Cari amici, volete mettere il Sanremo di “Volare” con questo insulso Sanremone che viene pateticamente tenuto in vita e, quel che è peggio, spacciato come l’avvenimento musicale dell’anno?
Ma via, non scherziamo.
“Volare” scoppiava proprio cinquant’anni fa, oh oh, e a urlare questo inno della liberazione nazionale fu Domenico Modugno, che aveva composto la musica ma che non era presentato come cantautore. Il termine sarebbe stato coniato più avanti e per potersi fregiare di questo titolo occorreva essere esistenzialisti (di sinistra, ovviamente), portare occhiali e indossare maglioni neri, assumere atteggiamentianticonformisti, gente insomma che pareva appena uscita da un consulto con Trofonio, un re che apparteneva alla categoria degli architetti e che aveva costruito a Delfi il tempio di Apollo insieme al fratello Agamede (ah, gli architetti! Se leggessero la definizione che ha dato Gustave Flaubert nel suo “Dizionario dei luoghi comuni” cambierebbero mestiere. Ma anche Thomas Bernhard non è affatto tenero con loro e se non ci credete andate a leggere “Correzione”!).
Penso che a questo punto sia giusto spendere due parole su questa storia di Trofonio perché sicuramente è molto più interessante di Sanremo, sul quale magari torneremo più avanti. Dunque Trofonio e Agamede furono anche incaricati dal re Hyrieus di costruire un edificio per nascondere tutte le sue ricchezze e gli architetti lavorarono molto bene ma colpiti dal pernicioso virus della tentazione costruirono anche un passaggio segreto caso mai fosse venuto loro in mente di andare a rubare il tesoro. Nella vita non si sa mai.
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I re, però, non sono fessi e infatti Hyreus si accorge del passaggio e succede un bel quarantotto.
La storia è abbastanza complicata ma se vi capita sotto il naso leggetela anche perché, come tutte le favole, anche questa ha una morale anzi non si tratta proprio di una morale ma di un significato, sì perché a un certo punto si parla di un “antro”, di una caverna insomma, e le caverne, a cominciare dal famoso mito di Platone, hanno sempre affascinato e questa di Trofonio, in particolare, altro non sarebbe se non la raffigurazione dell’esplorazione del nostro io, in particolare di quell’io “primitivo” rimosso e che alberga nelle pieghe più remote dell’inconscio. L’”antro di Trofonio” si identifica dunque con il complesso tipico delle persone che tentano di soffocare un senso di colpa rinnegando il proprio passato.
Si tratta pertanto di un altro grande insegnamento che ci viene dalla mitologia e vi consiglio di andarlo a rispolverare anche perché il prossimo anno probabilmente se ne parlerà perché nel 2009 cadranno i cinquecento anni della pubblicazione dell’”Elogio della pazzia” di Erasmo da Rotterdam e questa storia di Trofonio è proprio ricordata all’inizio del suo trattato, che si legge veloce ed è anche una lettura divertente mentre meno divertente credo sia Sanremo ed ecco dunque che siamo ritornati all’inizio dopo questo lungo divagare che ci ha fatto uscire dall’antro di Trofonio e quando ricordo Sanremo il pensiero vola (tanto per essere in linea con Modugno) a quel lontano 1958 quando, la mattina andando a scuola, sentivo attorno la gente che cantava allegra “Volare oh oh, cantare oh oh oh oh” mentre in questi anni nelle mattine successive alla conclusione della kermesse musicale non senti nessuno cantare il motivo vincente e ciò non tanto perché questi sono tempi in cui non c’è nessun motivo di cantare e di stare allegri ma proprio perché ai motivi vincenti manca quella orecchiabilità che li faceva appartenere al popolo e dunque sono convinto che il Festival della canzone sia morto il giorno in cui la mattina dopo nessuno cantò o fischiettò l’arietta del motivo vincente. È una mia teoria d’accordo, ma credo che sia proprio così.
A “Volare”, il cui vero titolo è “Nel blu dipinto di blu”, ho dedicato una scheda nel mio ultimo libro “Una canzone al giorno” edito dall’editore Simonelli (a proposito, l’avete letto? E se lo avete letto perché non mi mandate un commento? E se non lo avete letto perché non lo fate ora? Dai, sono sicuro che vi divertirete, così come io mi sono divertito a scriverlo) dove ricordo, ad esempio, che la copertina dello spartito musicale fu disegnata niente meno che da Guido Crepax. Ma non si parla solo di canzoni. Sicuramente imparerete qualcosa. Al 14 febbraio appena passato, ad esempio, festa di San Valentino, è associata la canzone “Unchained melody”, la famosa “senza catene” (l’amore, infatti, è davvero una questione di catene), ma accanto al testo c’è un boxino con un aforisma di Rousseau che dice “L’uomo è nato libero, e dappertutto è in catene” e dunque vedete che leggendo canzoni si possono imparare anche aforismi e in questo caso l’aforisma delle catene è giusto e in qualche modo si ricollega ancora a Sanremo, insomma sembra davvero che tutte le strade conducano a Sanremo, e in effetti è vero, perché per vedere il Festival bisogna proprio che qualcuno mi incateni davanti al televisore.
Ecco cosa penso di Sanremo.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
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