Latito da questa rubrica da ben due mesi, l’ultima bollicina essendo targata 1 agosto, e questi due mesi di “vacanza” sono da imputare ad un motivo molto semplice: volevo scrivere la trecentesima “bollicina” in maniera straordinaria, un bollicina da farvi lasciare tutti di stucco, di quelle che sarebbero passate alla storia e invece macché, me ne stavo in montagna in mezzo a prati odorosi di genzianelle e pensavo a cosa diavolo avrei scritto nella mia trecentesima bollicina, mi rosolavo al sole sulla spiaggia del Lido di Spina e mi chiedevo cosa avrei scritto per festeggiare questo numero e invece niente, avvertivo che dentro alla mia cucurbita stava bollendo una grande idea e attendevo con ansia il passaggio del Vulcano di turno che mi desse una bella martellata sulla fronte per fare uscire l’idea proprio come fece con Giove quando nacque Minerva, che uscì dalla sua testa già vestita da guerriera e allora si capisce come mai Giove avesse questo dannatissimo mal di testa, oh che male oh che male diceva il padre degli dei e poi per sua fortuna arriva Vulcano nei panni della “levatrice” e il resto è storia nota, anche se non credo che Giove immaginasse che molto avanti negli anni il termine Minerva sarebbe stato usato per definire un certo tipo di fiammiferi, quelli fatti di cera e con la capocchia senza fosforo e con i quali ci siamo divertiti a costruire razzetti con la stagnola, si faceva così, si prendevano tre cerini e li si univa con della carta stagnola dalla parte delle capocchie poi si allargavano i cerini in modo tale da far stare in equilibrio il tutto quindi con un altro cerino si faceva fuoco sotto e zufffff il missile partiva lasciandosi dietro una scia azzurrognola e puzzolente, io mi sono divertito tanto a farne a scuola, al liceo pensate un po’, il mio banco era diventato tutto nero e il prof o la prof mentre spiegavano dicevano ehi, che succede laggiù, beh non succedeva niente di particolare se non qualche missile che partiva, ecco ci si divertiva in questo modo e poi quella volta uno di noi disse, sapete che si possono fare missili usando i fiammiferi controvento, io non so se esistano ancora questi fiammiferi controvento che erano fiammiferi con una capocchia grande così che tu potevi accendere anche se andavi in motocicletta o magari soltanto in bicicletta e dunque questi fiammiferi erano davvero straordinari e con le loro capocchie si costruivano missili che parevano salsicciotti, ma mica li potevi lanciare dal banco di scuola, occorrevano ampi spazi e allora alla sera si andava in campagna per far partire questi missili che facevano una puzza come quelli veri.
Beh come bollicina numero 300 devo convenire che non è proprio un granché e allora potrei raccontarvi qualcosa su questo numero 300 che, come si legge in Wikipedia, è il numero naturale dopo il 299 e prima del 301, non so se ci avete mai fatto caso, ma provate a verificare e vi accorgerete che è proprio così, con la matematica non si scherza. E poi questo “trecento”, che si scrive 300 in arabo e CCC in romano (sembra una super-armata di Carabinieri!), è numero “abbondante”, vale a dire è minore della somma dei suoi divisori ed è anche “triangolare” nel senso che potete disporre i numeri da 1 a 300 secondo un triangolo. Non tutti i numeri ovviamente sono “triangolari” e se volete verificarlo dovete usare semplicemente questa formuletta
che esprime la “triangolarità” del numero “n” se, fatti i conti, “m” risulta intero. Mi rendo conto che ai poco pratici di formule sarà già venuto un attacco di itterizia, ma credetemi, è proprio così, se sostituite “n” con 300, “m” risulterà uguale a 24 e il gioco è fatto: il 300 è un numero “triangolare”.
Ma forse è meglio lasciar perdere la matematica e ricorrere alla letteratura, terreno meno impervio, per ricordare che Luigi Mercantini scrisse alla fine del 1857 “La spigolatrice di Sapri”, che racconta la sfortunata impresa di Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie (io ne conosco solamente una, ma l’altra dov’è? Mah, misteri della storia).
Povero Mercantini!
Lui sudò sangue per scrivere la sua “Spigolatrice” e oggi la gente ricorda solamente “Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!”. Però si sarebbe consolato al pensiero che a Sapri, sullo scoglio dello Scialando, qualcuno avrebbe eretto la statua della Spigolatrice, mentre Gian Paolo Callegari nel 1952 avrebbe girato anche un film intitolato “Eran trecento”, con Rossano Brazzi che interpreta il capo Paolo detto Volpintesta. Ma quello che vi volevo dire è che questo Mercantini, che scrisse anche il famoso “Inno a Garibaldi” (quello che inizia con “Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti…”), fu anche il direttore di “La Donna”, vero capostipite dei periodici femminili al quale collaborarono Nicolò Tommaseo e Francesco Dell’Ongaro. Insomma questo Mercantini era proprio un grande. Se ne accorse anche Giovanni Pascoli che disse di lui: “Mercantini è il poeta a me più ammirabile. Egli, se non proprio i morti dai sepolcri, risuscita ciò che è sepolto nei nostri cuori… ciò che più non morrà!”.
Ecco quanto mi ha suggerito il numero Trecento. In verità ci sarebbero molte altre cose da dire. Nel 2007, ad esempio, uscì il film “300” di Zack Snyder, con particolari effetti di animazione. E il “Trecentonovelle” di Franco Sacchetti dove lo mettiamo? E, ancora: ma erano proprio trecento le novelle di Sacchetti? Le edizioni ne portano solamente 258. Attenzione, dunque. Un lettore pignolo potrebbe anche far causa per titolo mendace.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).