Ricordo che molti e molti anni fa mi trovavo allo stadio per assistere a una partita notturna della squadra della mia città (il Ravenna, i cui calciatori hanno la maglia giallorossa come quelli della Roma perché anche noi, se permettete, un tempo siamo stati capitale), era settembre e dunque si trattava di una partita di preparazione al campionato e anche in quel periodo il tempo era pazzerello tant’è che durante la partita venne giù un memorabile acquazzone, di quelli coi fiocchi (io la scampai bella, però, perché seguivo il match dalla tribuna stampa) e ricordo che dalla tribuna uscì questo commento: “Qua se non torna Bernacca a mettere a posto il tempo siamo rovinati…”.
Già Bernacca, anzi il colonnello Bernacca, vero signore del tempo. E sapete perché oggi vi parlo di Bernacca? Perché proprio in questi giorni ricorre il centenario della nascita di questo popolarissimo personaggio che per anni e anni ha insegnato con garbo e signorilità i complicati meccanismi della meteorologia.
Su questa disciplina se ne sono dette tante e le definizioni si sprecano. Una delle migliori, dovuta a tal Philippe Bouvard, è questa: la meteorologia è una scienza che permette di conoscere il tempo che avrebbe dovuto fare.
Oggi possiamo disporre delle previsioni su internet ma una volta ci si doveva fidare esclusivamente delle “previsioni del tempo sull’Italia valevoli fino alle 24 di oggi”, così recitava una frase che veniva trasmessa quotidianamente dalla radio e che conteneva quasi sempre la preziosa informazione, non molto originale per la verità, “nebbia in Val Padana”. Poi vennero la tivù e il colonnello Bernacca e la meteorologia divenne una diva e dunque non c’era da meravigliarsi se si presentasse a volte un po’ pazzerella e lunatica.
Nato a Roma il 5 settembre del 1914, il colonnello Bernacca si è sempre interessato di meteorologia e fin dalla metà degli anni Cinquanta del secolo passato si era ritagliato un piccolo spazio nella rubrica radiofonica “Casa serena” quindi nel 1960 passò alla tivù con due puntate dal titolo “La fabbrica del tempo”. Ma la vera consacrazione di Bernacca avvenne con la rubrichetta che andava in onda sulla rete uno poco prima del telegiornale e da quel momento gli italiani presero confidenza con questa disciplina che per la prima volta veniva spiegata al popolo in maniera chiara e comprensibile.
Annunciato da un barometro che occupava tutto il piccolo schermo, il colonnello aveva sempre sullo sfondo una carta geografica e ricordo che usava molto spesso il termine “saccature” e che per dar maggior vigore alle sue parole faceva ampie rotazioni con il braccio destro.
Il colonnello Bernacca era ormai diventato uno di famiglia tant’è che quando gli ridussero la durata del suo spazio (da tre a due minuti) ci fu una vera sommossa popolare a seguito della quale i dirigenti della Rai furono costretti a ritornare all’antico.
In una “Canzonissima” del 1968 il colonnello, dimostrando grande senso dell’umorismo, offrì agli italiani le sue simpaticissime previsioni natalizie nel corso delle quali il linguaggio della metereologia veniva adattato alla situazione economica del momento. Il simpatico “siparietto” si può seguire ancora oggi su You tube.
Il colonnello Bernacca (nel frattempo era stato promosso “generale” ma per gli italiani è sempre rimasto il “colonnello Bernacca”) moriva a Roma nel settembre del 1993 ma a vent’anni dalla sua scomparsa il suo ricordo è ancora vivissimo. Ci manca quel suo fare bonario e convincente, quella sua didattica senza spocchia. Ed era talmente simpatico che anche se il giorno dopo ti accorgevi che aveva sbagliato previsione non te la prendevi più di tanto. Se anziché il sole trovavi la pioggia aprivi l’ombrello e stop, perché il tempo è fatto così. E poi nessuno se la sarebbe sentita di dire al colonnello che si era sbagliato. La colpa non era sua, ma del tempo.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).