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Ravenna, 6 luglio 2006

  Tutti nel Pallone? ...e se si trovasse il tempo
  di leggere qualche Libro o eBook?

   Sono molto affezionato a Leo Longanesi e anche se non l’ho mai visto e incontrato lo considero quasi una persona di casa. Lui è morto nel 1957, l’anno in cui uscì in volume il “Pasticciaccio” di Gadda, l’anno della messa in orbita dello Sputnik, della morte di Oliver Hardy, del lancio di Diana di Paul Anka e l’anno in cui entravo per la prima volta al liceo per iniziare una piacevolissima avventura di cinque anni, insomma tutto questo per dire che quando è morto Leo io avevo quattordici anni e dunque avrei potuto anche incontrarlo e magari vederlo e invece non è accaduto niente di tutto questo anche perché all’epoca non mi interessavo di letteratura né avrei mai immaginato che molti anni dopo avrei potuto disporre di una rubrica sull’Istrice tutta per me, con tanto di fotografia come se fossi chissà chi, e dove di tanto in tanto mi capita di parlare di lui e dei suoi aforismi e lo faccio anche questa volta perché in agosto cadranno i vent’anni della morte di Goffredo Parise e il Goffredo ha lasciato una testimonianza che ricorda per l’appunto un suo incontro ravvicinato con quel caratteraccio di Longanesi che allora dirigeva la casa editrice che porta il suo nome.
   Dunque Parise era andato a lavorare a Milano presso una grande casa editrice e come tutti quelli che sono stati colpiti dal male della carta stava pensando di scrivere un grande romanzo. Anche Berto, durante la sua malattia descritta nel “Male oscuro”, andava chiacchierando spesso di questo suo capolavoro di romanzo che avrebbe scritto, oh sì se lo avrebbe scritto, e questo romanzo che gli avrebbe dato fama, onore e quattrini era “La cosa buffa”, che poi è stato pubblicato da Rizzoli sulla scia del grande successo ottenuto dal “Male oscuro”, che resta comunque il suo libro.
   Parise, dunque, era a Milano e mentre girava solitario per le strade nebbiose della metropoli lombarda andava pensando a questo suo capolavoro di romanzo che avrebbe scritto, non soddisfatto dei due che già aveva dato alle stampe. Il fatto è che non è sufficiente desiderare di scrivere. E infatti, scrive Parise, “non avevo nulla in testa, quello che scrivevo erano ancora pagine e pagine malinconiche, di vie di Milano, di incontri inutili e di pensieri ancora più inutili”. E allora decide di innescare la retromarcia della memoria e si butta a scrivere un racconto che aveva come argomento la punizione inflittagli da un prete quando frequentava la seconda elementare. Parise mpiega un’ora a scrivere il racconto e lo manda proprio a Longanesi, allegando però una vecchia lettera di presentazione scritta nientemeno che da Giuseppe Prezzolini, che lo aveva messo in guardia dal temperamento impossibile di Longanesi. Che però restava comunque un’artista.
   Parise non pensava che il racconto sarebbe stato pubblicato e invece pochi giorni dopo se lo vede stampato sul “Borghese”, il quindicinale fondato e diretto da Leo, ma col titolo cambiato “L’aceto sulle ferite”. Quella di cambiare i titoli era una mania di Longanesi. Capitò anche a Berto che dopo aver mandato a Leo il manoscritto del suo romanzo “La perduta gente”, se lo vide in vetrina col titolo “Il cielo è rosso”. Ma la storia non finisce qui perché Longanesi scrive a Parise dicendo di volerlo conoscere e durante la frequentazione di Longanesi il giovane scrittore comincia a scrivere “Il prete
è bello” e già pensava di vederlo pubblicato dalla casa editrice di via Borghetto numero 5 (la Longanesi) quando Leo gli fa sapere che lui invece non lo avrebbe mai pubblicato perché “di preti era stufo” e poi perché, nonostante lo avesse incoraggiato a scriverlo, si accorse che Parise “pendeva da una parte che non è la mia”. Sicuramente, gli scrisse Leo, “lei avrebbe finito per scrivere le parole che figurano nei risvolti di copertina del suo libro Il prete bello ‘L’A. ha trascorso l’infanzia di cortile in cortile, di vicolo in vicolo, con piccoli mendicanti, figli di ladri, di prostitute, di povera gente’”. E per Longanesi tutte queste erano balle bell’e buone che proiettavano Parise non certo verso le avanguardie ma facendolo retrocedere al livello del deamicisiano “Libro cuore”.
   Aveva ragione Leo? Mah, può anche darsi, però resta il fatto che “Il prete bello” resta comunque un bel libro e se non lo avete mai letto questo ventennale di Parise può offrirvi l’occasione per farlo. A me è piaciuto molto. Ma non è questo il momento per invitare la gente alla lettura, tutta presa com’è dalla calciomania. Ieri sera mi sono trovato in mezzo alla bolgia festaiola dei miei connazionali che hanno inscenato tutto il migliore repertorio dell’italianeria. L’unità nazionale passa attraverso il pallone. Tutti felici e strombazzanti. Qualcuno, per esternare la propria gioia incontenibile, non ha trovato di meglio che fracassare il vetro di una cabina telefonica e rovesciare qualche cassonetto dell’immondizia. Siamo veramente un popolo di buoni a nulla, come diceva Leo, ma capaci di tutto. Festeggiamo gente che guadagna miliardi su miliardi e siamo capaci di scendere in strada per ottenere dieci euro in più al mese nella busta paga. Le trombe della festa hanno avuto fiato fino alle ore piccole e al mattino molti si saranno recati insonnoliti al posto di lavoro, sognando la finale e un’altra notte di trombe e di raid patriottici per le strade. Alle finestre garriscono le bandiere tricolori. Dietro l’angolo ci sono già i provvedimenti dell’autunno col loro sinistro garrire. Ma tutto questo non è nulla di fronte a una vittoria calcistica.
   Viva l’Italia e tutti nel pallone!

Franco Gàbici
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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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