Cento anni fa, l’11 ottobre del 1911, nasceva a Milano Mario Panzeri e non ditemi che non sapete chi sia perché gli fareste un torto grande così anche se chi fa il suo mestiere è quasi sempre condannato a restare dietro le quinte perché i parolieri (ecco, vi ho svelato il mistero del suo mestiere), vivono all’ombra delle loro composizioni.
Non ci credete?
Beh, allora ve lo dimostro subito. Cosa vi richiama “Grazie dei fior”? Risposta all’unisono: Nilla Pizzi. La accendiamo? Ok, la risposta è giusta.
“Grazie dei fior”, infatti, è associato per sempre a Nilla Pizzi che portò al successo la canzone al Festival di Sanremo nel 1951, proprio sessant’anni fa. Ma se andiamo avanti con il Quizzone e vi chiedessi gli autori di quella canzone ascolterei quasi senz’altro un bel coro di “booooh!”. La canzone “Grazie dei fior”, se proprio lo volete sapere, è stata scritta da Mario Panzeri e Gian Carlo Testoni e messa in musica da Saverio Saracini.
La canzone fu proposta, senza successo, a diversi editori e prima di gettare definitivamente la spugna Panzeri e Testoni la mandarono alla giuria sanremese che, con sorpresa degli stessi autori, la accettarono e la affisdarono all’ugola di Nilla Pizzi.
Il successo fu straordinario. Era il 1951 e ancora i grammofoni macinavano i “78” giri e quel “78” della Pizzi stabilì il record delle vendite con 36 mila copie.
Ma il maestro Panzeri ha legato il suo nome ad altre famose canzoni della bella Italietta che fu. Volete qualche esempio? “Marameo perché sei morto”, “E’ arrivato l’ambasciatore”, “Pippo non lo sa”, “Papaveri e papere”, “Aveva un bavero”, “Casetta in Canadà” e soprattutto “Come prima”, portata al successo da Tony Dallara e i Campioni nel 1957.
Ecco, dunque, chi era Panzeri. Mitico, davvero. E pensare che la sua carriera di paroliere iniziò con un incidente diplomatico. Correva l’anno 1939 quando Maria Bottini incide “Maramao perché sei morto”. Alcuni giorni dopo, però, moriva Costanzo Ciano e a Livorno si attivarono immediatamente per erigergli un monumento alla memoria del personaggio che era affabilmente soprannominato “ganascia” per via delle sue scorpacciate di “cacciucco”.
Una sera, però, alcuni ragazzi deposero sulla base dell’erigendo monumento alcuni foglietti coi versi di “Maramao perché sei morto” e il povero Panzeri, che probabilmente non c’entrava niente, venne immediatamente convocato dalla censura per dimostrare che aveva scritto la canzone prima che Ciano morisse.
Ma i guai per Panzeri non finirono qui perché anche “Pippo non lo sa”, radiografato dalla censura, fu dichiarato offensivo per Achille Storace e altri guai seguirono perché il Regime vedeva offese dappertutto nei suoi versi.
Lui, poveretto, smentì sempre le sue intenzioni satiriche, ma ormai ogni sua canzone era destinata a finire sotto la lente e, dopo la guerra, perfino in “Papaveri e papere” furono trovate allusioni alla realtà politica anche se il maestro aveva visto giusto perché pure ai nostri giorni i “papaveri” sono “alti, alti, alti” e per le “paperine” non c’è proprio niente da fare.
Secondo altre esegesi i papaveri che svettavano sui campi di grano rappresentavano il Partito Comunista Italiano. L’idea piacque assai ai “Comitati civici” della Dc e così i papaveri, recisi da un paio di forbici, finirono in un manifesto elettorale. Potenza della musica!
Portano la firma di Panzeri anche “Nessuno mi può giudicare” portata al successo dalla scatenatissima Caterina Caselli, “Carolina dai”, “Io tu e le rose”, “La tramontana” e “Fin che la barca va”.
Firmò anche “Lettera a Pinocchio” che divenne un successo di Johnny Dorelli ma anche (con Testoni e Max Springher) la famosa “Ai romani piaceva la biga” e non si trattava di certo della famosa “biga alata” del mito di Platone, bensì di una delle più famose canzoni a doppio senso che sia mai stata scritta. Ricordo che un vecchio juke box l’aveva inserita nei suoi dischi e quando tornavamo da scuola si correva al bar per ascoltarla. La cantava Ruggero Oppi, che veniva dal jazz e che aveva una band alla quale partecipò anche il primo Sergio Endrigo. Quante risate! Ma oggi, forse, è rimasto solamente Pinocchio. “Dov’è il Gatto che t’ingannò, il buon Grillo che ti parlò, e la Fata Turchina dov’è?”. Già, dove sono? Ogni tanto me lo chiedo anch’io.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).