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Ravenna, 2 gennaio 2006

< BUON ANNO!

...Nuoce gravemente alla salute
mentale (già labile) degli Italiani

   Fernanda Maoggi mi ha mandato una bella letterina con la quale mi invita, in maniera assai garbata come si addice a una signora, di pagare il canone Rai entro il 31 gennaio prossimo, novantanove virgola sessanta euro pari, come direbbe Carloemilio (Gadda, si capisce) a 192 mila 852 virgola quarantanove lirazze, che non sono molte ma non sono nemmeno poche. Ho sempre pagato il canone e per questo non pretendo di certo una decorazione però, porca miseria, mi chiedo se la nostra tivù meriti per davvero tutti questi soldi e me lo chiedo proprio dopo avere assistito ­ per sbaglio ovviamente ­ a una puntata di “Batti e ribatti” venerdì 30 dicembre, poco dopo le 20,30. Ospiti due astrologi: Peter Van Wood (che io stimavo come cantante e chitarrista quando negli anni Cinquanta suonava insieme a Renato Carosone, oh avesse continuato a suonare!) e una signora che non conosco e della quale non ricordo il nome. Stendiamo un velo pietoso sulle domande e sulle risposte e chiediamoci se la tivù di stato debba permettere che vadano in onda trasmissioni del genere.
   D’accordo, il conduttore, alla fine della trasmissione, ha concluso con l’antico adagio “non è vero, ma ci credo”, ma il tragico è che la maggior parte degli italiani ci crede per davvero e che trasmissioni del genere alimentano purtroppo questo genere di credenze, che continuano ad essere propinate a larghe mani per ingrassare la stupidità dei nostri connazionali, mai sazi a quanto pare di isole dei famosi, di grandi fratelli, di giochi con gli scatoloni e di tutto lo stupidario telecatodico. A questo punto auspico che il Ministero della sanità vari una legge che imponga, prima di certe trasmissioni, la scritta “nuoce gravemente alla salute mentale (già labile) degli Italiani”. Come ha già fatto per le sigarette. Ci corre, però, una bella differenza, perché le sigarette le trovi solo nelle rivendite (e se non le vuoi le lasci dove sono), mentre la televisione te la trovi in casa e da quel tubo catodico (anche se non vuoi) esce di tutto. Un vero pericolo.
   Io pago il canone perché è giusto farlo, però vorrei chiedere a questa signora Maoggi se si sia mai interrogata sulla qualità dei programmi, dei quali lei sicuramente non ha nessuna responsabilità, però io mi chiedo se abbia senso pagare per vedere certe cose o per sentire dai giornali annunci di “cachet” da capogiro elargiti ai personaggi che, guarda un po’, sono famosi proprio perché li ha resi famosi la televisione. L’ho già scritto in una precedente Bollicina e lo ripeto adesso chi va in televisione deve pagare una quota, perché una apparizione in tivù significa pubblicità gratuita.
   Penso ai 12 miliardi pagati a Benigni per la sua serata dantesca (lo ha scritto Aldo Grasso sul “Corriere della Sera” e non credo di certo che se lo sia inventato), penso a tutti gli strapagati della tivù che, torno a ripeterlo, sono famosi solo e soltanto perché la tivù li ha resi tali.
   E Bruno Vespa ha perfino dedicato un “Porta a porta” per disquisire sul tema “Come mai l’isola dei famosi sia così famosa”.
   Ma è semplìce, direbbero Stanlio e Ollio è famosa perché la trasmette la tivù. Se la tivù pensasse a trasmettere cose più serie, l’isola dei famosi non sarebbe più tale. Non credo occorra una laurea in telecomunicazioni per capire queste banalità. Cose da pazzi! Ma il mondo va così.
   Fermatelo, voglio scendere!
   E invece, macché, questo mondo gira e gira e rivolve attorno al Sole ad una velocità di trenta miglia al secondo, lo dice anche Giovanni Pascoli, il poeta della mia terra, che nasceva proprio il 31 dicembre di centocinquant’anni fa a San Mauro. “…ad ogni nostro passo/trenta miglia la Terra era trascorsa/coi duri monti e le maree sonore…” (Il Ciocco, II, vv. 28-30). In realtà non sono proprio trenta miglia, bensì trentatré chilometri, ma ai poeti lasciamo qualche libertà, che è libertà di cantare e di gridare al cielo gioie e tristezze, che costituiscono l’eterna favola della vita che si rinnova, così come si rinnova questo cielo splendido che nelle notti serene è tutto un pigolio di stelle, quelle stelle che Pascoli poteva osservare in lunghissime notti nelle quali la notte era veramente notte, perché non esistevano forme di inquinamento, ma tutto era sereno. “Non c’era nella notte altro splendore/che di lontane costellazioni…” (Il Ciocco, I, vv. 33-34).
   Brilla Sirio, la sua luce sembra un urlo bianco sul nero tappeto della notte, rosseggia Marte, fa l’occhiolino Venere, bellissima annunciatrice della notte quando ancora sul cielo rosseggia il tramonto, i tramonti della mia Romagna, stupendi e pieni di poesia.  Eppure questo bellissimo cielo continua ad essere interpretato sulla base di schemi che non hanno molto a che vedere col buonsenso. Per questo, alla fine dell’anno, ci costringono a vedere in “Batti e ribatti” due astrologi che discutono e che prevedono il futuro.
   Ragazzi, svegliamoci! Diamo fiato alle trombe della ragione! E buon 2006 a tutti.
   Anche agli astrologi?
   Massì, va là, anche a loro. Semel in anno. E poi gli astrologi mi hanno pronosticato un anno da sballo per via che avrei Urano “dissonante” nei Pesci. Cosa significhi quel “dissonante” non lo so proprio, ma deve essere sicuramente qualcosa di molto importante. E poi avrei Giove in Scorpione e la faccenda sarebbe propizia per cambiar lavoro. Mi darò sicuramente all’ippica, dopo anni e anni di servizio (spero onorato) trascorsi sotto la cupola del Planetario a parlar di stelle e a parlar male degli astrologi e dei loro oroscopi.
   Così va il mondo. E buon 2006, carissimi amici.

Franco Gàbici

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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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