Sabato sera chi è passato davanti al Colosseo a Roma, o al Castello Sforzesco di Milano, o alla Torre di Pisa o all’Arena di Verona e ha trovato tutto spento avrà pensato di telefonare all’Enel per segnalare il guasto, ma in questo caso non si trattava affatto di un guasto ma di una cosa normale.
Sabato 28 marzo, infatti, si è celebrato in tutto il mondo l’”Earth Hour”, una iniziativa nata tre anni fa a cura del WWF per sensibilizzare i “grandi” della Terra e chiedere loro di darsi da fare per arginare i problemi legati ai cambiamenti climatici e dal momento che, a quanto pare, per vederci chiaro bisogna stare al buio, si è deciso di spegnere per un’ora le luci dei più importanti monumenti del mondo.
Sono stati messi al buio anche la Torre Eiffel e le Cascate del Niagara ed è sceso in pista perfino il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, che ha invitato tutti a partecipare all’iniziativa. E a riprova che non stava affatto scherzando aveva annunciato che avrebbe fatto spegnere per un’ora le luci del Palazzo dell’Onu a New York.
L’iniziativa, però, non ha coinvolto solamente i grandi monumenti e le grandi istituzioni. Tutti, infatti, hanno potuto partecipare spegnendo, ad esempio, tutte le luci di casa propria, televisione compresa.
Lo scorso anno a Sydney, in occasione della seconda edizione dell’”Earth Hour”, più di due milioni di persone all’ora stabilita si sono precipitate sugli interruttori per effettuare questo “black out” programmato a beneficio della nostra Terra, che da un po’ tempo ha la febbre, anche se quasi tutti fanno finta di nulla. Sembra vispa e arzilla mentre intesse le “ellissi del suo disperato dolore” (come direbbe Gadda) attorno al Sole, ma in realtà è molto ammalata e allora è giunto il momento di dare un segnale forte, un gesto di stima e di affetto nei confronti del nostro pianeta fatto oggetto di scempi a non finire.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione su “Una Canzone al Giorno” per riascoltare la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
Questo gesto di spegnere le luci per un’ora a tutte le latitudini è sicuramente, come direbbe Giovannino Guareschi, “bello e istruttivo”, ma purtroppo corre il rischio di diventare una azione folcloristica fine a se stessa. Uno di quei gesti, insomma, che fanno molto parlare i “mass media”, ma che stringi stringi servono a ben poco per non dire a nulla. E infatti gli organizzatori dell’evento anziché annunciare la adesione all’iniziativa di illustri scienziati, si sono premurati di far sapere che hanno dato la loro adesione Francesco Totti, Francesco Facchinetti, Beppe Braida e Camilla Raznovich.
Di questi, per la verità, conosco solamente il Totti, mentre gli altri per me sono tutti quanti illustrissimi Carneadi, ma evidentemente chi di dovere ha pensato bene di nominarli testimonials di questa globale iniziativa anche se personalmente sono più propenso a credere alla coerenza del fruttivendolo che ha la bottega in fondo alla strada o a quella del mio barbiere. Ma purtroppo il fruttivendolo e il barbiere non fanno spettacolo mentre gli altri sopra menzionati sì e noi, ahinoi, siamo attirati dallo spettacolo come le falene che svolazzano attorno a una lampada accesa.
Il fatto è che mentre sulla terra molti si stanno impegnando a spegnere per un’ora la luce delle case o dei grandi monumenti, pochi pensano che da troppo tempo sono spente le luci nella testa di certa gente e pertanto occorrerebbe un gesto assai più coraggioso: invitare tutti ad accendere il lume perduto dell’intelligenza e del buon senso, unico rimedio per risolvere i gravi problemi del nostro tempo.
Ma vogliamo essere ottimisti.
Un lume acceso, ancorché debole e flebile, sicuramente saprà meglio risaltare nel buio.
Solo secondo questa prospettiva avrà un senso far correre la terra per un’ora a fari spenti. E noi avremo la licenza di credere che questo “black out” possa veramente essere servito per far risaltare la luce della buona volontà.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).