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180 Ravenna, 16 novembre 2005
Fra l'Ulisse e il Giovane
Holden
Potrebbe essere una
fesseria colossale, ma a volte i critici costruiscono palazzi anche su certe
“fesserie” (magari il termine non è appropriato, ma per il momento non me ne
viene in mente un altro e poi, via, fesserie ne diciamo tutti…), insomma a farla
corta vi volevo far partecipe di una quisquilia (ecco, più che fesseria potremmo
chiamarla quisquilia) che mi è capitata fra gli occhi scorrendo le pagine di
quel libro straordinario che è l’Ulisse di James Joyce, però voglio divertirmi
un poco e prima di spararla, la prendo un po’ alla larga facendo alcune zoomate
e pertanto inizio col dirvi che la quisquilia l’ho trovata nel nono episodio, in
genere intitolato “Scilla e Cariddi” o anche “La biblioteca”.
L’azione si svolge più o meno in quell’ora che
Giovanni Pascoli avrebbe definito il “meridiano ozio dell’aia”, vale a dire le
due del pomeriggio, quando Stephen si trova dentro all’ufficio del direttore
della Biblioteca Nazionale a discutere con George Russell e col letterato John
Eglington e basterebbe questa situazione per rendersi conto che siamo proprio in
Irlanda, vale a dire molto ma molto lontani dall’Italia, dove alle quattordici
del pomeriggio nessuno sicuramente se ne sta a discutere coi bibliotecari.
Non starò di certo a raccontarvi l’episodio, ma volevo
semplicemente segnalarvi che a un certo punto, alla pagina 262 (sto facendo
riferimento all’edizione dell’Ulisse degli Oscar Biblioteca, 1978) si legge:
E il mio turno? A quando?
Vieni!
“Campo di segale, disse Mr Best vivacemente, lietamente, alzando il
suo nuovo libro, lietamente vivacemente.
Mormorò poi con biondo piacere per tutti:
Fra la distesa della segala
Si giacevan quei vaghi contadini.
Tutto qui? No. Infatti vi invito ad andare avanti perché alla fine
della pagina si incontrano due nomi. Il primo, Louis H. Victory, non dice nulla,
ma il secondo, T. Caulfield Irwin, fa sobbalzare sulla sedia. Caulfield,
infatti, è lo stesso cognome del “giovane Holden”, spassosissimo protagonista
dell’omonimo romanzo di Salinger il cui titolo originale, però, è “Catcher in
the Rye”, che tradotto alla lettera significa: “Colui che afferra nella segale”,
una roba intraducibile come sta scritto in una nota anonima prima del romanzo (andatela
a rileggere, perché la scrisse Italo Calvino). La traduzione del mitico romanzo
di Salinger, se proprio lo volete sapere, è di Adriana Motti.
Concludendo, in questa pagina dell’Ulisse potrebbe esserci il
mistero dell’origine del titolo di questo straordinario romanzo, perché troviamo
la segale e “Caulfield”. La “segale” ritorna anche a pagina 269 (“è stato
sopraffatto dapprima in un campo di grano, (di segala, direi)…”. Sì, potrebbe
essere una fesseria colossale ma, chissà, potrebbe anche intrigare qualcuno.
Mah, io ve la butto lì, come pensiero autunnale che oscilla in
mezzo alle foglie. “Le foglie gialle dai riflessi d’or, per me son rose come il
nostro amor…”. Così cantava Tony Dallara alla fine degli anni Cinquanta. La
canzone, se non lo sapete, è “L’autunno non è triste” e stava sul retro di “Come
prima”. Ricordi lontani, ormai remoti, che si sono andati a ficcare dentro alle
crepe del tempo come tante lucertole paurose. Ricordi che si impastano con la
poltiglia delle foglie secche e che inducono tristezze. Eppure tanta gente ama
l’autunno. Come Puskin, ad esempio: “La mia stagione è questa: non amo
primavera; il disgelo mi angoscia…” e ancora: “ci si lagna di solito ai tardi
giorni dell’autunno, ma l’autunno mi è caro, o mio lettore, per la sua calma
bellezza, per il suo umile splendore…”. Puskin scrive che l’autunno lo fa
rinascere: “Con ogni autunno io nuovamente fiorisco… rinasce in me l’amore della
vita consueta…”. Ma io preferisco la primavera e l’estate, quando canta la
cicala, quando le lucciole volano sul grano e quando biondeggia la segale.
Il chicco di segale è ricco di fosforo e di proteine ed ha pure una
azione antisclerotica. Lo stesso effetto che induce il libro di Salinger,
perché tiene giovani e allegri. Leggetelo, se non lo avete ancora fatto.
L’autunno vi sembrerà meno triste e le foglie, per incanto, ritorneranno sugli
alberi.
Miracolo della lett(erat)ura.
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Buon Compleanno,ONLY YOU!
Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon
Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).
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