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Ravenna, 5 aprile 2006

  Quel brivido di seta...

   Il sole batte, con le dita d’oro
   alle finestre. Uno squittio sottile
   è sui tetti. Nell’orto la fontana
   ricomincia a cantare. E’ primavera…

   Con questi versi Giuseppe Villaroel salutava la primavera, che finalmente sembra arrivata dopo il lungo sonno dell’inverno. Villaroel non sarà Leopardi, ma alcuni suoi versi sono molto belli e la chiusura della sua Primavera è veramente fantastica:
   E’ primavera. E’ primavera. E il mare
   ha un riso azzurro e un brivido di seta.

Io non so cosa intendesse dire con quel “brivido di seta”, ma sta di fatto che per me è un verso straordinariamente bello. Un verso che non capisci, ma che ti entra dentro e che ti fa vibrare le corde dell’anima. E queste vibrano ancor meglio se il lettore è uomo di mare. Non marinaio, ma semplicemente abitatore. Brivido di seta!
   Quando ero ragazzo avevo associato al “brivido” il colore blu perché Tony Dallara alla fine degli anni Cinquanta cantava una canzone che si intitolava proprio “Brivido blu”. Chi sei tu-u, non lo so, ma nei miei sogni sempre ti avrò, sei come un'admosfera (sissignori, diceva proprio così, admosfera!) che dona un brivido blu. Anche in Teddy girl, considerata la prima canzone rock italiana, il protagonista chiede alla ragazza un brivido blu. E fu Domenico Modugno a colorare di blu le nostre emozioni con la sua fantastica Volare, alias Nel blu dipinto di blu, un titolo che forse vuole esprimere la totale adesione al cielo da parte dell’uomo. “Non entri chi non è geometra” ammoniva una scritta sulla porta dell’Accademia Platonica e analogamente si potrebbe dire “Non entri in cielo chi non si dipinge di blu”. E infatti Modugno pensa “che un sogno così” non ritornerà mai più. In effetti non capita a tutti di dipingersi le mani e la faccia di blu!
   Ah che brividi! E questi brividi corrono sul mare, che non è “una dolce madre grigia”, ma una dolce madre azzurra. Del resto chi abita lontano dal paese del Sole vede sempre il mare imbronciato e color del piombo e per questo James Joyce lo chiama “madre grigia”, rifacendosi a un verso di Algy, diminutivo di Algernon Charles Swinburne, che nella stanza 33 del suo The Triumph of Time, scrive:
   Tornerò alla grande dolce madre,
   madre ed amante degli uomini, il mare.

   E continua Joyce: “Il mare verdemoccio. Il mare scrotocostrittore. Epi oinopa ponton. Ah, Dedalus, i Greci. Ti devo erudire. Li devi leggere nell’originale. Thalatta! Thalatta! E’ la nostra grande dolce madre. Vieni a vedere”. Epi oinopa ponton significa “sul mare purpureo” ed è verso di Omero che ricorre nell’Odissea e dunque il mare non sempre è grigio o blu, ma anche purpureo, come del resto si addice ad una grande realtà d’acqua che riflette gli umori del cielo. E torniamo ai brividi. Cantava Umberto Bindi, nella sua struggente solitudine d’acqua: “Sembra ferma, l’acqua chiara, ma si muove piano piano, incomincia a fremere, ha voglia di correre. Vibrazioni dell’anima…”. E sono proprio vibrazioni. Blu o di qualsiasi altro colore. L’importante è che ci facciano fremere attraverso quei “brividi di seta” di Villaroel. Brividi che corrono sul mare. Sul mare blu o purpureo. Ah, i Greci bisognerebbe proprio leggerli in originale. Sarebbe bellissimo.
   Ma io ho frequentato il liceo scientifico e dunque niente greco. Il mio greco si limita all’alfabeto. “Alfa” per indicare certe particelle, “delta” minuscolo per indicare un algoritmo che si chiama “delta di Dirac (con la delta maiuscola, invece, si indicava il radicando che compare nella soluzione delle equazioni di secondo grado) e potrei continuare con tutte le lettere, ma mi fermo alla “psi” perché, in sintonia col mare, questa lettera indica una “funzione d’onda”. Non sono, però, le onde del mare (andate a leggervi le considerazioni sulle onde di Italo Calvino in “Palomar”) ma sono “onde di probabilità”. Una roba difficilissima che si studia in meccanica quantistica. E che, a modo loro, danno brividi, specialmente quando si era in clima di esame. Meglio dunque il “brivido di seta” della primavera!

Franco Gàbici
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La musica di Brivido blu è di Giuseppe Spotti, detto Pinom, mentre i versi
sono di Alberto Testa.
Le citazioni di Joyce sono tratte ovviamente dal primo episodio dell’Ulysses.

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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