Sui centocinquant’anni dell’unità d’Italia si è detto di tutto e di più e ora che questo 2011 sta ormai per arrivare al capolinea mi piace ricordare uno scritto del poeta Vincenzo Cardarelli sul 1911, quando l’Italia si apprestò a celebrare il cinquantesimo dell’Unità d’Italia.
Cardarelli scrisse che su quell’anno gli sarebbe piaciuto girare addirittura un film e gli argomenti sicuramente non gli sarebbero mancati. Era l’anno, infatti, della Esposizione internazionale di Valle Giulia e della inaugurazione del Palazzo di Giustizia, del Ponte Vittorio Emanuele, del Giardino Zoologico, ma soprattutto fu l’anno della inaugurazione del Vittoriano, alias Altare della Patria, che oggi accoglie con il suo abbacinante candore quanti arrivano dalla via del Corso.
Chi è pratico dell’Urbe sa benissimo che guardando il Vittoriano si ha alla destra l’imponente Palazzo Venezia, ma scommetto che pochissimi sanno che questo palazzo fu letteralmente spostato di una ventina di metri “più in là” proprio per lasciar spazio al Vittoriano.
Incredibile ma vero!
E chi poteva realizzare un’operazione del genere se non i soliti americani? Fu infatti una ditta americana a smontare pezzo per pezzo, anzi pietra su pietra, il palazzo. Ogni pietra venne accuratamente numerata e tutto il palazzo interamente ricostruito. Così, conclude Cardarelli, i “buoni Quiriti” (come venivano definiti i romani del tempo) constatarono “che un palazzo si può spostare come un mobile e quello che più colpisce è la meticolosità, la pazienza di una simile opera”. E sul luogo dove un tempo sorgeva il Palazzo Venezia si ammira oggi una graziosa “isoletta arborea”.
Ma la festa del cinquantenario fu funestata da un incidente. Nel bel mezzo della inaugurazione dello zoo, l’assessore alla Pubblica Igiene salì su una sedia e invitò i giornalisti “a constatare di persona come certi giornali stranieri, diffondendo la notizia del colera in Italia, avessero approfittato di alcuni casi ordinari di gastroenterite per mandare a monte i festeggiamenti del nostro Cinquantenario”. I festeggiamenti, dunque, furono un vero flop e Cardarelli, che in quell’anno era un “laborioso reporter” dell’Avanti, scrive che il Comitato romano per i festeggiamenti chiuse il suo bilancio del 1911 con un deficit enorme. L’estate, continua ancora Cardarelli, passò squallidissima e un’infinita malinconia regnava sulla spiaggia di Riccione Marina nei primi di autunno, quell’autunno che lo stesso Cardarelli avrebbe meravigliosamente cantato.
Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Semplicemente fantastico.
Cardarelli, nella prosa “Autunno”, invita a leggere “Canto d’autunno” di Baudelaire prima di andare a dormire. Non fatelo, perché altrimenti farete fatica a prender sonno. Bastano i primi versi per togliere il sonno:
Presto affondiamo in tenebre di gelo:
luce viva di troppo corte estati, addio!
Le corti estati! Già. Troppo corte. Sole, caldo, afa, ombrelloni, bibite gelate… questa è l’estate, che Cardarelli definisce “la più antisociale delle stagioni”. Qui, in estate, Cardarelli scrive che “l’uomo, deposto il suo abito consueto, si mette in costume da bagno, torna ad essere quel che natura lo ha fatto. Ed ecco, tutti i valori si capovolgono come alla guerra. Davanti all’innumerevole riso del mare le disuguaglianze economiche e sociali scompaiono e non sussistono se non quelle di ordine fisico, senza rimedio. Il maggior privilegio, adesso, consiste nell’esser giovani, la peggior dannazione è la vecchiaia, e solo il brutto è immorale. Un bel corpo si rivela infinitamente più prezioso di una bella anima…”. Ecco cosa scriveva il fantastico Cardarelli. E se prima vi ho ricordato un suo scritto che parlava del 1911, io voglio raccontarvi invece dell’estate del 1961, anno in cui festeggiammo, senza l’enfasi e il tam tam di quest’anno, il primo centenario dell’unità d’Italia. La colonna sonora fu “Legata a un granello di sabbia” di Nico Fidenco e l’orgoglio nazionale si concentrò a Torino, sulle rive del Po, dove venne allestito una grande esposizione. Ero giovane studente allora e ricordo che il nostro liceo organizzò una gita proprio a Torino e in particolare alla grande expo “Italia 61”. Salimmo sulla monorotaia, provammo l’ebbrezza del cinerama ed avemmo un incontro ravvicinato con i primi “cervelloni elettronici” che erano grandi come bauli. Sono passati cinquant’anni, cinquant’anni che sono filati via velocissimi, più dei neutrini che in questi giorni si sono scapicollati da Ginevra al Gran Sasso suscitando grande scalpore. “Son le leggi d’abisso così rotte?” avrebbe esclamato Catone. Ai posteri l’ardua sentenza. Per ora accontentiamoci di prender coscienza del fatto che in natura nulla è fermo, ma tutto cambia. Panta rei. Lo disse il vecchio Eraclito un po’ di tempo fa. E aveva proprio ragione. Accidenti se aveva ragione!
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).