QUESTO NOSTRO CINEMA ITALIANO:
Malato Vero o Immaginario?

La parola ai protagonisti


Inchiesta-Dibattito di Luca Dresda
Prima Puntata

Come sta il Cinema Italiano?
Da questo semplice interrogativo a cui è però complesso rispondere comincia una nostra inchiesta. Ma non saremo noi a parlare, saranno soprattutto i protagonisti sulla base delle provocazioni che sono le nostre (e anche le vostre se ce le invierete per e-mail) domande. La parola dunque ad attori, registi, sceneggiatori ma anche a quei tecnici che, pur essendo meno noti, costituiscono l'asse portante di ogni film. Unico obiettivo è quello di capire, di adare a fondo di una questione apparentemente e annosamente irrisolvibile. Ci riusciremo? Sarebbe un ottimo risultato. Ma forse sarebbe già molto importante innescare un dibattito serio, sincero, senza peli sulla lingua da qualsiasi parte e senza il condizionamento di tutti quegli altri "peli" che possono essere militanze poltiche. Noi sognamo un Cinema, come la Cultura in genere, senza condizionamenti di parte, come noi non siamo di nessuna parte: né di centro, né di destra, né di sinistra. Noi siamo soltanto per il Cinema.

Madrina d'eccezione e primo protagonista con cui conversare in nome del Cinema e per il Cinema è Mita Medici.
Donna disponibilissima, dallo spirito vivace e molto giocoso, con una grande voglia di fare e di proporre, Mita Medici si è cimentata un po' in tutti i campi nel mondo dello spettacolo. Ha inciso dischi, scritto delle fiabe, realizzato regie teatrali e naturalmente interpretato dei film.
Recentemente ha preso parte al Festival Internazionale di Teatro Danza e Musica Medioevali di Elche, in Spagna. È stata impegnata in due sacre rappresentazioni del 1500 di autori anonimi, per la regia di Salvo Bisonti, un giovane con una già notevole esperienza alle spalle.
Questa intervista ha avuto luogo proprio a Elche, dove anch'io facevo parte della "combriccola" di teatranti in tournée. E Mita Medici ha risposto alle domande con la consueta schiettezza, senza i fronzoli o i giri di parole di chi dice sempre quello che pensa.

Allora, parliamo di Cinema Italiano?

«Bene. Io ho iniziato anni fa con un film che ha avuto anche un discreto successo. "Estate" di Paolo Spinola. Poi ho girato "Pronto, c'è una certa Giuliana per te" di Massimo Franciosa, che è un film molto conosciuto tra i cinefili. Era un periodo ricco di proposte di qualità. Di lì a poco, è cominciata la stagione dei film alla Pierino e company. Non so che cosa sia accaduto, ma c'è stata una degenerazione progressiva. E lì ho smesso per un po'. Non mi piaceva quel tipo di cinema. Poi lo sappiamo tutti qual è la situazione oggi».

Ti vediamo spesso in TV in "Un posto al Sole". Ti vedremo ancora anche sul grande schermo?

«Non a breve termine. Ho lavorato in alcuni cortometraggi di giovani. Io partecipo con molto entusiasmo ai progetti che trovo interessanti. Soprattutto ultimamente ho girato "Antelope Kobler" di Antonio Faldato che ha vinto anche un premio al festival di Annecy in Francia».

Siamo tornati al cortometraggio. È anche un buon segno. Fa pensare che il cinema stia covando una generazione nuova...

«È anche però un segno di mancanza di spazi. La televisione sta mangiando tutto. In Italia, soprattutto, è difficile che il cinema si sleghi dal piccolo schermo. Non vedete che proliferazione di film di comici di origine televisiva che c'è? Io stimo Pieraccioni e Co., ma il cinema ha bisogno anche di film di qualità e non solo di commedia. Poi, diciamocelo, questi film sono nella maggioranza dei casi dei collage delle gag che abbiamo già visto in TV».

