Prima di scrivere questa “Bollicina” mi sono fatto, come si dice, un giro in Internet per vedere chi fosse mai questa Chiara Baschetti che il sommo Dante sicuramente avrebbe sistemata nel terzo canto dell’Inferno a far compagnia a Celestino V, al secolo Pietro Angeleri (o Angelerio), perché entrambi accomunati da un “gran rifiuto”.
La Baschetti, infatti, è salita sulla ribalta delle cronache per aver rifiutato l’offerta del festival di Sanremo, per la precisione trentamila euro.
Celestino V si è guadagnato la fama, credo, per molto meno.
La valletta è sicuramente un personaggio famoso come stanno a dimostrare i ben 54200 siti a lei dedicati mentre io ne ho solamente 7320, una miseria, non lo nego, ma io mica sono una modella e nemmeno un modello. Ma, nonostante ciò, io non sapevo dell’esistenza di questa modella e la sua vicenda l’ho appresa per caso leggendo il giornale. È una romagnola come me, ha ventidue anni, io invece ahimé ne ho tre volte tanto e sicuramente siamo distanti molti anni luce perché se a ventidue anni mi avessero offerto 30 mila euro io sicuramente avrei fatto da valletto a tutti i festival della penisola, da Campione d’Italia fino a Canicattì. Lei, invece, ci ha sputato sopra.
La questione, per la verità, non mi sfiora più di tanto perché da anni io non guardo il festival e considero quella settimana una bella settimana di vacanza dalla tivù. Non lo guardo proprio, perché non è per nulla interessante e poi perché ritengo che sia un povero cadavere che a tutti i costi si tenta di farlo rivivere. E invece il festival è morto da un bel pezzo. Bisognerà che qualcuno abbia il coraggio di dirlo agli organizzatori.
Il fatto, però, mi fa meditare sulle cifre folli che girano in certi ambienti.
Ho sempre sostenuto che gli amministratori della Rai non hanno ben capito come funzioni il gioco delle audience e che qualsiasi cretino può salire alla ribalta della fama purché la sua faccia sia sbattuta più volte al dì sul teleschermo. Non è gentile fare nomi, ma aprite la televisione e ve ne renderete conto da soli. Alzi la mano chi non ha mai pensato “beh, se quello lì è in televisione potrei andarci anch’io”… Pensate a cosa sarebbero i divi della televisione senza la televisione. Non sarebbero nessuno. Dei banalissimi Pincopallini.
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È la televisione, dunque, che crea i divi, crea i personaggi, li tira fuori dal limbo del nulla e li proietta sulla ribalta della notorietà. E la cosa più assurda è che la Rai li paga anche, e li paga fior di quattrini. Se a una valletta vengono offerti 30 mila euro per dire “signore e signori buona sera” per sei serate di fila, chissà quanti euro vengono offerti al presentatore, quel presentatore che quando dalla Rai è passato a Mediaset fece scoppiare quasi un caso nazionale. Morto un presentatore, invece, se ne fa un altro. Quando Pippobaudo se ne andò dalla Rai definendola “nazionalpopolare”, molti pensarono al funerale della Rai e invece è accaduto che il Pippobaudo è ritornato. Fossi stato io il presidente della Rai lo avrei lasciato dove era andato. Altrochè. Ma evidentemente quelli della Rai ragionano in uno strano modo.
Pochi giorni fa è morto Gianluigi Mariannini. Lo ricordate, quel giovane eccentrico e galante che faceva bella mostra di sé nelle puntate di “Lascia o raddoppia?”. I giornali hanno dato la notizia della morte perché Mariannini era un personaggio, un personaggio creato dalla televisione. Lui aveva tre lauree, in filosofia, giurisprudenza e diritto canonico, ma se è diventato famoso non lo è stato di certo per le sue tre lauree, ma per il semplice motivo che la televisione lo ha lanciato accanto a Mike Bongiorno.
La televisione è proprio una faccenda stupida perché crea personaggi e poi per giunta li paga. Io farei il contrario e direi a questi personaggi: se proprio volete fare i personaggi questa è la tariffa, un tanto a sera e se no statevene a casa vostra che di divi potenziali son piene le fosse.
A volte sarei tentato di candidarmi. Ho una certa esperienza di presentatore e chi mi segue dice che me la cavo bene e che sono pure simpatico. Sicuramente farei risparmiare alla Rai un bel gruzzolo di soldi perché mi accontenterei del compenso rifiutato dalla valletta. Ma il fatto è che non so a chi rivolgermi.
Purtroppo non sono famoso.
E per essere famosi bisogna andare in televisione.
Sento un addolorato “ahi”.
È il serpente che si è morsicato la coda.
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(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
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