«Questo 2007 che sta consumandosi sul grande candelabro del tempo è stato zeppo di anniversari che non sto nemmeno ad elencarli tutti anche perché di molti di essi ho parlato abbondantemente dentro a queste bollicine. Ma prima di chiudere l'anno volevo ricordare il cinquantenario dell'ultimo numero della rivista "Civiltà delle macchine" inventata dal poeta e ingegnere Leonardo Sinisgalli, del quale il prossimo anno cadrà il centenario della nascita.
Era la rivista della Finmeccanica con la quale Sinisgalli intendeva avvicinare gli artisti, i poeti, la gente del popolo e i bambini alle macchine, che lui intendeva non come "oggetti" ma come "congegni" nei quali in qualche modo si rispecchiava l'intelligenza dell'uomo (sì, incredibile ma è così, a volte l'uomo dimostra pure di essere intelligente).
Le macchine però non sempre sono state salutate con entusiasmo dall'uomo che in esse vedeva dei potenziali nemici della sua libertà. Del resto con il termine "macchinare" si intende una azione subdola e magari si pensa ad una delle prime macchine diaboliche inventate dall'uomo, quel cavallo di Troia ideato da Ulisse che fu proprio un bell'inganno, andatelo a dire ai troiani se non ne siete convinti e poi, senza stare a scomodare i classici, pensate a Ned Ludd che in Inghilterra nel 1779 distrusse un telaio meccanico o ad Erewhon, il famoso romanzo di Samuel Butler che descrive un paese dell'Inghilterra vittoriana dove le macchine sono messe al bando e relegate in una sorta di museo degli orrori e guai a chi le adopera.
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Le macchine sicuramente hanno condizionato la nostra vita nel bene e nel male ma, sembra dire Sinisgalli, state tranquilli perché non tutte le macchine vengono per nuocere, anzi. Poi la cosa terminò lì ma l'idea covò parecchio sotto la cenere perché molti anni dopo qualcuno riprese l'idea di Sinisgalli e fondò una rivista che intitolò "Nuova Civiltà delle Macchine" con annessa una associazione culturale con lo stesso nome e tutto questo accadeva a Forlì proprio vent'anni fa e oggi, pensate, la rivista sta per tagliare il traguardo del centesimo numero e dunque non è vero che in Romagna si parli solamente di piadina e di Sangiovese e che si balli il "lissio" perché c'è anche gente che pensa ad altre cose come questi miei amici forlivesi capitanati dal dottor Iginio Zavatti del quale parlai tempo fa in una Bollicina per ricordare che una volta, in nome della cultura, si incnatenò davanti al Comune come fanno i disgraziati che sono disoccupati o che cercano disperatamente una casa, lui no, lui si incatenò nel nome della cultura e credo che sia la prima volta che sia accaduto perché per la cultura state certi che non si incatena mai nessuno. E visto che siamo in tema di macchine e di anniversari non possiamo dimenticare che nel dicembre di dieci anni fa a Milano moriva Silvio Ceccato che penso i miei lettori conosceranno o almeno avranno sentito nominare almeno una volta nella vita anche se non può vantarsi di una fama pari a quella di chi partecipa al Grande fratello o ad altre trasmissione inventate bell'apposta per innalzare il livello medio culturale dei nostri connazionali e dunque Ceccato se proprio lo volete sapere è il tipo che praticamente ha introdotto in Italia la cibernetica (a proposito, lo sapevate che il termine "cibernetica" fu coniato da Norbert Wiener proprio sessant'anni fa, nel 1947?) fondando anche la "Scuola operativa italiana" di questa disciplina e siccome la cibernetica ha a che fare con le macchine e con l'intelligenza artificiale tutti pensano che Ceccato sia stato un geniale ingegnere e invece geniale lo era ma ingegnere no, era un laureato in lettere e pure diplomato in composizione musicale, sì proprio così, ed era pure simpatico e lo ricordo animatore di una cena con tutte le sue barzellette e alla fine mi firmò pure il libro che era venuto a presentare a Ravenna, mi sembra fosse intitolato "Ingegneria della felicità" e poi Ceccato è stato il progettista di "Adamo II", come se non bastasse "Adamo I", cioè l'uomo sapiens (ma che sia davvero sapiens?) e questo "Adamo II" era una "macchina" che avrebbe dovuto riprodurre alcuni stati mentali dell'uomo. Questo automa fu presentato cinquant'anni fa, nell'aprile del 1957 (e dalli con questi anniversari!) alla prima mostra dell'automazione a Milano ma poi questa macchina è sparita perché il Ceccato era un po' snobbato dal mondo accademico.
Come ha scritto Giorgio Nebbia, a un certo punto "gli fu negata la cattedra di professore associato e gli furono progressivamente chiuse le porte di giornali, delle riviste, dell'insegnamento" perché il mondo accademico e universitario "non gli perdonò mai l'indipendenza economica, il successo mondano, l'indifferenza verso la scienza ufficiale, la sua ironia".
Sinisgalli, Ceccato, macchine e pensiero, ingegneri e poeti, il mondo è davvero strano. O forse è solamente fantastico. Decidete voi.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).
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