*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
2 ottobre
- La cella è semibuia, umida e fetida. Da ieri ho avuto soltanto un pezzo di pane secco e un bicchiere d'acqua. Le due finestrelle altissime, a bocca di lupo, attraverso le quali filtrano un po' di luce e d'aria portano alle mie orecchie rumori dall'esterno. Da una sento arrivare i suoni consueti del Labirinto. Dall'altra giunge rumore del traffico esterno, come attutito. Avverto ogni tanto il suono dei clacson e il fischio del vigile urbano che regola il traffico.
- Non faccio che pensare alla strana situazione in cui mi trovo. La prospettiva è piuttosto tragica: tre mesi d'inferno e alla fine, con ogni probabilità, verrò trasformato in bollito magro per quel gottoso del Minotauro. Tutto grazie all'ulteriore colpo di genio del Ggenio... Ma è proprio grazie a questo che, invece d'essere afflitto mi sento euforico. Lui sa che Deianira ama me, ormai e, in questo modo s'è assicurato campo libero. Ma l'importante è che anch'io so di quell'amore, che mi rende fiero e sconsiderato. Cosa m'ha detto ieri Evaristo? Resterò, ma non aspetterò gli eventi. Qualcosa escogiterò.
- D'improvviso un boato fortissimo scuote l'aria. Dal soffitto cadono pezzi di calcinacci e dalla bocca di lupo che dà all'esterno giunge una folata d'aria rovente. Subito dopo s'odono urla, imprecazioni, sirene d'ambulanza e colpi d'arma da fuoco. Che sia scoppiata la guerra? Quando il parapiglia sembra placarsi tendo le orecchie per captare le parole di due che discutono proprio accanto alla finestrella. Dai brandelli di parole che percepisco mi formo l'idea che si sia trattato di un attentato del Pinguino contro il rifugio segreto di Batman, celato in una sala giochi. Più tardi, invece mi par di capire ch'è saltato in aria un pollaio. Questo perchè mezzo pollo, ormai arrostito, alla faccia dei miei carcerieri, mi piomba in mano ancora caldo.
- Guardo verso la finestra che dà all'interno e scorgo due occhi che mi scrutano. Saranno di una guardia penso e, tanto per passare il tempo, faccio una smorfiaccia in quella direzione.
«Nun v'arrabbiate, 'on Benì, songh'ije, Sabbine!»
L'Infangato, sussurrando, mi spiega che è stato facile trovarmi e s'informa sul mio stato di salute. Infine, lascia cadere un biglietto piegato in quattro e mi saluta frettolosamente perchè ha visto avvicinarsi qualcuno.
- Non distinguo nulla della calligrafia minuta che riempie la pagina. Mi hanno levato sigarette e fiammiferi prima buttarmi qua dentro. Non c'è modo d'aver luce sufficiente. Sarò costretto a leggerlo domani, con un po' più di chiaro. Passerò la notte ad arzigogolare, a scommetere con me stesso sull'identità dell'autore che, senz'altro, non è il buon Sabino.
[Continua]