodo conoscevano il loro momento di fortuna e di rivincita. La sera, nelle loro case basse di fango e paglia, intonacate a mano, molti visi noti del paese si affacciavano per chiedere le grive. Erano i merli e i tordi presi con le reti e con i lacci, mentre piombavano affamati, nelle giornate di freddo, sugli arbusti di corbezzolo. Catturarli era un lavoro infame e durissimo, ma in nessuna delle migliori case del paese si era mai visto un Natale senza le grive. Così, nella notte, davanti ad un bicchiere di vino acidulo, cominciava la contrattazione. E il freddo, le guardie venatorie, la simpatia per l'interlocutore, facevano alzare o abbassare il prezzo al bracconiere di S. Isidoro di Sopra, al quale brillavano anche gli occhi perché forse era la terza o quarta discussione che sosteneva nella serata. E poi voleva tirarla per le lunghe, perché solo una volta all'anno accadeva che fossero gli altri a chiedere, e non lui. E l'inverno passava presto.
Alla fine, la griva, otto uccelli lessati e salati forte, avvolti nel mirto freschissimo, faceva la sua apparizione coperta da un panno, in mano a una donna che aveva inteso l'invisibile cenno col quale l'uomo, suo marito o un figlio, faceva capire che la discussione era finita e il prezzo concordato...
______________________________________________________

Le prime pagine di "assaggio" di "Il Ritorno - Boìcu ed altre storie" di Romano Asuni finiscono qui.

Se vuoi leggere l'intero libro acquistalo su www.ebooksitalia.com
Lo puoi avere in pochi istanti sullo schermo del tuo computer se lo acquisti in formato elettronico Pdf.

Se desideri averlo in un volume ordina la Copia Ex Libris, un vero volume stampato appositamente, "su Misura", per te e che giunge per posta a casa entro trenta giorni dal pagamento dell'ordine.

Sia per acquistare la copia eBook che quella Ex Libris, clicca sul link che trovi in fondo a questa pagina.

______________________________________________________





Fonte: Simonelli Editore

Link correlati: Clicca qui per ordinare "Il Ritorno - Boìcu ed altre storie" di Romano Asuni

Ricerca le keyword: Sardegna Romano Asuni Romanzi



R I C E R C H E
Tutti gli articoli