Avrebbe oggi novant’anni e invece si fermò alla soglia dei cinquant’anni e a chi gli spandeva attorno la bava pelosa della commiserazione diceva “sopportatemi, duro ancora poco”. Questo era Luciano Bianciardi, un grande della nostra letteratura, un anti scrittore, un anti eroe, un anti tutto, ma un tipo dalle idee geniali, come quella del Bibliobus, ad esempio. “Se la Montagna non va a Maometto…”, beh io farò la stessa cosa per i libri. I libri se ne stanno chiusi nelle biblioteche come in una prigione e lui, il Luciano, nel 1951 aveva abbandonato l’insegnamento di filosofia al Liceo classico di Grosseto per diventare “secondino” della biblioteca del suo paese, guardiano dei libri, i libri che non devono restare incatenati ma devono uscire e andare incontro alla gente. Ecco allora l’idea del bibliobus, ricavato da un vecchio furgone del comune all’interno del quale allestisce una mini biblioteca.
Poi nel 1962, dopo che aveva scritto “Il lavoro culturale” (1957) gli vien fatto di scrivere “La vita agra”, il suo romanzo capolavoro, quello che gli dette fama, quattrini e anche qualche grattacapo. E tutto questo accadeva giusto cinquant’anni fa, nel 1962. “La vita agra”: Lizzani ne fece anche un bel film interpretato da Ugo Tognazzi e da Giovanna Ralli. Da vedere. E il libro è sicuramente da leggere. Io l’ho letto e riletto più volte e ogni tanto lo riprendo in mano perché “La vita agra” più che un libro è un manifesto di protesta e un avvertimento a chi stava ubriacandosi al calice del boom economico che dopo la sbronza sarebbero arrivati tempi grigi. Tutti si riempivano la bocca del “miracolo economico” e mentre la gente impazziva perché tutto a un tratto si era trovata in casa un benessere fatto di elettrodomestici e di televisione, lui, il Luciano, metteva in guardia.
Bianciardi, nella parte finale del libro, denuncia una società che crea nuovi bisogni, mai sentiti prima e così “chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancia da bagno, l’asciugacapelli, il bidet e l’acqua calda”. Ecco, questo è il miracolo economico ma Bianciardi avverte che “i miracoli veri sono quando si moltiplicano pani e pesci e pile di vino, e la gente mangia gratis tutta insieme…”. Questi sono i veri miracoli e invece adesso (vale a dire nel pieno clima del “boom”) sembra che tutti credano a questo “miracolo balordo”.
Occhio ragazzi, avverte Luciano nelle vesti di grillo parlante, perché qui ci stanno fregando tutti e allora bisogna che “la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che ha”. Azzeriamo tutto e torniamo all’antico. Via le macchine e i meccanismi, dal calcolatore elettronico allo schiaccianoci e poi rinunciamo a tutte le materie sintetiche a cominciare dalla plastica. E tutto questo mentre Gino Bramieri in Carosello pubblicizzava proprio la plastica. Ricordate? E mo e mo… Moplen! E poi sarà la volta dei metalli, delle leghe pesanti e leggere e via via fino al ferro. E poi elimineremo la carta e senza carta e metallo non sarà più possibile batter moneta e così addio anche all’economia. E senza carta non ci saranno più libri e la letteratura dovrà tramandarsi oralmente. E una volta banditi i meccanismi si fermeranno anche le automobili e “ovunque cresceranno vigorose erbe e piante, in breve l’asfalto si tingerà tutto di verde, con immediato miglioramento del clima”. Ancora: gli animali domestici passeggeranno liberi e robusti in mezzo a noi, galline, dromedari, pipistrelli, pecore eccetera…”. E non come ai tempi nostri, talmente cattivi che quando vedono una giraffa mescolarsi in mezzo al traffico la fanno fuori. E alla fine, quando sarà cessato ogni rumore metalmeccanico risuonerà dovunque la voce dell’uomo e della bestia. E l’uomo tornerà a essere padrone della natura.
Ecco, così parlava Luciano Bianciardi e mi auguro tanto che questa mia compicciata abbia instillato nel lettore la voglia di andarsi a leggere questo Bianciardi la cui opera omnia è stata raccolta in due grossi volumi da “ExCogita”, la casa editrice fondata dalla figlia Luciana. Anche il titolo dell’“opera omnia” (L’Antimeridiano) è tutto bianciardiano. Il primo volume è uscito nel 2005 e il secondo nel 2008. Tutta da leggere. E da gustare.
Un’ultima considerazione prima di chiudere. Bianciardi moriva il 14 novembre del 1971. Il 14 novembre mi ricorda la data di nascita di Carlo Emilio Gadda. Magari tutto questo non c’entra nulla però questa considerazione ve la passo e fatene quello che volete.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).