Secondo te, a che cosa è dovuta questa difficoltà del cinema Italiano ad uscire da una crisi che ormai dura da quasi 30 anni?

«Beh, innanzi tutto manca la figura del produttore. Quello che mette i soldi ma che anche segue con una struttura organizzata tutte le fasi della preparazione. Un tempo esisteva una struttura perfetta, si leggevano i copioni, si lavorava nello sviluppo del progetto, si cercavano i nuovi talenti. Esisteva un ambiente lavorativo molto specializzato. Oggi non esistono più queste figure importantissime. Non c'è stato ricambio generazionale. I vecchi sceneggiatori, quelli che hanno fatto grande il cinema italiano in tutto il mondo non sono riusciti a passare il testimone».

È una crisi generazionale allora?

«Beh, no. Io credo che manchi la visione del mercato. In America il cinema vive dei film medi, non delle mega produzioni. Il cinema commerciale medio manca qui da noi. Mancano quei film rappresentativi della società, quelli da mandare ai Festival. Il filone derivato dalla televisione non può rappresentare un paese. Per esempio, sono d'accordo con il premio a Benigni, lui ha dimostrato di non essere solo il comico che era prima e basta, ma che aveva qualcosa da dire. Prendiamo un altro esempio. Bertolucci è andato negli USA a fare il grande cinema, ma quand'è che ha riconquistato la sua dimensione cinematografica? Con un piccolo film, girato anche in parte in digitale: "L'Assedio". Anche questo prodotto dalla TV. Anzi, nasce come idea per la televisione, che poi, durante il lavoro è diventato un film per il cinema. Un fatto quasi unico».

Pensi che non ci siano giovani sceneggiatori di qualità?

«Io penso che non abbiano la possibilità di venire fuori. Non c'è lo spazio e soprattutto ci sono dei produttori pigri, frustrati, intrallazzoni soprattutto, che non fanno il proprio lavoro».

Quale potrebbe essere una soluzione?

«Mah, è difficile a dirsi. Bisognerebbe convincere dei personaggi nuovi, con idee e passione per il cinema a investire denaro e energie nel settore. Se non si torna alla mentalità di un tempo, magari anche più commerciale, è difficile che si riesca a far rinascere il cinema con una mentalità così passiva. E non dimentichiamoci il problema della distribuzione. In Italia abbiamo un conflitto d'interessi abbastanza insolito. I grossi produttori sono anche padroni delle case di Distribuzione più grandi. Non c'è mercato libero. Ci vorrebbe un Antitrust apposito. E si dovrebbe soprattutto proteggere il cinema di casa. Questo in Italia non esiste, ogni grande film Americano che arriva da noi occupa centinaia di sale. Cosa può ottenere un film italiano che si trova a poter essere proiettato in una decina di cinema in tutto il paese? Non c'è un sistema distributivo che protegge i prodotti di casa, anche perché i grossi distributori sono pochi e dominano il mercato con quello che decidono loro».


Ti piace quanto ti offrono gratuitamente questa e le altre pagine di Simonel.com?
L'unico modo per manifestare il tuo apprezzamento è acquistare i libri Simonelli Editore. Ordinali contrassegno. Basta una e-mail a ed@simonel.com e, fino al 31 gennaio 2001, non pagherai le spese postali.

Cosa ne pensi del sistema di finanziamento statale?

«Beh non ci scordiamo che il famoso Articolo 28 (oggi tramutato in fondo di Garanzia) nato negli anni '60, ha permesso ad artisti come Bertolucci o Bellocchio di uscire fuori. All'inizio era un ottimo strumento di sostegno per i giovani emergenti. Penso che, come al solito, sia stato un problema di degenerazione. Nella Commissione che decide i finanziamenti dovrebbero esserci persone di comprovate capacità e competenze artistiche. Invece sono sempre i soliti annoiati e frustrati e un po' traffichini. È il problema dell'Italia. Raramente si premia la qualità. C'è sempre qualcosa sotto».

