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Quando leggere è un piacere
e una autentica passione
    
Milano, 27 Ottobre 2011

Il cuore e il cervello
della Némirovsky

  Del bellissimo “Suite francese” di Irene Némirovsky (1917 – 1942), scrittrice russa emigrata in Francia, è stato detto già molto e, per una volta, non è uno sproposito parlare di capolavoro. Anche se in realtà si tratta solo delle prime due parti di un progetto più ampio che la Némirovsky intendeva strutturare come una sinfonia in cinque tempi, e che rimase interrotto per la tragica fine della scrittrice nelle camere a gas di Auschwitz nell’agosto del 1942.
Al centro della prima parte del romanzo, “Temporale di giugno”, la fuga precipitosa degli abitanti di Parigi atterriti per l’arrivo dei tedeschi nella capitale francese nel giugno del 1940. Una fuga disordinata e grottesca in cui ognuno sembra dare il peggio di se stesso, tirando fuori tutte le meschinità e le piccinerie dell’animo umano e che nel libro viene descritta con un realismo limpido ed elegante in cui risaltano luoghi, volti, emozioni e sentimenti destinati a lasciare un segno nell’animo del lettore. Sono pagine di grande letteratura quelle che raccontano l’evacuazione di Parigi; lo sguardo della scrittrice sa essere ironico e sarcastico, ma senza mai perdere un tocco di umanità per quegli uomini e quelle donne piccoli piccoli, travolti dall’onda della grande storia che passa sopra di loro. Attraverso le sventure di questi parigini, la Némirovsky ci mostra il tracrollo, materiale e ancora di più morale, di una intera nazione. In quei giorni la Francia è un Paese vinto e collassa, un po’ come capiterà all’Italia l’8 settembre del 1943. Sono settimane drammatiche per la Némirovski, che comunque non si fa prendere dal panico ma con grande lucidità capisce subito che le cose per lei, ebrea e straniera, volgono al peggio e che la attende una fina tragica. Non si fa illusioni e in quel marasma si attacca alla scrittura e decide di raccontare lo sfacelo che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi. In un passo dei suoi diari annota: “Mio Dio, cosa mi combina questo paese? Dal momento che mi respinge, osserviamolo freddamente, guardiamolo mentre perde l’onore e la vita”.
Nella seconda parte del libro, intitolata “Dolce”, la struggente storia d’amore tra la francese Lucile e il tenente tedesco che ha requisito la sua abitazione vuole essere una sorta di riscatto morale dell’umanità travolta dalla guerra. Un rapporto che non ha implicazioni fisiche, ma tutto concentrato sul sentimento, un’intesa intellettuale e spirituale, un’affinità così coinvolgente da fare dimenticare a lei francese e a lui tedesco di essere in realtà due nemici. Un amore impossibile destinato a rimanere sospeso nell’aria e proprio per questo ancora più coinvolgente. Leggendo queste pagine non può non venire alla mente “Il silenzio del mare”, il piccolo-grande racconto di Vercors scritto nello stesso periodo di “Suite francese”, e che resta una delle più alte testimonianze sulla dignità umana.
In quelle poche settimane dell’estate del 1942, le ultime della sua vita, la Némirovsky ha visto tutto il peggio dell’umanità e ce lo ha raccontato, ma ha conservato abbastanza cuore e cervello per lasciarci anche un messaggio di speranza.



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Silvano Calzini

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  Silvano Calzini, milanese, laureato in Scienze politiche, terminati gli studi ha iniziato a lavorare come redattore editoriale presso varie case editrici. Oggi, cinquantenne, si è lasciato alle spalle l’entusiasmo iniziale, ma non l’amore per le buone letture, Londra, certi silenzi e altro ancora.  









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