Il successo
della trilogia cinematografica diretta da Peter Jackson sul "Lord of
the Rings" ha fatto sì che in molti scoprissero, o riscoprissero, le
opere di Tolkien. Spesse volte, però, la conoscenza (o scoperta, o
riscoperta) di Tolkien si ferma alle opere più conosciute, ai titoli
più noti e letti e cioè "The Hobbit" (1937), "The Lord of the Rings"
(1954-55) e "The Silmarillion" (1977, postumo). Non in pochi
ignorano che Tolkien scrisse molte altre opere, sia in prosa, sia in
poesia, sia di critica letteraria.
La produzione minore sembra oggetto di uno studio critico non
proprio costante e approfondito, quasi la reverenza che muovono le
opere maggiori fosse un ostacolo psicologicamente insormontabile.
Invece, in molte delle opere meno conosciute si nascondono i
germogli dell'intera produzione narrativa di Tolkien, come "The Lay
of the Children of Húrin", componimento poetico giovanile risalente
al 1918, in cui i personaggi presentati si ritrovano protagonisti di
vicende successive narrate nel "Silmarillion" ed evocate nelle
pagine dello "Hobbit" e del "Lord of the Rings".
In "Leaf by Niggle" un Tolkien più maturo, ma non per questo meno
oppresso da dubbi e angosciosi interrogativi, trovò il modo di
giustificare quanto andava scrivendo negli anni a ridosso del
secondo conflitto mondiale. Tutta la vicenda letteraria di Tolkien
si sarebbe arenata se egli non fosse riuscito a trovare una
spiegazione e una ragione al contempo per la sua stessa attività di
scrittore.
Sia nel "Lay", sia in "Leaf by Niggle", v'è sempre un minor che si
ritrae laddove si presenti un maior. Nel caso del lai, il minor è
Tèrin il quale, travolto da un fato avverso suo maior, soccomberà
sotto il peso degli accadimenti.
In "Leaf by Niggle" è Niggle il minor che dovrà arrendersi ad
avvenimenti più grandi di lui. Al più grande di tutti, la morte,
egli non tanto si arrenderà, quanto si adeguerà, benché
malvolentieri, per sottoporsi a un successivo processo di
rigenerazione spirituale.
Esiste, infine, un altro minor che gioca un ruolo fondamentale nelle
vicende del macrotesto tolkieniano. È Gollum, figura quasi
accidentale nello Hobbit e di fondamentale importanza nel Lord of
the Rings. In lui si concentrano gli aspetti di Tèrin che tenta di
ribellarsi al fato e di Niggle che cerca di migliorarsi con
perseveranza.
Nel presente volume si cerca di dare voce critica, dunque, alla
produzione minor che, troppo spesso, recede di fronte alla
produzione maior di Tolkien. I saggi qui raccolti sono un primo
tentativo di esplorare parte del vasto corpus meno noto dello
scrittore, un segnale affinché questa messe di materiale non vada
persa, nascosta nei recessi di un'attenzione tutta rivolta ai
romanzi maggiori.
Roberto Di Scala (Carrara, 1972) si è laureato in letteratura
inglese presso l’Università di Pisa con una tesi su Tolkien ed ha conseguito il dottorato in Letterature
Straniere Moderne nel medesimo ateneo con una dissertazione su
Kipling.
Insegnante di lingua inglese presso istituzioni pubbliche e
private, affianca all'attività di traduttore tecnico quella di
traduttore letterario e di saggistica tolkieniana. Tra le opere
tradotte, Il lai dei figli di Hurin di Tolkien, Una radura
nell'Ithilien di Alex Lewis (SeBook, SimonellielectronicBook) e
parte di J.R.R. Tolkien. Autore del secolo di Tom A. Shippey
(Simonelli Editore, 2004), il massimo critico tolkieniano vivente.
Collaboratore di alcune riviste dedicate allo studio di Tolkien e
della sua opera (Endòre, Minas Tirith, Terra di
Mezzo), ha partecipato a convegni nazionali e internazionali
sull’autore inglese.
Oltre a occuparsi di Tolkien e di letteratura fantasy, i
suoi interessi lo hanno avvicinato alla letteratura inglese del
periodo vittoriano
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