Novecento STORIA 
Io c'ero: testimonianze "in diretta" dei protagonisti di un'epoca
o di chi ha avuto il privilegio di raccoglierle.

© L'Istrice/Simonelli Editore srl

FASCISMO E ANTIFASCISMO

ANTIFASCISMO DEMOCRATICO
E ANTIFASCISMO COMUNISTA

VISTI DA UNO DEL VENTIDUE...

di Vittorio Ziliani - Prima Puntata


L'AUTORE - Nato ad Alessandria il 14 febbraio 1922; diplomato al Liceo "G. Piana" di Alessandria nel giugno 1940 (... allo scoppio della guerra); sotto le armi dal febbraio 1943 al marzo 1946, ufficiale di fanteria nel Regno del Sud, con l'Esercito Italiano di Badoglio, "cobelligerante". Laureato in Legge presso l'Universit&à di Genova nel marzo 1947; impiegato al Credito Italiano dal 1° giugno 1946 (un giorno prima della nascita della Repubblica...) fino al 30 aprile 1982. PUBBLICAZIONI: 1972: «Vent'anni di banca in prosa e poesia»(Ferrari Occella - AL) 1974: «Racconti alessandrini - prose e poesie» (Ferrari Occella - AL) 1982: «... e la banca continua - prose e poesie ... non finanziarie» (Soged - AL) 1983: «Alessandria in rima - raccolta di poesie popolari» (Soged - AL) 1990: «Alessandria in rima bis» (WR Edizioni - AL) 1992: «1943 - 1945 ANNI PERDUTI Ricordi di un Fante tra fine del Fascismo e regno del Sud» (WR Edizioni - AL) 1994: «Impressioni di una vita Poesie 1938 - 1992» (Joker - Novi Ligure)

Alessandria, gennaio 1999

Bisognerebbe che incominciassi con un "porca miseria, com'è difficile parlare di queste cose dopo una vita!" Eppure bisogna provarci, perché è solo dopo circa cinquant'anni che si decanta la Storia con la esse maiuscola, sia per i documenti e le testimonianze che sono apparsi nel frattempo, sia perché certe posizioni preconcette hanno bisogno di un robusto e sacrosanto "revisionismo".
Io mi riferisco soprattutto ai giovani... sotto i sessantacinque anni, ai quali la scuola (purtroppo con la esse minuscola) ha insegnato ben poco sull'ultimo secolo, e per i quali, grazie a molti insegnanti socialcomunisti e intellettuali di sinistra, il fascismo ha solo la faccia della "repubblica sociale italiana" del settembre 1943-aprile 1945 con tutte le sue efferatezze a fianco, o meglio, sotto i tedeschi nazisti, contro le popolazioni che aiutavano i "partigiani" e contro gli ebrei da deportare e poi sopprimere in Germania. Molti pensano che il fascismo, sin dal 1922, sia sempre stato uguale a tale "fascismo repubblichino del '43 - '45. E non c'è errore più grande.
Durante il fascismo, dal 1922 al 25 luglio del 1943, c'era la massima libertà economica (salvo le logiche restrizioni durante il periodo bellico) con il consueto "triangolo industriale Milano-Torino-Genova" pieno di industrie e di iniziative, oltre ad una forte industrializzazione a Brescia, Porto Marghera, Vicenza (tessuti) ed in Emilia. Mentre, in Germania, Hitler dal 1933 era l'unica autorità nazionale tedesca, seguito ciecamente dai tedeschi perché li aveva salvati economicamente dal disastro inflattivo della Repubblica di Weimar (conseguenza degli errori della pace troppo onerosa e rovinosa per la Germania a Versailles, alla fine della prima guerra mondiale) ed aveva riportato l'economia industriale e finanziaria tedesca tra le prime al mondo, insistendo, purtroppo, in modo pazzesco sulla superiorità razziale degli "ariani, in Italia il fascismo aveva sempre convissuto con due fortissime istituzioni: la monarchia, che gli aveva aperto le porte il 28 ottobre del 1922, soprattutto in funzione anticomunista, e il Vaticano, per cui Roma era il centro cattolico del mondo.
Il Re era il comandante della Forze Armate, ben distinte dal fascismo e dalla sua Milizia, che giuravano a lui fedeltà; i monarchici erano importanti, anche politicamente nel fascismo stesso. Per quanto riguardava il Vaticano, il concordato dell'11 febbraio 1929 aveva definitivamente risolto il problema della conquista di Roma del 1870 e determinato una notevole pace tra fascismo e cattolicesimo. C'era la massima libertà di movimento e, fino alla fine del '38, anche gli ebrei erano considerati, ed erano nei fatti, ottimi cittadini. Certo non c'era la libertà politica, soprattutto dopo il 3 gennaio 1925 (fino ad allora erano ancora presenti i partiti a Montecitorio, che poi si ritirarono sull'Aventino per protesta), ma l'eliminazione fisica degli avversari, come nell'URSS di Lenin e Stalin e nella Germania di Hitler, forse avvenne solo nel "caso Matteotti" a cui Mussolini pare volesse solo "dare una lezione", che i suoi fanatici trasformarono poi in assassinio, costringendo il duce a prendersene la responsabilità. Certo, dal 1919 al 1922, i morti erano stati forse centinaia da parte fascista e da parte socialcomunista, cioè nel periodo "rivoluzionario". Poi subentrò il carcere ed il "confino" per gli antifascisti più noti e responsabili, come Gramsci, capo dei comunisti, che, dopo anni, Mussolini avrebbe voluto scambiare con prigionieri italiani di Stalin; ma il dittatore russo non fece... l'affare perché non era d'accordo con la visione comunista di Gramsci e, quindi, Gramsci finì per morire in carcere.
L'antifascismo c'è sempre stato, ma era modesto, limitato; gli antifascisti più noti, che però non erano nè organizzatori nè capi, al massimo si facevano tre giorni in carcere o chiusi in casa, quando nella città venivano i gerarchi fascisti in visita ufficiale. La grande maggioranza della popolazione era favorevole al fascismo, per tenere alto il significato della vittoria della prima guerra mondiale, per paura della rivoluzione sovietica, per evitare la sorte dei kulaki (piccoli coltivatori diretti) costretti, negli anni trenta dall'URSS ad abbandonare le loro proprietà e ad andare in Siberia a morire di stenti, se non ad essere ammazzati prima. E l'Italia, allora soprattutto nazione contadina, teneva conto di queste cose e Mussolini blandiva i contadini con la "battaglia del grano", con il dire che lui era "stirpe di rurali", con le colonie marine e montane per i ragazzi, con le scuole rurali diffuse nelle campagne, con i premi alle famiglie numerose, con la bonifica delle paludi Pontine fatta, soprattutto, da rurali settentrionali che avevano più esperienza degli altri e che poi ebbero in assegnazione e proprietà la terra conquistata alla palude.

Vittorio Ziliani
(1.Continua)

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