di Ermanno Bartoli n.21
Autori Introvabili o quasi
"SILENZIO: PARLA IL BAMBINO"
Pretendere di far passare un autore come Ray Bradbury per un non pubblicato o quasi è certo pretendere troppo, ma quest'autore, poliedrico e mai banale, scrittore di fantascienza e non solo, non è soltanto autore di romanzi famosissimi quali «Fahrenheit 451» o «Cronache marziane» ma anche di splendide opere meno note quali i romanzi... «L'estate incantata» ("Dandelion wine" - ricordi d'infanzia resi da Bradbury in maniera magistrale), «Il popolo dell'autunno» ("Something wiched this way comes" - letteralmente tradotto suonerebbe come "Qualcosa di sinistro sta per accadere"; titolo ripreso fedelmente nell'edizione italiana dell'omonimo film di Jack Clayton magistralmente interpretato da Jason Robards), «Morte a Venice» e di racconti quali... «L'uomo illustrato» (altro film, con Rod Steiger) e «Il gioco dei pianeti». Se facciamo conto che pure «Fahrenheit 45» ispirò un famoso film, appare evidente che questo è stato tra gli autori più "saccheggiati" dal cinema.
Pubblicato in maniera corposa e apprezzato da registi e sceneggiatori... eppure sono qui, a parlare di lui, su questa rubrica per "colleghi" in Italia meno fortunati; colleghi i quali, ovviamente, spero un giorno abbiano miglior fortuna dell'attuale. E lo faccio per i meno noti titoli di cui sopra e per un motivo ancor più pressante: egli è il cantore dell'infanzia e di quell'infanzia "di cuore" e non zuzzurellona che ogni uomo dovrebbe possedere e coltivare sempre. Ed ecco che Bradbury parla del bambino, al bambino... a se stesso.
«Il popolo dell'autunno» ha, in ciò, un inizio folgorante nel quale Bradbury scherza (ma non troppo) coll'argomento scuola.
«In primo luogo era ottobre, un mese eccezionale per i ragazzi. Non che tutti i mesi non siano eccezionali. Ma ce ne sono di buoni e di cattivi: come dicono i pirati. Prendete settembre, un mese cattivo: cominciano le scuole. Considerate agosto, un mese buono; le scuole non sono ancora incominciate. Luglio, ecco, luglio è veramente splendido: niente scuole. Giugno, senza dubbio, giugno è il migliore di tutti, perché le porte delle scuole si spalancano e settembre è lontano un miliardo di anni. Ma adesso prendete ottobre. Le scuole sono cominciate da un mese, e voi ve la prendete più calma, tirate avanti. Avete il tempo di pensare all'immondizia che scaricherete sul portico del vecchio Prickett, o al costume da scimmia che indosserete alla festa dell'YMCA l'ultima sera del mese. E se è già il venti di ottobre e tutto odora di fumo e il cielo è color arancio e grigiocenere al crepuscolo, sembra che la vigilia di Ognissanti non verrà mai, in una pioggia di manici di scopa e in un fiottare sommesso di lenzuola attorno agli angoli delle strade.»
«L'estate incantata», invece, comincia in una città, in un periodo dell'anno diverso, ma con la stessa poesia.
«Era una mattina tranquilla e la città era ancora avvolta nel buio, infilata a letto. Il tempo diceva che era estate: il vento aveva quel certo tocco e il respiro del mondo era lungo, caldo e lento. Bastava alzarsi e sporgersi dalla finestra per sapere che questo era il primo giorno di libertà e di vita, il primo mattino d'estate. Douglas Spaulding, dodici anni, appena sveglio, lasciò che l'estate lo cullasse nel flusso pigro dell'alba...»
Sono due romanzi che parlano di ragazzi. Crescono e si dipanano in modo differente: angosciante e cupo il primo, lirico e malinconico il secondo. Però entrambi parlano di ragazzi. Ragazzi e infanzia; un'infanzia spesso violata che può compromettere in maniera terribile il resto di una vita: è l'argomento preferito da Ray.
«Morte a Venice», invece, è un romanzo-saggio: un atto d'accusa a tanta cultura del malessere e della piaga del malo-vivere propagandata e sponsorizzata da scelte editoriali e di lettura non proprio "sane". Qui, in una Venice notturna e claustrofobica, incontriamo il protagonista... e il signor Shrank che colleziona: Hardy, Poe, de Sade, Nietzsche, Hitler, Mussolini e altri... per tutta la casa, fin dentro la vasca da bagno. Naturalmente si può non essere d'accordo su tutti i nomi che egli fa (cita anche alcune opere di Shakespeare); su Poe, ad esempio, io non sono d'accordo... di quest'autore mi sono fatto progressivamente l'idea di un uomo profondamente malato e diviso al suo interno; tossico e alcolizzato; disperato e distrutto, ma con una voglia "dentro", di denuncia del suo stesso male e di "farcela" che ha dell'incredibile. «Il cuore rivelatore» e «La caduta di casa Usher» sono due tra i tanti esempi che ne rivelano l'essenza profonda... in una parola: Poe non ci marcia; anzi!
Rilievi a parte, il romanzo è di un'intensità unica, ed alla fine rimane il dubbio anche su certi nomi. Il Bradbury di «Morte a Venice» è scomodo, a tratti può risultare antipatico, ma ha il pregio di mettere il dito su una piaga che pochissimi osano anche soltanto vedere: il malessere fatto cultura, che finisce per servirsi di quanti hanno - o si ritiene abbiano - il destro per prestarvisi... Tra questi, spesso, e qui sta la grandezza di questo scorbutico sognatore, alcuni tra i definiti "grandi". Per i racconti rimando alla volontà dei lettori.
Terminando, per rendere chiaro che davvero ci troviamo di fronte ad una personalità non comune e autenticamente (cioè non secondo moda) affascinante, vi lascio con un suo scritto di qualche anno fa; parole che suonano come un testamento. Per Bradbury, conoscendolo... il più bello.
«Se qualche ragazzo verrà a vedere la mia tomba di qui a cento anni, e scriverà a matita sul marmo Egli Raccontava Favole, io sarò felice. Non desidero fama più grande di questa».
Grazie, Ray. Da un ragazzo.