Non si farebbe prima ad abolire i finanziamenti statali e ad incentivare delle forme di sostegno privato?

«Sì, ma in Italia il cinema non è considerata un'Industria su cui investire. Anche perché la promozione e la distribuzione sono carenti. E così pochi sanno se ci sono film di valore prodotti in Italia. È come la produzione dei formaggini, per esempio, magari sono buoni ma se nessuno lo sa, nessuno li compra no? È necessario convincere i produttori a investire e il pubblico a comprare. Lo so, è un discorso difficile. In Italia, poi, quando si tratta di soldi siamo tutti un po' "fregoni". Ci vorrebbe un'onestà di fondo in cui pochi credono. Ripeto, ci vorrebbe anche una Commissione formata da personaggi al di sopra dei sospetti, con capacità e competenze».

Chi proporresti tra i membri di una ipotetica Commissione?

«Gente di successo meritato! Che non ha niente da perdere, o forse tutto...chissà!?»

Ti ci vedresti?

«Mhm, perché no?»

Lanciamo la proposta da questo nostro sito.
E ora parliamo delle tue esperienze personali. Come sono le sceneggiature che ti passano per le mani?

«[Sospiro] Beh, c'è adesso un progetto che mi piace molto. Me l'hanno proposto qualche tempo fa. Vedi, io vorrei che si realizzasse per il cinema, e invece sai che succede? Che molto probabilmente verrà girato per la Televisione. Questa tendenza è difficile da invertire».

Non sarà anche responsabilità degli attori che si gettano sulla Televisione per avere maggiore visibilità?

«La televisione produce, e anche a ritmo esponenziale, gli attori non possono rifiutare le proposte, devono lavorare, questo è onesto no? Quando ci sarà una produzione maggiore di film, allora potendo scegliere...»

Hai un progetto cinematografico nel cassetto?

«Ce l'avrei anche, sì. È una sceneggiatura che mi hanno proposto qualche tempo fa. Molto bella. Con un ruolo stimolante. Solo che, come dicevo prima, ho la sensazione che si farà in Televisioneanche se credo che sarebbe un ottimo progetto per il cinema. Ma come può un produttore pensare di fare un film se ha la quasi certezza che non arriverà nelle sale?»

Grazie per la tua disponibilità. Spero di rivederti presto e di sentire che il tuo progetto è partito e che verrà lanciato nei cinema di tutta Italia. In bocca al lupo.

«Grazie. Crepi il lupo».

Ho l'impressione che, da qualsiasi punto di vista lo si guardi, il cinema Italiano più che in crisi sembri proprio defunto. Esistono ancora le professionalità, i tecnici, gli sceneggiatori, i registi, ma nascono e crescono nella televisione, con una impostazione che ha dei tempi strettissimi e che mira a catturare quanto più pubblico possibile. Un film, diversamente, ha bisogno di una cura e di una indipendenza intellettuali del tutto particolari. Lavorare sul set di una fiction televisiva, non è lo stesso che affrontare il set cinematografico. Pensate che in una soap possono essere girati 25 minuti al giorno. Cioé, ogni giorno viene girato materiale che servirà poi a fare una puntata intera. In cinema, a volte, si girano una manciata scarsa di minuti in una giornata intera di lavoro durissimo, e questo per la strenua ricerca della perfezione. Il massimo si raggiunge in pubblicità, dove spot di 30 secondi possono essere girati anche in due giornate piene.
Ma il nostro viaggio-inchiesta conversando sul Cinema Italiano è appena cominciato.

Luca Dresda
(1.CONTINUA)

 


CinemaCinemaCinemaCinema...
e, quando torni a casa, niente Tv:
leggi un Buon Libro Simonelli Editore

Hai qualche commento da fare? Mettilo tu stesso on line
in The Web Park Speaker's Corner