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di memoria, cultura e molto altro...      Ravenna, 2 Settembre 2012



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Franco Gàbici è Premio Guidarello di Giornalismo.

Marte meritava
un'altra musica


  D’accordo, i marziani non esistono però supponiamo per un istante che questi nostri fratelli spaziali esistano per davvero ed abbiano un volto e soprattutto siano dotati di un apparato uditivo composto da incudine, martelletto e staffa come tutti i cristiani che sia in grado di decodificare i suoni e allora, mi sono chiesto, cosa avranno pensato quando hanno ascoltato i suoni di “Reach for the stars” di Will.l.Am (sì, è scritto proprio così) giunti fin lassù veicolati dall’ultima sonda marziana (Curiosity) che al momento sta esplorando il “pianeta rosso”.
Per carità, niente da dire su mister Will.l.Am, però se io fossi stato nei panni dei responsabili della missione avrei mandato su Marte qualcosa di più sostanzioso. Con tutto il rispetto per questo signore, scommetto che fra cinquant’anni nessuno lo ricorderà più mentre certa gente che porta il nome di Bach, Beethoven o Mozart fra cinquant’anni sarà ancora sulla breccia.
Molti anni fa, quando nel 1977 spedirono le sonde Voyager, si pensò bene di inserirvi un messaggio in bottiglia e così con la supervisione di Carl Sagan venne confezionato un disco, il famoso “Voyager Golden Record”, che conteneva, fra l’altro, alcuni suoni della natura e altri creati invece dal bipede uomo che è creatura strana e contraddittoria e a volte pure cattiva ma che quando ci si mette è pure in grado di produrre egregie cose. E fu così che vennero spediti in orbita i “Concerti brandeburghesi” di Bach, il “Quartetto n. 13 op. 130” e una sinfonia di Beethoven, la “Sagra della Primavera” di Igor Strawinsky e il “Flauto magico” di Wolfgang Amaedeus Mozart la cui musica, come sosteneva il grande Albert Einstein, era l’unica che sembrava riprodurre le grandi armonie dell’universo. E con l’intenzione di far sapere ai fratelli dello spazio che i terrestri non si dilettano solamente con la musica classica furono inseriti nel disco anche il famoso successo rock “Johnny B.Goode” di Chuck Berry e il brano “Melancholy Blues” eseguito da Louis Armstrong and his Hot Seven.
Questo “Voyager Golden Record” sta navigando nello spazio e a occhio e croce dovrebbe giungere nelle prossimità di una stella, dove è probabile che esista un sistema planetario e dunque qualche essere probabilmente simile a noi, fra 40 mila anni sicché è davvero il caso di suggerire al cavallo di portar pazienza in attesa che l’erba cresca.
E parlando della sonda marziana non possiamo non ricordare gli avvistamenti del solito Ufo di turno che accendono sempre la fantasia della gente. Del resto anche i primi “lunauti” dell’“Apollo 11” avrebbero raccontato di strani avvistamenti mentre stavano scendendo sulla Luna ma non dissero nulla alla base terrestre per timore che giungesse l’ordine di lasciar perdere e di ritornare a Terra.
Lo spazio dunque continua ad essere popolato di fantasmi e forse aveva ragione Carl Gustav Jung quando diceva che gli Ufo non stanno in cielo ma stanno dentro di noi e dunque non sarebbero altro che proiezioni di certi nostri stati d’animo. Jung scriveva queste cose alla fine degli anni Cinquanta del secolo passato, in piena “guerra fredda”.
Sentite cosa scriveva: “Alla base di questo tipo di voci c’è una tensione affettiva motivata da una situazione d’emergenza, cioè da un pericolo collettivo o da un bisogno psichico vitale. Questa condizione è senza dubbio presente al momento attuale, in cui tutto il mondo è sottoposto alla pressione minacciosa della politica russa e alle sue conseguenze ancora imprevedibili. Fenomeni come quelli descritti (…) compaiono appunto nell’individuo soltanto quando egli è dissociato psichicamente, vale a dire quando sia sopravvenuta una scissione fra l’atteggiamento della coscienza e i contenuti dell’inconscio ad esso contrapposti” eccetera eccetera.
Oggi non c’è più la “pressione minacciosa della politica russa” ma esistono ben altre pressioni come la crisi, lo spread e compagnia bella (più brutta che bella) e sarà per questo motivo che gli Ufo continuano a volteggiare in cielo.
Jung si chiedeva come mai questi esseri superiori, “che mostrano un così acceso interesse per le sorti della terra”, dopo anni e anni non fossero ancora giunti a stabilire un contatto con noi terrestri. Altri si sono chiesti come mai nessuno sia atterrato fra noi. La risposta è molto semplice e ve lo spiego subito. I nostri telegiornali navigano nello spazio attraverso le onde elettromagnetiche e pertanto possono essere captati da qualsiasi essere intelligente. E a un essere intelligente, dopo averne presa visione, non verrà di certo in mente di venire qua da noi. Ecco perché, spiegato in due parole, gli Ufo se ne stanno tranquilli in cielo!

Franco Gàbici

Le citazioni di Jung sono tratte da Un mito moderno: le cose che si vedono in cielo in C.G.Jung, Opere, Torino, Boringhieri, 1986, p. 170 e 173.

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Simonelli Editore consiglia di leggere:
Una Canzone al Giorno  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).



 


Franco Gabici

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