Questa poi. Tu magari pensi che l’infinito sia associato al cielo stellato, alla immensità dell’universo, ai sovrumani spazi e agli interminati silenzi e invece è sufficiente che tu ti dia uno sguardo al giro-pancia e sei bell’e servito.
Il solito studio americano (ma è mai possibile, dico io, che si studi solamente in America?) annuncia infatti che le cellule adipose, quelle responsabili dell’essere grassi tanto per capirci, non crepano mai e dunque tutta la vita noi la trascorriamo a riempirle o a svuotarle di grasso e così succede che quando ci sottoponiamo ad una dieta e riusciamo a perdere qualche chilo cantiamo vittoria e diciamo oh che bello che sto
Perché non capite “Una Canzone al Giorno”?
diventando un figurino, ma quando invece i ragnetti tessono le loro tele coi fili che gli escono proprio da quella parte là (eppure sono bei ricami e non sembrerebbe nemmeno che quelle bellissime tele geometriche siano cose fatte col c…) dicevo quando invece i ragnetti tessono le loro tele sui nostri vogatori o sulle nostre cyclette (la mia me la regalò mia madre, però usala, mi disse, così ti va via la pancia che mi sembri l’uomo della Michelin, anche se poi non è vero perché non è che abbia la pancia, ma solamente un po’ di stomaco mentre l’uomo della Michelin ha la pancia, anzi ne ha tante di pance se proprio lo volete sapere) quando dunque i ragnetti tessono le loro tele sui vogatori e le cyclettes si ritorna come prima proprio perché, come ha dimostrato questo studio americano, le cellule adipose sono sempre le stesse, e stanno lì in agguato ad aspettare le ragnatele sui nostri attrezzi o sulle scarpe da ginnastica per riempirsi subito di grasso e così addio linea.
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Ci sarebbe, dunque, una specie di principio di conservazione anche delle cellule adipose, in fisica i principi di conservazione sono importantissimi, in natura tutto si conserva e i principi di conservazione sono alla base di tutto, venissero a meno i principi di conservazione poveri noi, sarebbe come entrare in un altro mondo che però potrebbe anche essere migliore di questo, nessuno lo può sapere però non è detto, meglio dunque tenerci il nostro e dunque siccome le cellule adipose si conservano i giornali hanno sbattuto sulla pagina un titolo un po’ bandierone, certo, come lo sono tutti i titoli dei giornali, loro devono vendere, ecco perché ricorrono ai titoli bandieroni, e dunque di fronte alle cellule adipose che sono sempre le stesse e che non muoiono mai hanno sparato la notizia col titolo le cellule adipose sono eterne, magari esagerando un po’, l’eternità non credo possa appartenere alle cellule adipose perché loro sono eterne nel senso che vivono fino a quando viviamo noi che non siamo per nulla eterni.
Detto in altri termini il grasso è sempre in agguato e noi siamo destinati ad espanderci, proprio come sta facendo l’universo, almeno a detta delle ultime teorie cosmologiche, le galassie se ne vanno perché lo spazio si dilata, ecco nessuno ci pensa o meglio la gente sentendo parlare delle galassie che si espandono pensa che le galassie stiano andando “oltre qualcosa” e invece oltre alle galassie non c’è nulla ma allora, direte voi, come fanno ad espandersi e soprattutto “dov’è” che si espandono, ma il problema è complesso perché le galassie si espandono per la semplice ragione che è lo spazio fra loro che si dilata e che si allunga come un elastico e dal momento che abbiamo richiamato l’esempio dell’elastico che si allunga pensate a un palloncino, di quelli che ci venivano regalati alle fiere e che i nostri genitori acquistavano dall’uomo che stava accanto alla bombola per riempire di gas i palloncini e qualche volta un pallone scoppiava oh che ridere e dunque prendete un palloncino e disegnatevi sopra due macchie con il lampostyl o anche con un pennarello e poi cominciate a soffiare, soffia e soffia il palloncino si dilata e le macchie che avete disegnato si allontanano, ma vedete che le macchie non si allontano fuori dal palloncino perché stanno sulla superficie del palloncino, ecco cosa intendevo dire con l’espressione “lo spazio fra le galassie si dilata” e dunque vuol dire che oltre le galassie non c’è nulla e anche questo è un concetto che spaventa e non è facile pensare al nulla o al vuoto totale anche se a volte il concetto di vuoto ti appare tutto a un tratto chiaro soprattutto dopo avere assistito, per sbaglio però, a uno di quei programmi scemi della prima fascia pomeridiana della nostra tivù, con le attricette che raccontano dei loro amori che è una cosa veramente da piangere, ma a parte questo il vuoto e il nulla sono concetti difficili da immaginare.
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Provate a chiederlo a Giacomo Leopardi che sul “nulla” si è ingobbito per tutta la vita. Andate a leggervi un po’ di “Zibaldone”, sì lo ammetto che è una proposta balzana perché oggi nessuno legge più lo “Zibaldone” e scommetto pure che c’è gente che non sa nemmeno cosa sia questo “Zibaldone”, eppure sono pagine e pagine scritte con la penna d’oca e magari anche al lume di candela su quel tavolino piccino appoggiato alla finestra che si affaccia sulla piazza di Recanati dove i bambini schiamazzano allegri, il passero se ne sta a cantare le sue malinconie d’in sulla vetta della torre e lui invece se ne sta ingobbito a scrivere sul quaderno che “dove è nulla quivi è spazio, e il nulla senza spazio non si può dare”.
Uno magari potrebbe dire ma che razza di pensieri son questi, però con questi pensieri lui è diventato Leopardi e tu non sei nulla, proprio quel nulla di cui parla Lui, il grande poeta, che era magro come un chiodo, però anche lui aveva la sua razione di cellule adipose anche se resta da capire come mai lui non si sia ingrassato nonostante la vita sedentaria che conduceva, non mi dite che il vecchio Leopardi faceva il vogatore e la cyclette perché non ci credo (sì, d’accordo, ai suoi tempi non esistevano, ma si fa così per dire), però sta di fatto che lui la pancetta non l’aveva mentre io, che ho la cyclette e il vogatore, l’ho messa su.
Il mistero sarà sicuramente risolto dal prossimo studio americano.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
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