Cento anni fa nasceva James Stewart (20 maggio 1908) e non mi sembra che i giornali si siano sprecati molto a ricordarlo, tutti impegnati fra l’altro a dedicare spazio al festival di Cannes e al bacio saffico fra la Bellucci e la Ferida nel film “Sanguepazzo”, che sicuramente non andrò a vedere se proprio lo volete sapere, perché a me piace sì il cinema, ma il cinema di una volta, quello di Hollywood tanto per capirci e James Stewart è stato uno dei grandi di quel periodo che ha regalato magie e sogni a piene mani.
Ah, James Stewart, lo ricordo nella divisa di aviatore in “Aquile nell’infinito” (1955) di Anthony Mann in coppia con June Allyson che interpreta sua moglie, la tipica “sugar wife” che vive all’ombra del marito e del quale è succube al punto che quando Stewart prende la decisione di continuare la sua “ferma” in aviazione lei si mette a piangere perché lui non l’ha messa al corrente della sua decisione e piange e piange come una fontana anche perché è incinta. Le donne quando sono in attesa sono sicuramente più fragili, e dunque la Allyson piange e piange ma lui ha già addosso la divisa e se ne va al campo di aviazione perché volare in fondo gli piace e alla moglie in lacrime regala il concetto tutto maschilista che recita più o meno così “ci sono certe decisioni che un uomo deve prendere da solo”, le donne dunque non devono interferire essendo considerate ovviamente degli esseri inferiori.
Perché non capite “Una Canzone al Giorno”?
Io guardavo tutte queste scene succhiando i ghiaccioli alla menta seduto nelle poltroncine di ferro dell’Arena Corso che era il cinema all’aperto gestito dai Salesiani e vi assicuro che era una arena bellissima perché confinava con il cosiddetto palazzo di Teodorico mentre, se alzavi lo sguardo, incontravi il campanile di Sant’Apollinare Nuovo, la basilica ravennate che è famosa in tutto il mondo per i suoi mosaici bizantini anche se io non è che pensassi a queste cose mentre succhiavo il ghiacciolo alla menta, però sapevo di abitare in una città straordinaria che in passato era stata addirittura capitale dell’Impero romano e poi c’era questa Arena Corso davvero straordinaria che io frequentavo assiduamente perché don Luigi spesso ci faceva entrare senza pagare il biglietto o addirittura ci portava a vedere il film sul terrazzo della cabina di proiezione. Tu te ne stavi lassù a guardare la platea dall’alto mentre scorrevano sullo schermo le immagini dei film: quelle di “Aquile dell’infinito” erano per davvero straordinarie, con le riprese dai B-47 che ti lasciavano senza fiato. Ma anche “La storia di Glenn Miller” non era da meno, sempre con James Stewart e June Allyson, una bella coppia, non c’è che dire. Lui alto e magro e lei piccolina e dolce, ma poi alla fine va a finire che lui muore, siamo in guerra e la morte è in agguato dappertutto, Glenn Miller cade con l’aereo e June Allyson rimane da sola e una scena del film la ritrae accanto a una fotografia del suo Glenn mentre con la mano si accarezza il collo come se fosse affetta da un fastidioso torcicollo.
E' una scena veramente straordinaria e toccante al punto che, lì per lì, mi vien quasi voglia di sposarla.
Così va a finire che mi innamoro della June Allyson. Ho appena quattordici anni ma mi sento già adulto e pur di far felice la June rimasta sola sarei disposto perfino a sposarla, a metter su casa con lei, anche se il progetto non è di facile realizzazione perché c’è l’oceano di mezzo e poi lei ha vent’anni più di me, è una attrice affermata mentre io non sono nessuno. Ma da grande sicuramente diventerò qualcuno, su questo potete star sicuri, così potrò volare in America per andare a sposare June Allyson che poi si chiamava Eleanor Geisman e da piccola era costretta a indossare una protesi ortopedica per via di una bruttissima caduta, ma un bel giorno le capita di vedere un film con Fred Astaire e così decide di dedicarsi al ballo per recuperare le facoltà motorie ma sotto sotto covando il sogno di diventare una stella come lui.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
Infatti, nel 1938, debutta a Broadway come ballerina nel musical “Sing Out the News” e poi passa allo schermo e diventa June Allyson.
Ecco allora cos’era l’America, un paese dove una ragazzina che porta una protesi a seguito di una brutta caduta può diventare una stella dopo aver visto un film con Fred Astaire, mentre io quando in terza elementare cascai e mi ruppi il braccio mi portarono all’ospedale e la cosa finì lì.
Anzi, no, non è vero che finì lì perché ricordo che pur con il braccio al collo riuscivo ugualmente a fare i compiti con la sinistra e scrivevo proprio bene al punto che la maestra si rivolgeva ai più somari della classe mostrando loro i miei quaderni e dicendo loro guardate quanto è bravo Franco che scrive con la sinistra mentre voi che potete usare la destra scrivete a zampa di gallina. Insomma mi sentivo un eroe proprio come James Stewart che oggi compirebbe cento anni e che invece si è fermato a ottantanove nel 1997, ma per tutti noi James Stewart è sempre vivo perché gli attori non muoiono mai. Le vecchie pellicole giravano continuamente da una bobina all’altra dietro agli obiettivi delle macchine da proiezione con quell’allegro cicaleccio simile al rumore delle cartoline illustrate che facevamo passare fra i raggi della bici per avere l’idea di cavalcare un motorino, e girando e girando pareva che il tempo si mangiasse la coda restando sempre in bilico su se stesso.
Ecco perché James Stewart è sempre lui e non cambia mai mentre noi cambiamo, oh, sì, se cambiamo, ma noi non siamo attori, questo è il guaio, ma nemmeno lui lo era, nel senso che non era il solito farfallone che cambiava moglie ad ogni giro di manovella. No, lui si sposò una volta e rimase fedele sempre alla sua prima moglie e inoltre, prima di passare al cinema e lavorare con registi del calibro di Alfred Hitchcock, Anthony Mann, John Ford e Billy Wilder si laureò in architettura e fu anche pilota dell’aviazione americana.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione su “Una Canzone al Giorno” per riascoltare la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
Per celebrare i suoi 75 anni la sua città natale, Indiana, gli eresse una statua e un museo, un altro monumento gli fu innalzato nel Griffith Park di Los Angeles e lo scorso anno le poste americane gli dedicarono anche un francobollo.
Insomma questo James Stewart fu veramente un grande attore e mi è dispiaciuto che pochi lo abbiano ricordato.
Purtroppo “sic transit gloria mundi”.
Franco Gàbici Commenta quanto hai letto sul Blog che dà liberamente voce al pensiero di tutti: The Web Park Speaker's Corner
Per scrivere a Franco Gàbici
Clicca qui
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
Sei una Banca o un imprenditore e vorresti fare un'intelligente sponsorizzazione culturale? Scrivici: ed@simonel.com Noi qualche idea interessante ce l'abbiamo... CLICCA QUI