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Ravenna,
26 Settembre 2007
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Leo Longanesi cinquant’anni dopo
Cinquant’anni fa, il 27 settembre 1957, moriva a Milano il grande, grandissimo, Leo Longanesi. Romagnolo, anzi “romagnolaccio” di Bagnacavallo (mi sia consentito questo affettuoso dispregiativo da parte di uno che si sente romagnolo dalla testa, ormai senza capelli, ai piedi, che ahimè cominciano a dolere).
Bagnacavallo, dunque, e non Bagnocavallo, come spesso si legge nelle sue biografie. Si vede proprio che chi scrive certe cose non è della Bassa! Bagnacavallo, un paese di poche anime in provincia di Ravenna, ha dato i natali anche a Tommaso Garzoni, un geniale poligrafo del Cinquecento che ha scritto dei libri fuori di testa. E poi Bagnacavallo è entrato anche nella storia del cinema perché proprio qui nel 1970 è stato girato il film “Il presidente del Borgorosso Football Club” di Filippo D’Amico con l’impareggiabile Alberto Sordi.
Filippo D’Amico, se proprio lo volete sapere, girò nel 1955 il suo primo film proprio con Sordi (il film era “Bravissimo”) e collaborò con Albertone in quello straordinario episodio del film “I complessi” (1965) dal titolo “Guglielmo il dentone”. Il regista, che era nato a Roma nel 1924, è morto lo scorso aprile.
Ma torniamo a Longanesi che qui vogliamo ricordare attraverso alcuni dei suoi più graffianti aforismi. Sosteneva innanzitutto che “la povertà è gratis” e che in Italia “l’unica cosa che funziona è il disordine”. Capì anche la supponenza degli imbecilli sentenziando che “non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza”. Fantastico il quadro socio-politico del nostro bel paese, il paese dei fannulloni e del tirare a campà, riassunto nella massima: “Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo”. Ribadì la massima popolare che l’unione fa la forza ma aggiunse che l’unione può dare origine a veri e propri mutamenti storici. Due stupidi, infatti, sono due stupidi, ma a detta di Leo diecimila stupidi sono una forza storica. Ma queste sono faccende che non si imparano a scuola. Già, la scuola. Ai tempi di Longanesi era tutt’altra cosa di quel guazzabuglio che è oggi, eppure quel romagnolaccio tutto pepe le riconobbe un grandissimo merito racchiuso in quel fantastico “tutto quello che non so l’ho imparato a scuola”. Dite voi se un tipo così non è da considerare un genio.
Descrisse e mise a nudo i nostri vizietti e le nostre ipocrisie, ma sotto sotto voleva bene ai suoi compari italiani, che definiva dei “buoni a nulla, ma capaci di tutto”. Ne aveva anche per l’intellettuale, “il signore che fa rilegare i libri che non ha letto”. A Bagnacavallo era nato anche il pittore Bartolomeo Ramenghi (sec.XV-XVI), detto il Bagnacavallo, che sicuramente non faceva quadri moderni, sui quali Leo aveva idee ben precise. Esortava, infatti, a non acquistarli: “Non comprate quadri moderni, fateveli in casa”. L’arte, in fondo, era una cosa seria ma purtroppo “l’arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati”.
E mise anche un pizzico di amaro realismo nel mondo magico delle favole, tutte caratterizzate dal solito quanto irrealizzabile “happy end” racchiuso nel finalino “e vissero felici e contenti”. Ma nella realtà dell’inflazione e del carovita le favole hanno un altro sapore, gli “happy end” subiscono una metamorfosi e così la nonna moderna conclude il racconto della fiaba con questo prosaico “e vissero infelici perché costava meno”.
Diceva dell’egocentrico a Malaparte e parlando di lui era solito dire che “è così egocentrico che se va a un matrimonio vorrebbe essere la sposa e a un funerale il morto”. Ma anche Malaprte era un grande e anche lui, guarda caso, morì cinquant’anni fa, nel luglio del 1957. Mi sembra che non si sia fatto molto per ricordarlo. Forse qualcosa ha organizzato Prato, la sua città natale, ma gli altri non mi sembra che si siano troppo sprecati. Forse per motivi politici. Malaparte fu definito da Piero Gobetti la più bella penna del fascismo e Longanesi consacrò Mussolini (“aveva coniato quel famoso detto “Mussolini ha sempre ragione”) scrivendo il “Manuale del perfetto fascista”. Ma Leo era un fascista “sui generis”, forse come è stato detto - il più antifascista dei fascisti. Già, i fascisti! Mino Maccari disse una volta che i fascisti si possono dividere in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti. Ci furono alcuni che si arrabbiarono parecchio, ma in fondo anche Maccari poteva avere ragione. O forse no. Beh, in fondo tutti possono sbagliare. E anche a questo proposito Leo ebbe modo di dire la sua gridando in faccia alla gente: “Non datemi consigli! So sbagliare da solo”.
Non è fantastico?
Franco Gàbici
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Giornalista Professionista, pluriennale esperienza, anche di direzione, in quotidiani, periodici e case editrici di libri, profonda conoscenza del Web e di tutti i maggiori software (da QuarkxPress a Word, OpenOffice, Front Page, BBedit, Adobe PhotoShop, Adobe Acrobat, Scansoft Pdf Converter Professional, DNL, ReaderWorksPublisher, Transmit, Fetch, Eudora, WinZip, WinRAR, StuffIt, ABBYY Fine Reader), in grado di operare professionalmente sia in ambiente Windows che Mac, utilizzando collegamenti FTP in ambedue le piattaforme, mette a disposizione la sua competenza esperienza e professionalitˆ come content webmaster, come coordinatore in remoto di team operativi per l'ideazione, lo sviluppo e l'aggiornamento di portali, come docente in corsi o master per la preparazione di professionisti della comunicazione online. Se interessati a questa figura professionale inviare una e-mail ad ed@simonel.com specificando nel Soggetto: Inserzione 4247A. Sarete direttamente contattati dall'interessato. |
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).
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