Ricamo qualche pensiero intorno alla famosa data del cinque maggio che in questi giorni molti hanno celebrato per ricordare la partenza dei Mille di Garibaldi che, come tutti sanno, salparono da Quarto e approdarono a Volturno. L’impresa si concluse sei mesi dopo, il 26 ottobre dello stesso anno, con lo storico incontro fra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano anche se non è detto che i due si siano incontrati proprio lì, gli storici stanno dibattendo sul luogo dove è avvenuto questo capolavoro d’incontro e potrebbe essere il bivio di Taverna della Catena nella vicina Vairano Scalo frazione del comune Vairano Patenora, provincia di Caserta per essere esatti ma, dico io, provate a paragonare “l’incontro di Teano” con “l’incontro di Vairano Patenora”, dai, Teano lo memorizzi subito mentre per memorizzare Vairano Patenora ce ne vuole e comunque ormai la cosa è fatta e il “dove” è una quisquilia.
Intanto devo dire che questa storia dei Mille mi fa subito venire in mente il romanzo di Luciano Bianciardi che alla spedizione garibaldina dedicò un poco noto “Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille” che fece uscire proprio nel 1960, anno della ricorrenza centenaria. Vi dico la verità, il romanzo non l’ho mai letto perché non mi piacciono i romanzi storici, ma prima o poi lo leggerò perché Bianciardi mi piace e adesso poi abbiamo la comodità di avere a portata di mano tutta la sua produzione nei due volumi “L’Antimeridiano” che raccolgono l’opera omnia dello scrittore. Li ha pubblicati la casa editrice ExCogita, che è proprio un bel nome per una casa editrice.
Ma il 5 maggio fa venire alla mente anche la morte di Napoleone e il famoso incipit di Manzoni “Ei fu siccome immobile…” che per la verità non mi è mai sembrato un granchè e quando in quinta liceo ce lo fecero studiare ricordo che recitavamo anche la parodia che ne aveva fatto Renato Rascel, “Ei fu siccome immobile, salì sull’automobile, scese dall’altra parte, Napoleone Bonaparte” che, devo dire, non è che sia granché, ma almeno era divertente.
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E parlando di cose serie il 5 maggio mi ricorda anche il filosofo Soren Kierkegaard che nasceva a Copenaghen proprio il 5 maggio del 1813. E il romanzo di Tomasi di Lampedusa dove lo mettiamo? Il famoso “Gattopardo”, che Elio Vittorini bocciò (anche gli eroi piangono e a volte sbagliano), è ambientato proprio nel 1860 che è l’anno della famosa spedizione.
Ma nell’anno della spedizione dei Mille, il 6 giugno del 1860, moriva Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, detto conte di Cavour, di Isolabella e di Leri che, per fortuna della toponomastica (vi immaginate una targa stradale con tutto quel po’ po’ di nomi?), è più noto come Camillo Cavour, quel Cavour che sul letto di morte pare abbia lasciato ai posteri la famosa frase che da centocinquant’anni si legge nei libri di storia: “… Abbiamo fatto abbastanza, noialtri: abbiamo fatto l’Italia, sì, l’Italia: e la cosa va…”. Meno famoso, ma forse più veritiero, il commento di quella linguaccia di Leo Longanesi a quel solenne epifonema: “’La cosa va’: in quelle tre parole, a pensarci su, a ripetersele col tono di voce di chi sta per rendere l’anima a Dio, c’è un ottimismo contenuto che non persuade, che resta lì, a mezz’aria, a dirci che il povero conte di fiducia non ne aveva troppa nelle nostre capacità di tener in piedi l’Italia. Sì: ‘la cosa va’. È sempre andata dalla morte del conte; la cosa ‘va’ ancora… Ma è una ‘cosa’ misteriosa, una misteriosa cosa ‘che va’, e non se ne sa il perché”.
Tutto questo scriveva Leo in “Ci salveranno le vecchie zie?”, che è stato recentemente ristampato con il contributo del Comune di Bagnacavallo in occasione del centenario della nascita di Leo Longanesi (2005). All’epoca ci fu molto fermento attorno al nome di Longanesi e chi scrive queste righe fece presente al comitato istituito per le celebrazioni longanesiane che il centenario sarebbe stato l’occasione per ristampare l’Opera omnia, una operazione che avrebbe potuto impegnare due anni dal momento che due anni dopo, nel 2007, sarebbe caduto anche il cinquantenario della morte (2007). E invece i monti hanno partorito due piccoli topolini, le “vecchie zie” e un altro titolo (“Parliamo dell’elefante”), e al posto dell’”Opera omnia” è stato allestito a Bagnacavallo un “Giardino degli Aforismi”, con tante panchine in ferro battuto sulle quali sono stati incisi alcuni degli aforismi più famosi di Leo. Il Giardino è sicuramente molto suggestivo ma gli aforismi, purtroppo, sono praticamente illeggibili. Ora, per la verità, tutto questo non c’entra nulla con la Spedizione dei Mille da cui siamo partiti, ma ormai questa “Bollicina” mi è venuta così e dunque chiedo venia, non prima però di avervi passato un altro pensiero.
Siamo alla vigilia dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia e io ricordo benissimo il 1961 quando si celebrò il centenario. Stavo terminando il liceo e serbo memoria di una straordinaria gita a Torino nei padiglioni di “Italia 61” dove ammirammo la monorotaia (che emozione percorrere quei 1800 metri!) e il cinerama. Oggi, cinquant’anni dopo, ho ahimè mezzo secolo in più sulle spalle ma in compenso faccio parte del comitato per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità italiana istituito dalla mia città. Cinquant’anni fa, con la testa che mi trovavo sul collo, non avrei mai pensato a una cosa del genere. E tutto questo è semplicemente fantastico. Viva l’Italia! Quell’Italia che, come ha detto Longanesi, ancora “va”!
Franco Gàbici
La citazione di Leo Longanesi è tratta da “Ci salveranno le vecchie zie?”, Milano, Longanesi, 2005, p. 11.
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(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).