Quarant’anni fa ero a casa di Eraldo S., oggi affermato notaio della mia città, insieme a una bella frotta di amici per seguire da vicino le vicende dell’Apollo 11 in quella lunghissima diretta televisiva che ci mandò a letto che era giorno fatto, ma ne valeva la pena, oh sì se ne valeva la pena perché quella notte fu davvero speciale, si andava sulla Luna, mica fuori porta e noi tutti eravamo testimoni di una avvenimento eccezionale. Che notte quella notte, avrebbe cantato Fred Buscaglione, che notte ragazzi e che emozione seguire passo su passo e con l’allegria dei vent’anni quella straordinaria vicenda.
Tornai a casa suonato come una campana, ma prima passai all’edicola della stazione e acquistai tutti i giornali che nel frattempo erano usciti, titoli cubitali per un evento cubitale e poi a nanna a dormire e a pensare alla Luna appena conquistata.
Sono trascorsi quarant’anni da quella notte e nel frattempo la Luna ha inanellato attorno alla Terra quasi cinquecento orbite durante le quali ne ha viste di cotte e di crude, veramente, e se fino a qualche tempo fa l’uomo si chiedeva “Che fai tu Luna in ciel, dimmi che fai silenziosa Luna?” adesso è la Luna che si rivolge all’uomo per chiedergli “Che fai tu uomo in terra, dimmi che fai stupidissimo uomo?”, sì, stupidissimo perché stiamo facendo di tutto per rovinare questo povero pianeta che dopo tutto è la nostra casa.
21 luglio 1969! Gli orologi segnavano le 4, 17 minuti e 39 secondi ed eravamo alle soglie di un giorno che sarebbe entrato nella storia. Ci siamo riempiti gli occhi di immagini in bianco e nero e abbiamo assistito a duelli terrestri che ancora oggi fanno discutere. La sindrome del “sono arrivato prima io” intanto colpisce i protagonisti di quella serata. Tito Stagno urla entusiasta: “Ha toccato! Ha toccato in questo momento il suolo lunare!” ma da Huston arriva la voce di Ruggero Orlando che smentisce: “No, mancano ancora dieci metri”. Luciano Bianciardi, svagato testimone di quella sera, scrisse che Stagno e Orlando giocavano a “ping pong” con la Luna e mentre la Luna-pallina rimbalzava fra Roma e Huston il grande Luciano scuoteva la testa e se lo avessero fatto parlare avrebbe detto cose da far rizzare i capelli. Sì, in mezzo agli entusiasmi lunari ci voleva che qualcuno uscisse dal coro e Bianciardi lo fece, scrivendo che lui della Luna gliene importava poco, anzi definì tutta l’impresa “una sontuosa e costosissima idiozia” e ci prese gusto a fare dell’ironia sulla grande avventura dell’”Apollo 11” che stringi stringi annunciato a tutto il mondo che la terra era un pianeta colorato! Vista dall’alto la terra è meravigliosa e colorata. Davvero. I due poli sono bianchi, gli oceani azzurri, le terre marroni e i boschi verdi. Incredibile! La tecnologia ci ha rivelato i colori della Terra. Fantastico! E un astronauta avrebbe pure detto da lassù che la Terra è proprio un posto meraviglioso per abitarci al punto che, una volta scoperti i suoi colori, non vedeva l’ora di ritornare.
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E il LEM, il grande airone che andò a posarsi sulla Luna? Per lui Bianciardi confezionò una battuta fantastica: “Quando diventerà vecchio lo chiameranno matusaLEM!”.
Ma da scrittore e poeta qual era volle lanciare anche un proclama per invitare a impiegare meglio tutti quei soldi: “Con queste somme, si potrebbe esplorare la terra, che per due terzi (il fondo degli oceani) ci è quasi sconosciuta. Oppure si potrebbe creare una fondazione, e coi proventi dar di che vivere ai poeti e agli scrittori (quorum ego) che ammirano la luna. La fondazione Giacomo Leopardi”.
Ecco un modo diverso e intelligente di parlar di Leopardi senza tirare in ballo le sue arcinote e scontate poesie lunari. Anche Guido Piovene (ma chi era costui?) tirò dentro il grande Giacomo quando scrisse un entusiastico pezzo a favore delle imprese spaziali. E che un letterato si sbilanciasse a favore della scienza era veramente una cosa eccezionale. Sembrava il Vincenzo Monti dell’”Ode al signore di Montgolfier” in edizione riveduta e corretta. Sentite cosa scriveva Piovene alla fine del 1959: “Non possiamo ridurci a un mondo che gode solo del week end, del rasoio elettrico e del frigorifero, di gente pigra ed annoiata, e magari di letterati che, per mancanza di argomenti che toccano veramente gli animi, hanno sempre meno da dire. Del resto ciò che scrivo è antico e dovrebbe piacere agli umanisti più che ai tecnici. Leopardi non avrebbe pensato diversamente. Rilegga, chi ne ha voglia, la canzone Ad Angelo Mai, e l’applichi ai casi di oggi”. Alzi la mano chi ricorda questo Angelo Mai. E allora andatevi a rileggere questi versi leopardiani e ritroverete il senso della scoperta e del veramente nuovo. Così la conquista della Luna diventa anche un fatto culturale. 21 luglio 1969. Quella notte l’uomo capì che non sarebbe più stato né Icaro né Ulisse, perché il progresso gli aveva confezionato ali ben più solide della cera e gli aveva messo in mano potenti mezzi coi quali avrebbe potuto navigare su qualsiasi mare senza la paura di naufragare.
Mentre scrivo la luna è nella fase del novilunio, vale a dire non si vede. Luna dispettosa. Mentre tutti stanno parlando di lei, lei si è defilata e ci ha lasciato soltanto il tremolio delle stelle. La Luna è pudica e vuole conservare intatto il suo aspetto romantico. Per questo non si è fatta vedere sui nostri orizzonti. La Luna è silenziosa e non ama il chiasso. Ah la Luna!
Franco Gàbici
Le citazioni di Luciano Bianciardi sono tratte da L.Bianciardi, L’antimeridiano. Opere complete, volume 2, Milano, Il Saggiatore ed ExCogita Editore, 2008.
La citazione di Guido Piovene è tratta da «Epoca», 1 nov 1959.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).